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Getty Images
Uno dei segreti - anche se ormai definirlo segreto è impossibile - della Roma di Gasperini porta il nome di Manu Koné. Il francese è diventato la bussola, il ritmo, il passo sicuro della squadra: leader silenzioso e unico vero imprescindibile insieme a Svilar. Nemmeno la distorsione alla caviglia subita in Europa League ha scalfito la fiducia del tecnico: lo ha aspettato e rimesso in campo contro il Napoli senza togliergli un solo minuto nonostante il poco recupero. Koné non ha mai saltato un istante di campionato e contro il Cagliari sarà ancora lui a prendersi sulle spalle il centrocampo giallorosso. Instancabile, un motorino perpetuo che dà ordine e benzina alla Roma, gli manca soltanto un dettaglio per completare l’opera: il gol. La gioia personale non è ancora arrivata, ma ci sono motivi precisi, sfumature tattiche e nuove responsabilità che hanno inciso su questo digiuno.
La leadership di Koné, oggi, non passa dal tabellino: è diventata una presenza che si percepisce nelle pieghe della partita, nei movimenti che tengono insieme la Roma. Il Koné della scorsa stagione era un giocatore più propenso alla fase offensiva, arrivava più spesso al tiro - 1 conclusione di media a gara, contro le 0,6 di quest’anno - e a questo punto del campionato aveva già firmato due gol, alla Fiorentina e al Lecce. Oggi, invece, è cambiato tutto: a parte la grande occasione sprecata col Bologna alla prima giornata, non si ricordano vere chances da rete. Il suo raggio d’azione si è abbassato, si vede meno in area e si vede molto di più dove Gasperini gli chiede di esserci: nel cuore della manovra e nei corridoi della fase difensiva. Koné è diventato il fulcro da cui nascono le azioni e quello attraverso cui si recuperano i palloni. Lo raccontano anche i numeri: più contrasti (1,5 a partita contro 1,2), più falli commessi (2,2 contro 1,5), ma paradossalmente meno ammonizioni - nessuna finora, contro le sei della passata stagione. E nonostante l’arretramento, crea più gioco: 1,5 lanci chiave di media, rispetto all’1,2 dell’anno scorso, e ha già messo a referto un assist. È un tipo diverso di leadership, meno appariscente e più totale. Non segna, ma ordina, pulisce, accelera, spegne e riaccende: è il ritmo emotivo e tattico della Roma. E per Gasperini, questo vale quanto - se non più - di un gol.
Ed è proprio in questo nuovo modo di stare in campo - più profondo, più responsabile, più centrale nel sistema - che si legge la fiducia assoluta di Gasperini. La sua centralità tattica ed emotiva regge l’intera squadra. Il gol, certo, manca e il fatto che risulti ancora poco incisivo le poche volte che si trova negli ultimi 25 metri non aiuta, ma in questa trasformazione profonda è diventato quasi un dettaglio. E quando arriverà, non cambierà la misura del suo valore: la sta già dettando ogni minuto che passa in campo, sempre, ancora, instancabilmente.
Federico Grimaldi
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