(di Alessio Nardo) Il canto della preghiera è noto: "Datemi tempo, abbiate pazienza". Lo enuncia ormai da settimane Luis Enrique, guida e mentore di una Roma spaesata e sconfitta.
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Le strane scelte di Luis Enrique
(di Alessio Nardo) Il canto della preghiera è noto: “Datemi tempo, abbiate pazienza”. Lo enuncia ormai da settimane Luis Enrique, guida e mentore di una Roma spaesata e sconfitta.
Tre partite ufficiali: due ko e un pareggio amaro contro avversari tutt'altro che irresistibili (Slovan Bratislava e Cagliari). Fuori dall'Europa, zero punti in campionato. I gol? Col contagocce. Due in 270', nessuno su azione. Un quadro deprimente e inquietante. Qualsiasi altro tecnico sarebbe finito sulla graticola, non Luis. Emblema di un progetto innovativo ancora agli albori, forte del massimo sostegno dirigenziale. La piazza, a suo modo, ha compreso il concetto. Inutile fischiare o contestare. Escludendo clamorose novità, l'entrenador di Gijon resterà ben saldo al suo posto. Giusto dargli tempo. Sacrosanto. Impossibile "fare la rivoluzione" in due mesi di effettivo lavoro. Ogni nuovo corso ha bisogno del necessario arco temporale per dare frutti tangibili. Ma il rischio è queste ormai classiche (e un po' noiose) premesse divengano un alibi permanente a sostegno di Luis Enrique. Ok il tempo, ok la pazienza, ok il "trabajo" e il "sudor". Ma i risultati? I gol? Il gioco? Le vittorie? La Roma, fin qui, non ha affrontato esami proibitivi. Lo Slovan, nel preliminare d'Europa League, era uno scoglio abbordabile. E misurarsi col Cagliari di Ficcadenti tra le mura amiche non poteva certo far venire i brividi. Eppure, i tifosi non hanno ancora visto nulla: né sul piano della brillantezza della manovra, né su quello della concretezza effettiva. La Roma di oggi non è carne e non è pesce. Una squadra anonima ed evanescente. Senza forma. Sarebbe ingeneroso dare un giudizio definitivo sul Luis Enrique allenatore. Non lo conosciamo. Tre gare ufficiali sono poche per farsi un'idea precisa. Dalla società assicurano: "Abbiamo scelto un grande. Abbiate pazienza e vedrete". Il campo avrà modo di parlare, i tifosi sono pronti a ricredersi e applaudire. Ma fin qui, Luis, cosa sta dimostrando? Molta confusione. E' vero, l'idea di gioco è complessa. Il " tichitaca" d'ispirazione blaugrana non si assimila in sessanta giorni, è lecito attendere. Ma la bravura di un mister non si giudica solo da come la squadra gioca. No, ci sono anche le scelte di moduli, giocatori e sostituzioni. E' il caso di fare un'analisi complessiva in tal senso. Capitolo Cassetti: Luis lo considera un centrale. Tutti noi, pur non avendo il patentino, non fatichiamo a sostenere che il 34enne bresciano sia il miglior terzino destro dell'organico giallorosso. Eppure, si continua a puntar forte su Rosi e Cicinho, due bravi ragazzi reduci da esperienze plurifallimentari (non solo a Trigoria). Poi Heinze. L'esperto jolly argentino è stato schierato (un po' a sorpresa) titolare domenica scorsa contro il Cagliari. Buona, buonissima prestazione. E allora per quale motivo è stato tenuto fuori nel doppio scontro con lo Slovan Bratislava? In mediana, Luis continua a non voler fare a meno di Simone Perrotta. Aldilà dell'età (34 anni) e di un'efficienza complessiva lontana dagli anni d'oro, qualcuno ci spieghi cosa c'entra Super Simo con l'idea tattica (impostata sul possesso palla e sulla tecnica) perseguita dal mister. Affrontiamo l'argomento più scottante e bruciante: Osvaldo. Luis Enrique, da sempre, è abituato a lavorare con il 4-3-3. Non è un mistero. E' lo schema classico di casa Barça: dalle giovanili alla prima squadra. Un dogma. Filosofia offensiva e spregiudicata, da "trasportare" a Roma. Ma cosa c'entra il 4-3-3 con Osvaldo, acquisto fortissimamente richiesto dal tecnico spagnolo? Quesito legittimo, soprattutto in considerazione del fatto che l'ex centravanti dell'Espanyol (costato 15 milioni più tre di bonus) domenica scorsa è stato impiegato in posizione defilata, a lui ben poco congeniale. E anche Bojan, altro "uomo" di Luis, sembra non trovarsi a suo agio partendo dall'out esterno. E' un paradosso: escluso José Angel, i due soldati del mister faticano ad integrarsi nel modulo da egli adottato. Le scelte, dalla difesa all'attacco, sono spesso contraddittorie, strane, particolari, a volte palesemente errate o al limite del provocatorio. Vogliamo ricordare il cambio Totti-Okaka con lo Slovan? Altro che lesa maestà, si trattò piuttosto di una follia tecnica! L'ambiente è pronto ad assicurare ulteriore fiducia al mister, ma Luis dovrà metterci del suo. Imparando l'italiano (possibile che in quattro mesi non ci sia ancora riuscito?) e gestendo con logica e buon senso l'organico a disposizione. A proposito, sabato c'è Inter-Roma. José Angel è fuori causa. La "logica" suggerirebbe lo spostamento dell'ottimo Heinze a sinistra, con l'impiego di Kjaer accanto a Burdisso. Ma voci da Trigoria parlano dell'ennesima "mossa bizzarra": Taddei terzino sinistro. Già visto e rivisto in estate, con risultati francamente insoddisfacenti. Sarebbe il peggior modo di agire, dopo aver chiesto ulteriore pazienza e fiducia ai tifosi.
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