Forzaroma.info
I migliori video scelti dal nostro canale

news as roma

Kumbulla e il ritorno a Roma: “Ora non ci penso troppo. Juric grande allenatore”

Kumbulla e il ritorno a Roma: “Ora non ci penso troppo. Juric grande allenatore” - immagine 1
Il difensore ancora di proprietà dei giallorossi dribbla sul rientro a Trigoria: "Ora non ci penso. Juric? È stato sfortunato"
Redazione

Marash Kumbulla torna a parlare. L'ex difensore della Roma, dopo l'infortunio e le difficoltà col Sassuolo, ha trovato l'ambiente ideale in prestito all'Espanyol ed è diventato un pilastro. A 'flashscore.it' ha parlato della sua stagione ripercorrendo anche le tappe del passato, dribblando il possibile ritorno in giallorosso.

Nell’estate scorsa sei passato dalla Roma all’Espanyol, seppur in prestito. Come si è realizzata quest’operazione? "Mi hanno cercato sia il direttore sportivo sia il mister qui all’Espanyol. Avevo tanta voglia di giocare e di trovare continuità e costanza. Dalla telefonata che ho ricevuto ho sentito tanta fiducia. E l’avventura spagnola sta andando bene, sono molto contento della scelta che ho fatto. Sono in un campionato bello che è visto da tutto il mondo, con squadre molto forti".

Che differenze trovi con la Serie A? "Che anche nelle squadre meno blasonate ci sono giocatori importanti. Si vede anche dalla zona retrocessione, dai punti che hanno adesso le squadre che lottano per non retrocedere. È un campionato complicato".

Contro Mbappé hai persino vinto. Che ricordi hai di quell’1-0 del primo febbraio scorso contro i Blancos? "Che è stata una vittoria incredibile. Abbiamo segnato all’86esimo e quegli ultimi minuti sono durati tantissimo, anche perché fino a quando l’arbitro non fischia il Real è sempre vivo. Ed è stata una vittoria che ci ha dato molta spinta emotiva nella lotta alla salvezza".

Quel trionfo è stata la partita più importante della tua carriera? "Sicuramente è nella top cinque perché aver vinto contro quei giocatori, contro il Real Madrid, non penso capiti sempre".

E la finale di Conference League vinta con la Roma nella ‘tua’ Tirana? "Anche quella ovviamente. Lì poi c’era tutto un paese che tifava per noi anche perché c’ero io. Vincere un trofeo con la Roma a Tirana, penso non ci sarebbe potuto essere nulla di meglio per me. E anche il giorno dopo è stato spettacolare con quei festeggiamenti a Roma".

Alla Roma non è andata benissimo anche per via del grave infortunio al ginocchio. Come ne sei uscito? "La mia famiglia mi ha aiutato molto, standomi vicino. Poi mi sono fatto aiutare da uno specialista, un mental coach, che mi ha permesso di andare oltre il primo ostacolo, ossia il primo mese, nel quale dovevo metabolizzare l'infortunio e tutto il resto. Poi anche alcuni miei compagni, come Spinazzola o Karsdorp, che hanno anche loro subito questo infortunio, mi hanno sostenuto dicendomi di prepararmi mentalmente a quello che poteva succedere o ai fastidi che avrei avuto".

La Roma è una squadra che hai lasciato temporaneamente e nella quale potresti tornare. "Ora non ci penso più di tanto perché l'obiettivo che ho adesso è troppo più importante. Penso che dovremmo lottare fino all'ultimo per salvarci con l’Espanyol e non voglio perdere qualsiasi tipo di energia mentale. Poi a fine stagione penserò al mio futuro".

Un futuro nel quale c’è anche il sogno del Mondiale con l’Albania? "Certo, anzi è più di un sogno. Già fare l'Europeo è stato importante, ma il Mondiale è qualcosa di ancora più grande. Il gruppo di qualificazione è abbastanza difficile (Inghilterra, Serbia, Lettonia e Andorra le rivali ndr), ma ognuno di noi vuole fare di tutto per riuscire a ottenere questo grande premio".

Sei cresciuto in Italia ma hai sempre giocato per l’Albania. Mi spieghi questa scelta? "L'Albania mi ha chiamato da subito, da quando avevo 14-15 anni, e poi ho fatto tutta la trafila, e dopo aver militato anche nell’under 21 sono passato in nazionale maggiore. Il legame con la nostra terra è fortissimo per tutti gli albanesi sparsi per l’Europa, e l’ho visto chiaramente all’ultimo Europeo l’anno scorso in Germania".

Un torneo nel quale avete debuttato contro… la ‘tua’ Italia. "Penso che a livello di tifosi ci fossero più albanesi che italiani, a dimostrazione del forte vincolo con il paese. Personalmente ero molto emozionato per la prima partita all'Europeo. E anche se purtroppo non sono riuscito a giocare comunque l'emozione era forte".

È la tua sfida più grande quella di salvare l’Espanyol? "Credo di sì, perché non ho mai lottato per la salvezza in condizioni così difficili, perché col Verona ci siamo salvati abbastanza in anticipo e con la Roma puntavamo ad altri traguardi. Lo sapevamo dall'inizio che sarebbe stato così, che si sarebbe sofferto fino alla fine. E spero che finisca nel miglior modo possibile".

Il tecnico del tuo Verona era Ivan Juric, balcanico come te. Un tipo energico che va dritto al dunque. "Sì, è il classico balcanico che magari parla poco, però quando parla è diretto, senza giri di parole. Ovviamente sono molto legato a lui perché è il mister che mi ha fatto debuttare, mi ha fatto giocare la mia prima stagione in Serie A e io lo considero un grande allenatore".

Alla Roma è stato sfortunato o è arrivato in un momento sbagliato? "Entrambe le cose, visto che è arrivato dopo l’esonero di De Rossi, qualcosa di difficile da accettare per i tifosi. E anche per il fatto che De Rossi è andato via senza un vero motivo. Poi, per me è stato anche sfortunato".

Lui ora allena il Southampton in Premier, un campionato che va per la maggiore. In passato il Leeds è stato interessato a te. "Sicuramente è il campionato che attira un po’ tutti, è il campionato più bello e dove ci sono le squadre più forti. Poi è un torneo anche molto combattuto, come puoi vedere oggi se vedi le prime dieci in classifica, mentre alcune squadre più blasonate sono più indietro. Ma, ti ripeto, adesso penso solo all'Espanyol, poi non si sa in futuro, può succedere tutto".