Il difensore di proprietà della Roma, attualmente in prestito all'Espanyol (che starebbe anche pensando al riscatto) e uno dei migliori difensori della Liga in stagione, si è raccontato in un'intervista a Cronache di Spogliatoio. Marash Kumbulla ha commentato così la decisione di lasciare la Capitale e di trasferirsi in Spagna dopo dopo la convalescenza per la rottura del crociato: “L’Espanyol mi ha dato continuità. Quando abbiamo battuto il Real Madrid, non ci credevo neanche. Il Real non muore mai, anche quando ha fischiato la fine sono rimasto in tensione perché non mi sembrava vero. Sono contento di aver scelto l’Espanyol. Dopo l’infortunio avevo bisogno di giocare: dopo la loro chiamata, in un giorno e mezzo ero qui. Lo stadio e il centro sportivo sono due strutture incredibili e all'avanguardia, una cosa importante per il calciatore: ti fanno rimanere più tempo al centro sportivo, insieme ai compagni, e il gruppo diventa più unito. Avere il Barcellona vicino mi ha dimostrato quanto i tifosi dell’Espanyol sono attaccati alla squadra. Ripetono sempre che “Espanyol e un sentimento. Lo stadio è pieno, ci sono tantissimi abbonati che hanno la squadra nel cuore, i nostri tifosi sono veri”.


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Kumbulla: “La Conference il momento più bello, impossibile non vincere con quel clima”
Sugli anni alla Roma. "In quelle annate lì in Europa con la Roma, quella della Conference League vinta e quella della finale di Europa League, era impossibile non vincere. Ti spingevano, c'era un clima incredibile. C’era il magazziniere della Roma, si chiama Roberto, mi faceva troppo ridere perché ero in panchina, e lui si girava verso di noi e ci diceva: "Come si fa a non vincere con questo clima qui?", perché era impossibile, era tutto sold-out".
Sul peso del costo del cartellino. "All’inizio ero giovane e non pensavo troppo a quello che succedeva, io volevo giocare, poi c’erano partite ogni tre giorni e non c’era tanto tempo per pensare. Ora guardando indietro ho preso molta consapevolezza di me stesso, sono maturato molto tatticamente, tecnicamente e fisicamente. Ho avuto questo infortunio che mi ha un po’ bloccato la crescita e adesso sono venuto qua per continuare la mia crescita che si era interrotta".
Sulla vittoria della Conference League in patria. "Non me lo sarei mai immaginato di vincere un trofeo in Albania: fatalità, eravamo in finale di Conference League e si giocava proprio a Tirana, quindi non poteva che finire così! È stato uno dei momenti più belli della mia vita in generale, perché rappresenta un po’ la chiusura di un cerchio. Aver vinto la prima Conference League a Tirana, a casa mia, poi il giorno dopo a Roma vedere migliaia di persone festeggiare, è stato bellissimo".
Sulla finale di Europa League. "La seconda finale l’ho vissuta da fuori, proprio per l’infortunio, purtroppo è finita male. Ha fatto anche un po’ più male, sia perché non ero disponibile per giocare, ma anche perché abbiamo perso ai rigori… sappiamo tutti com'è andata, che non dovevamo manco andare ai rigori. Taylor e quella finale? Se n’è parlato per molto tempo nello spogliatoio... ormai è andata e non si può più fare niente. Mi viene anche in mente adesso, quando abbiamo festeggiato, io ho una foto che ho in mano un cartellone, ma non è per prendere in giro ma perché mi ha fatto troppo ridere, dove c’era scritto "Lazia tira-na brutta aria", con Tirana scritto tutto attaccato. A me quel cartellone ha fatto morir dal ridere. E niente… i tifosi a Roma sono incredibili!".
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