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Mancini: “Tornassi indietro non andrei mai via da Roma. Dzeko non è tranquillo”

Parla l'ex calciatore giallorosso: "Di Francesco è bravo, anche se in questo periodo sta facendo un po' di fatica. Il gol di tacco e quello a Lione sono stati i miei due momenti più importanti"

Redazione

A poche ore dal match tra la Roma e la Sampdoria, l'ex calciatore giallorosso Amantino Mancini è intervenuto ai microfoni di Teleradiostereo per parlare del suo passato a Trigoria, ma anche per analizzare il momento della squadra di Di Francesco. Ecco le sue dichiarazioni:

Tutti i tifosi ricordano due tuoi momenti con la Roma: il gol di tacco e quello a Lione.

Sono stati i due momenti più importanti per me. Il gol di tacco è stato il primo in Serie A, a Lione ho fatto un gol importante in Champions League in una partita difficile, contro il Lione che era fortissimo. Abbiamo fatto una grande partita, in una bella serata.

Perché eri triste nell’ultimo periodo con la Roma?

Non ero triste. C’erano tante squadre che mi cercavano e sono andato in confusione, non sapevo se andare via o restare. Tornassi indietro sarei rimasto tutta la vita a Roma, giocavo sempre e mi divertivo di più.

All’Inter hai fatto poche presenze. Non è sbocciato il rapporto con Mourinho?

Il rapporto con Mourinho era normale, ero partito abbastanza bene, giocando in campionato e Champions League. Dopo mi ha messo fuori ma sono cose che nel calcio accadono, magari non ero al top. L’allenatore ti guarda sempre, non è vero che ti ignora, ma se non sei in forma non ti fa giocare.

Se avessi un Mancini giocatore da poter allenare, dove lo schiereresti?

A sinistra tutta la vita. E’ più facile andare al tiro e all’uno contro uno.

Hai qualche rimpianto della tua carriera a Roma?

Non rimpiango niente, nemmeno le scelte che ho fatto.

Hai fatto il corso da allenatore con De Sanctis?

E’ una bravissima persona, intelligente, capisce tantissime cose. E’ il numero uno.

Qual è la Roma più forte con cui hai giocato?

Sul piano individuale quella di Capello con Cassano, Totti, Emerson. A livello collettivo quella di Spalletti, una squadra che giocava bene e si conosceva a memoria. Spalletti mi chiese un venerdì di spostarmi a sinistra, a destra c’era Taddei, e gli dissi che andava bene. Da lì ho iniziato a giocare sempre a sinistra, all’inizio mi sembrava strano, ma poi ho ringraziato il mister.

Taddei era un uomo spogliatoio.

Rodrigo è un ragazzo molto tranquillo, scherzava con tutti.

Il più antipatico invece?

Non c’era. In una rosa di 25 giocatori c’è chi ride e scherza meno, ma a Roma ho trovato tutti ragazzi tranquilli e simpatici.

Con qualcuno sei rimasto in buoni rapporti?

Con De Rossi. Ora vivo a Roma, incontro spesso i calciatori.

C’era molta preoccupazione in quella gara di ritorno con il Lione…

Anche se abbiamo fatto una grande partita d’andata, la preoccupazione c’era. Anche nel primo tempo a Lione loro ci attaccavano, ma li abbiamo tenuti bene. Poi Francesco l’ha sbloccata e io ho siglato il raddoppio.

Cosa ti è passato per la testa in quel momento?

Ero uno contro uno, ho detto che dovevo puntare il difensore. L’area di rigore ti protegge, perché il difensore ha paura di mettere il piede e fare rigore. Reveillere poteva farmi fallo fuori area, ma quando sono entrato ho cercato qualcosa di più, l’ho spostata sul sinistro e ho visto la porta.

Come scende in campo un giocatore come Dzeko, al centro delle voci di mercato. Lo faresti giocare?

Secondo me non è tranquillo. La testa è un po’ dappertutto. E’ quello che ho vissuto anche io nell’ultimo periodo. Se fossi l’allenatore ci parlerei e lo farei giocare.

Un giudizio su questa Roma?

L’anno scorso ha cambiato tanto nella rosa, mister Di Francesco è bravo. In questo periodo sta facendo un po’ di fatica. Perotti è l’unico che punta l’uomo, El Shaarawy dovrebbe farlo di più, e anche Defrel e Under, per le capacità che hanno, perché la squadra è organizzata bene.

Chi è il tuo modello da allenatore?

Vorrei essere Amantino Mancini. Spalletti mi ha dato tanto, è un motivatore.