(repubblica.it- M.Mensurati/M.Pinci) Il futuro americano della Roma comincia a prendere forma. Oltre ai bookmarkers inglesi, che ieri quotavano due a uno lo storico sbarco Usa nel calcio italiano attraverso l'acquisizione della squadra della capitale, ormai ci credono anche gli uomini che da mesi stanno lavorando alla trattativa.
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La società a Mister Red Sox. Ore decisive per la cessione
(repubblica.it- M.Mensurati/M.Pinci) Il futuro americano della Roma comincia a prendere forma. Oltre ai bookmarkers inglesi, che ieri quotavano due a uno lo storico sbarco Usa nel calcio italiano attraverso l’acquisizione della squadra della...
Ieri sera il loro ottimismo era palpabile. Come del resto la sensazione di essere finalmente arrivati a un punto di svolta. Una sensazione che ha coinvolto persino i giocatori, impegnati a Trigoria a preparare la gara di Coppa Italia di domani (assente Adriano, ieri operato alla spalla: ne avrà per un mese).
Cruciale l'esito della riunione che era ancora in corso ieri notte a Manhattan: da un lato i massimi vertici di Unicredit, Paolo Fiorentino e Piergiorgio Peluso, dall'altra le controparti Usa, e cioè i rappresentanti di un fondo di investimento privato guidato da Thomas Richard di Benedetto, 60 anni di origine abruzzese, presidente del Boston International Group dal 1983 e già importante azionista dei Red Sox di baseball. Insomma, uno del settore. Insieme a lui, un nutrito gruppo di investitori con interessi in ogni ramo del mercato, dall'edilizia alle telecomunicazioni. Oggetto dell'incontro: la definizione di un protocollo d'intesa generico in vista della scadenza, il prossimo 31 gennaio, dei termini per la presentazione di un'offerta vincolante. Ultimo passo prima della cessione definitiva.
Di Benedetto e i suoi, fino a ieri, non avevano voluto rendere pubblica la loro identità con la motivazione di non voler "finire tritati dalla difficile realtà romana, come accadde a Soros nel 2008". Un riferimento non casuale, quello al magnate americano che venne "cacciato" da Roma e dalla Roma proprio in extremis, al culmine di una campagna a base di veleni e fughe di notizie: i "nuovi americani" hanno raccolto l'eredità di quella trattativa, e ora non vogliono fare la stessa fine diSoros. Tanto più che di quel progetto hanno ripreso proprio tutto: l'idea, lo schema dell'investimento, il piano industriale, quello di comunicazione, e persino i personaggi di riferimento in Italia, su tutti il giovane avvocato Mauro Baldissoni, ieri presente alla riunione. Secondo un'indiscrezione, inoltre, un ruolo non di secondo piano l'avrebbe ricoperto l'avvocato Joe Tacopina, anche lui già protagonista ai tempi dell'affaire Soros.
L'obbiettivo della cordata è quello di "creare valore", e di fare della Roma una società di primo piano nel settore dell'entertainment, assecondando la concezione, molto americana, della società sportiva intesa come "media company". Una sorta di fabbrica di contenuti, firmati Roma, da veicolare in tutto il mondo attraverso la vendita dei diritti televisivi e il merchandising (a proposito, gli acquirenti vorrebbero interrompere la partnership con Robe di Kappa per un marchio più spendibile a livello internazionale, ma la casa italiana è legata alla Roma da un contratto fino al 2017, blindato da una penale salatissima). Capitolo a parte, invece, lo stadio di proprietà, che non sarebbe comunque un argomento decisivo.
Il piano Usa è molto completo e tiene conto di tutto, anche del fair play finanziario che entrerà in vigore dal 2013. E anche per questo avrebbe convinto Unicredit, disposta - anche se l'offerta complessiva non dovesse raggiungere la cifra-obbiettivo di 150 milioni di euro - ad andare incontro all'acquirente, rimanendo dentro la società con una quota importante.
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