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Mancini: “Mourinho è il vero leader. Il mercato estivo ha migliorato la Roma”

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Il difensore giallorosso si racconta: "Io mi ritengo leader negli atteggiamenti e per il fatto che do tutto in campo. La Conference rimarrà per sempre"

Redazione

Dopo Tammy Abraham, è Gianluca Mancini il protagonista dell'intervista one-to-one con 'Star Casino Sport'. Il difensore giallorosso si è raccontato nella sua avventura alla Roma, parlando poi di diversi argomenti:

Nel corso di questi anni stai dimostrando di essere uno dei leader della squadra. Nella tua testa quali sono le sensazioni che ti provoca questa responsabilità: "Sono cose che vengono dette spesso ma ci tengo a dire che in spogliatoio ci sono tantissimi leader, carismatici o di campo. Io mi ritengo forse più negli atteggiamenti, nell'allenarsi bene, di dare tutto e di morire in campo. Non è una cosa che vivo male, ma è una cosa molto bella. Però la cosa più importante è che dentro la squadra ce ne siano tanti".

Hai un attaccamento alla maglia molto forte. Sembri quasi romano e romanista: "Dal momento che sono arrivato a Roma ho sentito un’emozione speciale con questa città e con questi tifosi. Ho giocato negli ultimi due anni all'Atalanta e quando venivo all'Olimpico lo sentivo come uno stadio caldo, uno stadio passionale, dove i tifosi spingevano la loro squadra.  Lo stadio è caldo e passionale. Quando ho fatto la prima partita, un derby, ho sentito qualcosa dentro di me ed ero io che difendevo la Roma. Ti viene da dare sempre tutto per la città, squadra e compagni. E' nel mio carattere dare tutto me stesso in qualsiasi cosa faccio".

Come hai vissuto la vittoria della Conference? Che effetto fa giocare sempre con 60mila persone che ti guardano? "L’anno scorso quando è arrivato il mister è scattata una scintilla. Tutte le domeniche e giovedì lo stadio era pieno e questo dava un senso di responsabilità a noi giocatori. L’Olimpico pieno che sia contro il Real Madrid o contro l'ultima squadra del mondo è qualcosa di unico e i tifosi ci danno tanto. I tifosi ti spingono molto. La Conference è stata unica e speciale. Vedere Roma in festa ci ha dato grande orgoglio. L'obiettivo era la finale, il percorso è stato tortuoso, fatto di montagne russe perché non la conoscevamo come competizione. Poi quando arrivi in finale e porti la coppa Roma dove mancava da tanti anni un trofeo internazionale, è qualcosa che rimarrà per sempre”.

Che rapporti hai con Mourinho? In cosa ti ha cambiato? In che modo ha aiutato te e tutta la squadra a migliorare? "Il rapporto che abbiamo col mister è diretto, schietto. Lui è una persona molto incisiva per noi, che ti sa anche cullare o bastonare quando serve. È il vero leader, un punto di riferimento. Ha cambiato il mio modo di leggere il gioco, quando si dice giocare per vincere, dirlo è facile e farlo un altro conto. Durante la partita non l'avevo mai fatto come lo sto facendo ora. Anche nello spogliatoio ha cambiato la mentalità, dare sempre il massimo e oltre le nostre soglie per migliorarci, anche come collettivo".

Sei riuscito a goderti la città di Roma e capirla in questi quattro anni? "Sì, esco con mia moglie e le bimbe. Al centro, a volte andiamo al mare, al ristorante. I miei piatti preferiti sono la carbonara, poi la cacio e pepe. Roma è bellissima, in ogni via c'è sempre qualcosa di nuovo. Sempre una città incantevole".

Con la vittoria della Conference dell'anno scorso, che obiettivi avete quest'anno? "Con la vittoria della Conference e il livello dei giocatori che sono arrivati, che hanno vinto tanto, il livello si deve alzare per forza. Non devi pensare di fare due annate uguali. Il nostro obiettivo è migliorare la classifica, entrare in Champions League e ogni domenica vincere dando sempre il massimo. Poi vediamo che succede".

Su Paulo Dybala. "Sappiamo il campione che è, è stato ed è uno dei giocatori più tecnici in Italia, se non il più bravo. Però anche Matic, Wijnaldum, Celik, Svilar e non voglio dimenticarne altri, è stata una bella campagna acquisti che ha migliorato la rosa in numeri e qualità. E sono tutte cose che fanno crescere un club e una squadra".

Ti sei ispirato a Materazzi, che ha giocato anche lui a Perugia? "È partito tutto nel 2006, quando avevo 10 anni. Guardavo il Mondiale. Lui all'inizio non giocava, poi si è fatto male Nesta e lui è entrato segnando subito. Poi ha fatto un Mondiale importante 'della Madonna', poi segna in finale, diventa il simbolo dell'estate italiana. Poi come calciatore, come giocava, dava sempre tutto, ci metteva sempre la faccia. Un calciatore di personalità, segnava anche tanto e quando sei piccolo guardi anche quelli che segnano. È una fonte di ispirazione".

Hai anche un obiettivo di gol nella tua testa o non ci pensi? "Se segni aiuti la squadra, a noi difensori capita di segnare poco, già se ne fai 5-6 è top. Prima segnavo spesso, ora ne ho fatto solo uno nell'ultimo anno e mezzo, spero di poter aiutare la squadra buttandola dentro. L'obiettivo però è non farli prendere, facciamo quello".

Cosa vuoi migliorare a livello individuale? "Ci sarà sempre da affinare e migliorare, anche a 40 anni, figuriamoci a 26. Io mi alzo la mattina, vengo al campo per migliorare lacune ed errori, ma anche dove mi sento già forte. Il mio obiettivo è sempre migliorarmi, crescere di livello e aiutare la squadra. Se ognuno di noi migliora è importante per la squadra, lavoriamo per questo".