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La missione della Roma: imparare a battere le piccole

(di Alessio Nardo) L’attesa è finita, è tempo di fare sul serio. La Roma, domenica sera, avvierà il campionato del riscatto in quel di Livorno. Lì dove molte altre squadre avrebbero voluto esordire, contro la compagine (al momento,...

Redazione

(di Alessio Nardo) L'attesa è finita, è tempo di fare sul serio. La Roma, domenica sera, avvierà il campionato del riscatto in quel di Livorno. Lì dove molte altre squadre avrebbero voluto esordire, contro la compagine (al momento, valori alla mano) meno temibile del torneo. Un concetto, quello della "carta", che ha spesso ingannato gli amanti dei pronostici estivi. Soprattutto i tifosi romanisti, aggrappati alle chance del calendario e poi trafitti dai sorprendenti risvolti del campo.

I recenti inizi di stagione non mentono. Pensiamo allo scorso anno. Prime cinque giornate con Catania, Inter (a San Siro), Bologna, Cagliari e Sampdoria. Fatta eccezione per i tre punti "fantasma" di Is Arenas, l'unico successo giunse nel teatro più ostico e complicato, il Meazza, contro i nerazzurri di Stramaccioni. Per il resto, all'Olimpico, dinanzi a tre rivali accessibili, la Roma di Zeman ottenne due miseri pareggi ed una sconfitta. E due anni fa, con Luis Enrique? Altro inizio favorevole, in teoria. E invece, caduta casalinga con il Cagliari al debutto e modestissimo 1-1 interno col Siena due giornate dopo. L'unica bella figura, pensate un po', ancora una volta a Milano con l'Inter (17 settembre): 0-0. Nella stagione 2010-2011, la seconda con Ranieri in panchina, la Roma gettò al vento le grazie del calendario, iniziando così il campionato: 0-0 col Cesena (prima giornata), 1-5 a Cagliari (seconda), 2-2 con il Bologna (terza), 1-2 a Brescia (quarta). Il primo squillo d'orgoglio arrivò al quinto turno. Indovinate con chi? Troppo semplice: l'Inter di Benitez, punita all'Olimpico dal tuffo di testa di Mirko Vucinic in pieno recupero.

Abbiamo citato le fasi iniziali di tre stagioni deludenti, nelle quali la Roma ha spesso fatto buone figure contro le grandi, incappando in clamorosi rovesci con le piccole. I dati dello scorso anno, in tal senso, sono emblematici. Il 64,5% dei punti è arrivato con le cosiddette provinciali, il 35,5% (una percentuale rilevante) con le big. Da ricordare, oltre al 3-1 all'Inter del 2 settembre, le due vittorie con la Fiorentina, il successo interno con la Juventus, i quattro punti strappati al Milan in due gare. Risultati resi di fatto inutili da molti scivoloni inattesi: i sei punti concessi al Chievo, i quattro a Catania, Bologna e Sampdoria, i clamorosi flop con Pescara e Palermo, squadre destinate alla retrocessione. Far bottino pieno con le piccole, concedendosi qualche stop con le grandi, si rivelò strategia vincente nell'anno dello scudetto. Nel 2000-2001 la Roma di Capello perse due volte su due al Meazza (pareggiando all'Olimpico con il Milan), e contro la Juventus rimediò soltanto due pareggi. Al contrario, gli unici "stop" con le provinciali furono le quattro X con Perugia (andata e ritorno), Bari e Reggina, oltre al 2-2 del San Paolo di Napoli datato 10 giugno. Ergo, la lezione da imparare è chiara. Non sottovalutare nessuno e raccogliere sempre (o quasi) il massimo contro le rivali più deboli, anche a costo di sacrificare le sorti dei big match. La Roma di Garcia è avvisata. Livorno e Verona, primi ostacoli in lista, anche.