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Lucescu: “Forse Juric ha sbagliato ieri. La società deve stargli vicino”

Redazione
Le sue parole: "E' possibile anche che i giocatori lo rigettino, non conosco bene la situazione a Roma e non ho mai vissuto questo ambiente"

Mircea Lucescu, ex allenatore, tra le altre, della Dinamo Kiev e attuale C.T. della Romania, è intervenuto ai microfoni di

TeleRadioStereo 92.7 a poche ore dalla sfida di Europa League tra la Roma e gli ucraini. Queste le sue parole:

Quanto è complicato per un allenatore come Juric, che non ha il carisma di De Rossi o il curriculum di Mourinho, imporsi in una squadra come la Roma? “Senza il supporto dei tifosi è difficilissimo, non si può ottenere risultato da un giorno all'altro. Un allenatore ha bisogno minimo di 6-8 mesi per far vedere il cambiamento. Per questo non è facile. Ho avuto all'Inter una situazione del genere, sono arrivato a dicembre e abbiamo vinto cinque partite in casa ma era difficile perché già si parlava di un altro allenatore e i calciatori pensavano a fare i contratti nuovi. Sentivano che ero giovane e nuovo, ma se un allenatore non ha l'appoggio della società è difficile perché poi entra in contatto in modo negativo con i calciatori. L'allenatore deve anche cambiare, non è facile vivere in queste situazioni”.

Come può un allenatore appena arrivato imporsi nello spogliatoio? “Forse Juric ha sbagliato, ha cercato di svegliare i giocatori con le dichiarazioni di ieri. Deve fare risultati con questi giocatori che ha, non con gli altri. L'allenatore deve fare i risultati con i calciatori che ha a disposizione e la società gli deve stare molto vicino. Se vengono fuori discorsi di questo tipo diventa difficile anche per la società. E' possibile anche che i giocatori lo rigettino, non conosco bene la situazione a Roma e non ho mai vissuto questo ambiente. Ero sempre attento al calcio italiano, ma ultimamente meno quindi non conosco nello specifico queste dinamiche”

Quali sono tre leader da spogliatoio tra i grandi giocatori che lei ha allenato? “E' difficile rispondere a questa domanda. A Brescia avevo Domini, un grande giocatore che è stato anche a Roma. Ero l'allenatore del Pisa, abbiamo giocato contro la Roma vincendo 3-2 ma un giocatore incredibile è stato Piovanelli. Con me Domini è stato bravissimo. Poi al Pisa, anche se aveva solo 18-19 anni, c'era Simeone: non accettava di prendere, giocava solo con l'interno piede ma era bravissimo. Anche all'Inter è stato così, sono rimasto in buoni rapporti con lui visto che ha debuttato in Italia con me. Ne ho avuti tanti, ma l'anima della squadra sono quelli che non sopportano perdere. Leggevo che Messi quando perdeva una partita piangeva: questo dà possibilità agli altri di soffrire. Voi a Roma avete comprato Dovbyk, perché non anche Tsygankov? E' un grandissimo giocatore. Oggi vedrete in campo Shaparenko”.

Che cosa ci dobbiamo aspettare dalla Dinamo Kiev? “Sarà una partita difficile, in campionato hanno vinto 5-1 e poi sono

andati in treno fino alla frontiera. Da lì hanno preso un pullman, sono arrivati a Lublin dove si sono allenati e poi sono arrivati a Roma. Loro partono con lo svantaggio del pronostico e domenica dovranno giocare il derby contro lo Shakhtar Donetsk: hanno sei punti di vantaggio, ma è possibile che ci sia qualche cambiamento visto che si rendono conto che per loro è più importante la partita di campionato ed è difficile continuare a far bene in Europa. Non si sa mai, loro giocando per la gente che è rimasta lì a combattere e questa cosa può aiutare nell'entrare in campo e nel dare il massimo”.

Quanto è grande il salto da giocatore ad allenatore? “E' un grande errore, passare da giocatore ad allenatore è un grande

salto. Allenare è un'altra cosa rispetto a giocare, giocare aiuta ma è un'altra cosa. Ricordo Gullit e Van Basten, non è andata bene.

L'allenatore che ha giocato non può pretendere che i giocatori siano come loro, se fai sempre comparazioni commetti un grave errore. Ricordo Bearzot che diceva che la cosa più importante per l'allenatore è l'umiltà: è verissimo, aveva ragione. Il talento è importante e tutti devono lavorare per il talento, come il Barcellona con Messi, ma tutti per prima cosa devono dare tutto sul piano educativo”.