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Lo stadio faceva “…oooooo” e batteva i piedi: Ago tirava un calcio di punizione

(di M. Palombelli “Il Banale”) Ore 13, chiudo gli occhi, glielo devo al mio capitano.

Redazione

(di M. Palombelli “Il Banale”) Ore 13, chiudo gli occhi, glielo devo al mio capitano.

Gli amici del Commando Ultrà Curva Sud mi avevano contattato per il doveroso saluto, appuntamento a Trigoria. Il lavoro genera un amaro “mi dispiace”. Loro sono lì anche per me.

Il passato non si dimentica, vabbè, ma troverò le parole che non sono state scritte e riscritte mille volte? Dubbito, con due b come Dibba.

La palla è ferma, la barriera è a nove metri, i più sono girati, hanno paura de “la bomba”..... oooooooooooo, il capo mi chiama ma non è il momento, Ago sta per calciare, inizio a battere i piedi producendo l’effetto terremoto, con me altri cinquantamila.

“ o Agostino, ago ago ago agostino go!” (la elle finale un’inutile orpello quanto un laziale a Roma). La sfera di cuoio, ferita da un dolore mai provato, sa dove terminare la sua corsa. L’urlo è immenso, il capitano braccia al cielo è in ginocchio abbracciato da Carletto.

Anno di grazia 1983, il tricolore un apostrofo rosa tra il Sampdoria Roma “è troppo lento per giocare centrale” al minuto 66 di quel Roma-Avellino ove eravamo quasi campioni. La Domenica casalinga precedente sempre lui, con un bolide su punizione, aveva sbloccato il risultato con il Catanzaro in un’atmosfera surreale ove la paura dell’ennesimo fallimento aveva portato il tifoso frustrato a fischiare la squadra (le due precedenti gare casalinghe erano state un pareggio a reti bianche con l’Udinese e la sconfitta grottesca con la Juventus con lo stadio colorato con i dischi giallorossi, il paradiso al gol di Falcao, l’inferno al gol di Brio con Lucifero reincarnato nel cane lupo che addenta la chiappa dello stopper bianconero).

Gooooooooooo (senza elle) mi ritrovo in piedi sulla scrivania, stile “attimo fuggente....o capitano, mio capitano”, la gente passa e scuote la testa.

Mille aneddoti nel mio cuore, in molti altri cuori. Non ho spazio, non ho tempo, ma oltre a portarti sempre nell’anima, per il tuo essere fuori dal campo troppo simile allo stato d’animo in cui in molti ci riconosciamo, soli tra la gente, ti immortalo in un’immagine virtuale: la tua posa plastica (che ha dato spunto al personaggio dei fumetti dick dinamite ), la traiettoria del pallone, arcuata, come quella del cesto di garofani rosso e gialli che lanciasti alla curva durante il giro di campo imbardati del tricolore in quel Roma-Torino.

Ooooooooo Agostino, ago, ago, ago agostino go, senza elle.

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