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Le realtà distorte rovinano la Roma: a Trigoria non va tutto bene

Ormai è impossibile continuare a nascondere i problemi sotto al tappeto. I tifosi meritano di meglio e, soprattutto, meritano chiarezza

Francesco Balzani

La Champions League volume uno (quella che passa per il campionato) è al tramonto. A dieci giornate dalla fine e dietro squadre che di certo non ricordano le sette sorelle di tempi andati. La Roma di Fonseca ha perso 6 partite su 11 in campionato nel 2020, con l’intervallo Covid, ma pure sempre più della metà sono. Roba da retrocessione. E la cosa peggiore è che le ha perse con merito, anzi con demerito. Ha perso due obiettivi stagionali su tre. E - se ci sforziamo di sforbiciare i tanti fake sui social - ha perso pure il poco entusiasmo rimasto ai tifosi. Ma non si può dire. O meglio si deve dire sottovoce. Perché qualcuno altrimenti si chiede sbigottito: “Ma perché non dite che va tutto bene?”. Perché dire che l’Atalanta è di un altro pianeta o che il Napoli nel suo anno più grottesco ha vinto un trofeo e ora rischia la rimonta sulla Roma? Perché dire la verità? Perché sembrare così maledettamente sinceri?

Non sapevamo, infatti, di vivere nell’Impero fuori dal reale di Lynch, in quel Mulholland Drive dove la percezione parallela è così soggettiva da diventare distorta. O magari in un racconto di Ucronia dove la premessa generale è che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale. Pensavamo di raccontare fedelmente ciò che accadeva con termini più o meno giornalisticamente “forzati”, a volte anche smorzati per non eccedere nel negativismo che a Roma purtroppo spesso si sposa col realismo. Come chiamare una situazione in cui il direttore sportivo manda messaggi offensivi al suo presidente che risponde con una sospensione a pochi giorni dalla ripartenza del campionato? E che qualche ora prima metteva in dubbio il lavoro della squadra in diretta nazionale? Come definire l’ambiguità di una condizione societaria in cui un dirigente ombra (Baldini) ha più potere di un dirigente con nomina lampante, in cui un presidente che non viene a Roma da due anni e quasi un mese a una settimana da Roma-Sampdoria si autointervista per criticare l’offerta di un potenziale nuovo proprietario mettendone in dubbio le potenzialità economiche riconosciute da Forbes? Come oscurare le decine di striscioni di dissenso, le trattative di mercato in uscita, un bilancio che più rosso non si può? Come creare un film dal lieto fine quando a fine primo tempo saltano copioni, sceneggiatori, attori?

Non ci riusciamo, non ci riuscirebbe nemmeno Lynch. Pensiamo e speriamo che la Roma, i tifosi della Roma, la piazza di Roma meritino molto di meglio. Sappiamo che quest’anno difficilmente sarà così anche se l’Europa League d’agosto resta una affascinante speranza di una realtà distopica che nostro malgrado abbiamo vissuto in questo maledetto 2020. Siamo preoccupati per la Roma, perché essere innamorati non preclude la critica dei difetti. Semmai apre la possibilità di migliorarli. La cosa più preoccupante per il tifoso Romanista, infatti, non è la mancanza d’entusiasmo del famigerato ambiente esterno a Trigoria, ma la mancanza di chiarezza di ciò che sta avvenendo dentro Trigoria.