Sono bastate poche partite per far capire ai tifosi romanisti quanto Keita sia ancora prezioso in mezzo al campo, e sono bastati pochi match anche ai media d’Europa per rendersi conto che il maliano è ancora, alla sua età, uno dei centrocampisti più del mondo.
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Keita: “Mi chiamano il professore. Il nostro è un gruppo unito, Totti ha l’anima da ragazzino”
Il centrocampista della Roma intervistato da France Football: "Corro ancora una dozzina di chilometri al giorno, sono fiero di aver indossato la fascia da capitano"
"In Italia – spiega anche con una punta di orgoglio a France Football – mi chiamano il professore. Fa piacere, ma è come se mi scoprissero solo ora quando invece ho vinto molti trofei e fatto parte della miglior squadra della storia del calcio internazionale". L’ex centrocampista del Barcellona dei tempi d’oro così dispensa ancora lezioni con la maglia giallorossa, dall’alto della cattedra della sua esperienza e del suo ricco palmares che gli hanno permesso di integrarsi perfettamente negli schemi di una Roma che lo ha adottato subito: "Il nostro spogliatoio è davvero affiatato".
A quasi 35 anni, comunque, il maliano sfoggia un fisico impeccabile: "Corro ancora una dozzina di chilometri al giorno, e quello che faccio mi fa star bene. Forse perché ho sempre fatto vita sana: non fumo, non bevo". Così Keita è rimasto al top anche quando avrebbe potuto pensare a chiudere la carriera, in Cina, al Dailan. Invece poi è tornato in Europa, prima al Valencia e poi alla Roma: "I giallorossi mi cercavano da tempo e mi proponevano pure un anno di contratto, più uno in opzione. Ma ho preferito firmare per una sola stagione". Che per ora vive da protagonista e da titolare: "Ma so già che non giocherò tutte le partite e in ogni caso non è quel che voglio. Giocare è la conseguenza del lavoro quotidiano. L’allenatore sceglie i migliori e penso di farne parte". Tanto da fare pure il capitano: "Ne sono fiero. Garcia sa come lavoro e capisce che i compagni di squadra si fidano, ed è la cosa primordiale".
D’altronde, Keita a Roma si sente come a casa, nonostante la passione dirompente che circonda il club: "In Italia, l’ambiente è ancora più fanatico che in Spagna. A Barcellona il clima era molto più calmo, a Roma non posso neanche respirare. Quando i tifosi mi riconoscono al ristorante non mi fanno mai pagare il conto. La cosa non mi infastidisce ma io sono un tipo tranquillo, riservato. Poi mi dico che quando le cose andranno meno bene in campo, la musica cambierà, ma non si può impedire alla gente di amare la loro squadra”. Saggezza da veterano quella di Keita che ammette: “Dal calcio non mi aspetto più nulla o quasi. Ormai non ho più vent’anni". Anche per questo, il maliano apprezza la gestione di Garcia:"E’ una persona piacevole e carismatica. E ascolta molto, evitando di trattare i più anziani come ragazzini. Sa esattamente come parlare a giocatori del calibro di Totti".
Totti appunto, capitano infinito e atipico: "Non è un capitano che urla e parla in continuazione, ma ha ancora l'anima del ragazzino che scherza con tutti. Quel che fa a 38 anni è eccezionale, mi piacerebbe poter fare lo stesso". Rispetto che condivide in uno spogliatoio affiatato: "Il nostro è un gruppo unito, comunichiamo molto tra di noi, con WhatsApp restiamo in sempre in contatto, anche solo per ricordarci gli orari degli allenamenti. E ci ritroviamo spesso a tavola". Con la benedizione del presidente Pallotta: "Quando non è negli Stati Uniti, è molto vicino alla squadra. E’ un grande presidente, abituato al ruolo. Lo dimostra il fatto che dopo la partita con la Roma ci ha fatto capire che non serviva a nulla fare polemica e che bisognava pensare alle partite seguenti".
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