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Kolarov, il leader che insulta e non gioca più

L'ex Lazio, fermo in campo col Bologna, risponde ai fischi della Tevere. Continuano i battibecchi con la tifoseria

Francesco Balzani

Il calcio è cambiato, in parte migliorato. Un tempo, nemmeno tanto lontano, difficilmente i tifosi romanisti avrebbero applaudito una ex bandiera laziale per una manciata di partite gagliarde o una frase ad effetto. Ma è giusto così, o meglio è giusto per chi vedeva in quel campanilismo un atteggiamento becero. Sono gli stessi che giudicano romanticismo fuori moda l’affezionarsi a giocatori-tifosi come Totti, DeRossi, Florenzi o Nainggolan. È il professionismo cari miei, non siate beceri. L’ex laziale Kolarov si becca un paio di scritte sui muri (quelle becere davvero) e in poche settimane supera lo scetticismo. Grazie a uno scudetto? No. Poi si mette a dare patenti. “I tifosi non capiscono di calcio”. Come se fosse fisica quantistica o finanza avanzata. Zitti, pagate e zitti. Ok Aleks. Dicono che sei il leader, quindi va bene così anche se da queste parti di leader vincenti ne abbiamo visti: Losi, Rocca, Agostino, Falcao, Voeller, Samuel, Batistuta, Pizarro, Panucci, Strootman. Pagati a peso d’oro. Mica parametri zero. Poi però a parlare è lui. “Sveglia tua madre” dice a un tifoso che gli chiedeva di mettercela tutta con la Fiorentina. Complimenti ex laziale Kolarov. Complimenti anche per la bella prestazione di Firenze. Da quel momento, però, anche la tollerante e paziente curva Sud reagisce. Inizia una battaglia a colpi di cori, esultanze ironiche, occhiatacce. Kolarov segna qualche punizione, ma dietro è un disastro. Passata la polemica tornano agli applausi. Anzi, c’è chi addirittura pensa che possa fare il capitano e perché no “il dirigente”. Due ruoli strappati a giocatori ben più forti e romanisti di lui. Arriva il rinnovo, non passano le figuracce. L’ultima ieri sera. Kolarov gioca da fermo, la Roma non gioca proprio. Qualcuno dalla Tevere urla il suo sdegno dopo 10 anni di figure di melma. Kolarov chiede scusa? No, risponde. E a fine partita quasi sbuffa: “Sono problemi normali, non fate drammi”. In fondo una Roma a secco di trofei dal 2008 non è un dramma, nemmeno un quinto-sesto posto di fila. Per un laziale (ops ex laziale) è anzi motivo di gioia.