Quando nel calcio irrompe Infront, qualunque sia la notizia, non è sufficiente leggerla. Va interpretata, compresa, resa circolare e senza angoli nascosti. In sintesi, non è mai solo la notizia. Per questo, quello che è successo negli ultimi giorni non sembra banale: Juventus e Roma hanno disdetto il contratto con Infront per i diritti d’archivio (valeva fino al 2018), e quel che sembra un semplice ragionamento economico appare in realtà come una mossa che apre una battaglia politica all’interno della Lega e della FIGC. Intorno ai diritti tv, e a quei soldi su cui le società fanno affidamento a volte come unica fonte certa di ricavi, si sta giocando una partita delicata, che è solo agli inizi.
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Juventus e Roma, nemici-amici. La battaglia contro Infront
Intorno ai diritti tv, e a quei soldi su cui le società fanno affidamento a volte come unica fonte certa di ricavi, si sta giocando una partita delicata, che è solo agli inizi
Cosa sono i diritti d’archivio
Prima di andare avanti, bisogna capire cosa sono i diritti d’archivio e perché c’entrava Infront: sono le immagini che hanno otto giorni di vita, quindi non più considerate cronaca in senso stretto. A ritroso, fino al 1954. Più pomposamente l’archivio viene definito in molti casi “library” e rappresenta una parte di immagini che le società possono gestire individualmente perché non rientra nell’accordo per la vendita centralizzata dei diritti tv. È uno stratagemma della legge Melandri che vale come una sorta di risarcimento per le grandi società, che con la contrattazione collettiva hanno perso qualcosa sui diritti tv. Vendi l’archivio e recuperi denaro, perché se sei un club importante vale di più. Ogni società li gestisce da sé e anche in questo caso (e qui il problema dell’assenza di un management capace di trattare argomenti ormai fondamentali per i club si manifesta, ma è un’altra storia) quasi tutte avevano affidato il compito a un advisor. Infront, naturalmente. Che aveva in pugno questo asset per diciannove società di Serie A su venti, Sassuolo a parte. Ora Juve e Roma vanno verso Sky (anche se mancano conferme), senza advisor (come ad esempio hanno tenuto a precisare i giallorossi).
La partita però è politica. Proviamo a spiegarla in cinque punti.
1. Togliere risorse a Infront
Abbiamo detto cosa sono, ora vediamo quanto valgono i diritti d’archivio. Ad esempio per la Juventus basta dare uno sguardo al resoconto intermedio di gestione al 30 settembre scorso: 9,96 milioni di euro (alla pari o quasi ci sarebbero Inter e Milan). Perla Roma il valore si aggira intorno ai 4 milioni (contratto di sei anni per 23,9 milioni più iva) per «la digitalizzazione dell’archivio dell’AS Roma dal 1954; la commercializzazione dell’Archivio in tutto il mondo; la produzione audiovisiva delle partite casalinghe della squadra (Serie A e Coppa Italia); la fornitura di immagini degli allenamenti della squadra o, in alternativa, la concessione dei relativi diritti di accesso, riprese e diffusione». Certo, non è la mancanza di queste risorse (che non sarebbero direttamente di Infront, ma che chi gestisce come intermediario può ovviamente far fruttare anche nel suo interesse) che potrà indebolire economicamente un colosso appena venduto ai cinesi di Dalian Wanda per un miliardo di euro, ma è comunque una minaccia. È una mossa in cui Sky (approdo non dichiarato delle due società) ha una parte in commedia, certificata dalla risposta fatta trapelare all’Ansa dopo che la notizia della rottura del contratto era venuta fuori: «Negano—scrive l’Ansa—che siano già stati stipulati accordi ma confermano “l’ovvio interesse” per i diritti d’archivio di squadre come Juventus e Roma. Interesse che, spiegano fonti di Sky, “vale anche per club come il Napoli”, legato contrattualmente a Infront». Sky, cioè, si dice pronta: ha preso due colossi, ne accarezza un terzo (nonostante le recenti schermaglie, che però c’erano state anche con Infront per la gara di Coppa Italia con l’Inter). Entra in campo un competitor, almeno per un asset solo, ma l’unico possibile in questo momento. E Infront non se l’aspettava.
2. Togliere forza alla comunicazione di Infront
Con l’elezione di Tavecchio è diventato chiaro il ruolo potente di Infront: sono state le squadre in affari con il colosso svizzero ad aver deciso il posizionamento di Beretta in Lega di A e del nuovo presidente della FIGC. A quel punto Infront è venuto allo scoperto. A quel punto Bogarelli, l’uomo di Infront Italy, ha deciso di esporsi e iniziare a venire allo scoperto, giocando la sua partita anche dal punto di vista comunicativo. Un modo per evitare di essere schiacciato dal sospetto di essere il grande padrone del pallone: ponendosi come un partner e basta, uno che ha interesse a far fare soldi ai club e al calcio italiano per fare business a sua volta.
