Tredicesima giornata, fa freddo. E a Bergamo in inverno non puoi aspettarti altro. T’aspetti pure gli insulti, qualche sputo, quell’accento che ti ricorda il Pota Pota di Genè Gnocchi. T’aspetti una grande Roma, perché sennò non sei un tifoso romanista: sognatore, un po’ spaccone, pure sì fregnone. Non guasta in un mondo così cinico. Te l’aspettavi ai tempi di Bonacina e Piacentini, figuriamoci oggi. Però t’aspetti sotto sotto pure quella beffa, immancabile quando si parla di storia della Roma. In più ti trovi contro la migliore Atalanta degli ultimi dieci anni, che addirittura sta lottando per un posto in Champions. Una trasferta durissima, di quelle da stomaci forti, da petti d’acciaio. Che arriva dopo la sosta, e quindi con tutte le incognite del caso.
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La Roma a Bergamo, e quel freddo che non faceva paura
Prima c’era rispetto anche delle parole. La Roma lo scudetto lo vincerà il 17 giugno, ma chi era a Bergamo l’aveva già capito
L’Azzurri d’Italia è gremito, per loro è come un derby. Ah, scusate. Non è il fresco diario di viaggio della trasferta di ieri. No, è la tredicesima giornata del campionato 2000/2001. Sedici anni fa, giorno più giorno meno. L’Atalanta è quella di Vavassori, di Doni e di Ganz che ti ha anche eliminato dalla coppa Italia facendo scoppiare il finimondo a Trigoria. La Roma è quella di Capello, di Totti e Batituta, di Sensi. Era il campionato delle 7 sorelle, uno dei più belli della storia della serie A. Avete i brividi? Anche io, perché piove a dirotto, il gelo ti entra nelle ossa e anche se in campo ci sono Samuel e Cafu tu sai bene che può essere un’altra annata di delusioni. E’ successo tante volte dopo il 1983, e poi si viene dallo scudetto della Lazio, mentre la Roma arriva dal pareggio casalingo con la Juve e dall’infortunio di Batistuta. L’uomo dei sogni. “Oggi i giallorossi capiranno se sono grandi o no”. L’ho letto sui giornali, l’ho sentito alla radio (no non quella ufficiale, ancora non esiste), l’ho sentito negli autogrill che dividono Roma e Bergamo, due città così diverse.
Dubbi dicevamo. No, certezze. Perché dopo un minuto Marco Delvecchio segna il gol del vantaggio. Il settore dei mille tifosi romanisti esplode. Ma la partita è lunga, e la pioggia si fa incessante. E’ una battaglia, sembra di stare a Stirling Bridge. Su quel campo immortalato dal film Braveheart. Al 41’ minuto è Damiano Tommasi a far sentire il peso di Roma. Non siamo più in Scozia, siamo in Gallia. La squadra di Capello si mette a testuggine: avanza, spazza e torna a difendersi. Non c’è spiraglio per l’Atalanta. Nemmeno quando quei ragazzacci sporchi e infangati arrivati dalla capitale restano in dieci per l’espulsione di Cristiano Zanetti. Difficoltà, che si superavano senza alibi. Sì, questa Roma è matura. Sì, questa Roma può vincere lo SCUDETTO. Non l’aveva nominata nessuno questa parola. Per scaramanzia? Forse, ma pure per rispetto. Sì, prima c’era rispetto anche delle parole. La Roma lo scudetto lo vincerà il 17 giugno, ma chi era a Bergamo l’aveva già capito. Si festeggiava nei pub a Milano, in treno tornando con qualche graffio, in macchina cantando un po’ brilli.
Scusate, ho chiuso gli occhi. Ricordato. Ora li riapro. Fa freddo, non piove. Contro c’è l’Atalanta di Gasperini, Gomez e Gagliardini. La Roma americana di Spalletti e Dzeko deve dimostrare di essere matura per continuare a inseguire la Juve. E’ la stagione forse più brutta della storia della serie A, ma chi se ne frega in fondo. Va in vantaggio, domina il primo tempo. Sì, dai forse ci siamo. Forse i vari Szczesny, El Shaarawy, Manolas non hanno sparato la solita promessa durante la sosta. Forse siamo al pari della Juventus. Dopo il gol di Perotti esplode il settore con più di 1000 tifosi che hanno preso insulti, qualche sputo e quell’accento. Macché…
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