L’intervista più significativa, per le domande sottoposte, per i messaggi lanciati, e anche perché esclusiva, l’ha fatta Marco Iaria sulla Gazzetta dello Sport. Qui Bogarelli lancia un messaggio: «Con la Juve abbiamo un contratto per la library». Sembra una cosa raccontata mentre si sta spiegando il proprio mestiere, ma prima Bogarelli dice che «questo è business, non me ne frega niente della politica sportiva» e gli viene obiettato che non si può certo dire che tutte le società sotto contratto siano funzionali al business. E lui tira fuori la Juventus, che è invece una mossa politica, perché la Juve, appunto, è all’opposizione del fronte-Infront in Lega e FIGC. Nei giorni scorsi, poi, Bogarelli è stato a Trigoria per parlare con i plenipotenziari della Roma: Zanzi e Baldissoni. Frasi e mosse per mettere tutti dentro. Cioè: Juve e Roma sono all’opposizione? No, la Juve ha un accordo con noi e sono pure stato a Trigoria.
3. È più di un contratto rescisso
Fa rumore in questa operazione il fatto che non si stia parlando di un contratto scaduto e non rinnovato, quindi con libertà di affidarsi ad altri per l’uso dei diritti d’archivio. Si parla di una rescissione di un contratto che sarebbe durato ancora tre anni. E fatta in contemporanea da Juve e Roma è a sua volta una contromossa politica: le due società vanno alla prova di forza, cercano la rottura evidente. E infatti hanno creato la notizia da una mossa che poteva sembrare semplice e che così non lo è.
La Juve aveva firmato il contratto nel 2012 (dopo l’elezione di Beretta, ma in un periodo di relativa pace con il gruppo di Philippe Blatter, visto che nel 2013 Agnelli fu protagonista nella task force per i diritti tv, assegnati a Infront) con «ricavi addizionali netti per circa 4,5 milioni all’anno» e la Roma con Infront aveva anche un contratto da seicentomila euro all’anno con l’impegno delle parti (spiegato nel prospetto informativo depositato alla Consob a giugno) a «rinegoziare in buona fede il contenuto e il corrispettivo del Media Package ove AS Roma dovesse diventare proprietario di, o la Prima Squadra dovesse iniziare a giocare le proprie partite casalinghe in, un nuovo stadio inclusivo di una nuova area ospitalità». Peraltro la Roma poteva rescindere il contratto al termine di questa stagione (come sarà), altrimenti non avrebbe più avuto la possibilità. Perché Juve e Roma lo fanno ora e in modo tanto eclatante? Per far arrivare il messaggio, creare brecce improvvise nel quasi monopolio di Infront, che gestisce i diritti tv della Lega di Serie A, è advisor della Lega e anche della FIGC, ha contratti di marketing e sponsorship con dieci club di A e i diritti d’archivio di diciassette società su venti. Il colosso abbandonato da due grandi, nello stesso momento: peraltro, la prima e la seconda del campionato, quelle dunque con la maggiore visibilità internazionale.
4. Si ufficializza l’opposizione
Juve e Roma non sono nel gruppo di potere del calcio italiano. Non volevano Beretta nel 2012 e nemmeno Tavecchio nel 2014. Hanno Lotito, uomo ombra di tutte le operazioni che fanno capo a Infront, come avversario dichiarato, al punto di essere quelle che contro il patron della Lazio hanno avuto le parole più forti, dopo ormai la celebre telefonata a Iodice dell’Ischia. Marotta aveva invocato l’intervento del governo e Pallotta lo aveva declassato da dirigente federale a “individuo”, attribuendogli anche colpe per la crescita troppo lenta del calcio italiano. Sono insomma due grossi granelli di sabbia che cercano di inserirsi nell’ingranaggio per far saltare tutto.
Quando accadrà? La deadline è il 2018, ma occorre muoversi con anticipo per creare una fazione solida: se subito dopo sono state messe tra le probabili “seguaci” della mossa di Roma e Juve squadre come Fiorentina (pure nel fronte minoritario) e Napoli (che insieme alla Juve è tra le società che non fanno gestire la produzione delle immagini televisive girate nello stadio, e che pur avendo sempre votato con la maggioranza non è nel portafoglio clienti di Infront) indica in qualche modo la strategia. Muovere le più grosse, per poi trascinarsi le altre. Con il tempo, tirare ad esempio dentro la Sampdoria, altro club dato per pronto a togliere i diritti d’archivio a Infront, che non ha una linea precisa, perché in Lega nel 2012 aveva votato contro (ma c’era Garrone), in FIGC (con Ferrero) a favore, ma inizialmente era firmataria dell’appello a fare un passo indietro indirizzato a Tavecchio. Da qui al 2018 c’è il tempo per aprire altre brecce e capire chi sta con chi.
5. La battaglia sui diritti tv e sulla FIGC
Cosa accade nel 2018? Scade la prima parte del contratto di Infront come advisor della Lega per la vendita dei diritti tv. O meglio: l’azienda svizzero-cinese ha un accordo per la commercializzazione dei diritti per il triennio 2015-2018 con un minimo garantito annuo a favore della Lega Calcio di 980 milioni di euro, rinnovabile automaticamente fino al 2021 nel caso in cui l’incasso nei primi tre anni sia superiore a 1,04 miliardi di euro all’anno. Ma è una data in cui andranno rivisti i conti e arrivarci con uno schieramento forte potrebbe essere uno degli obiettivi, dando anche il tempo a eventuali competitor di crescere o attrezzarsi. E poi scade l’ultimo degli accordi che Infront ha sottoscritto con il calcio italiano: quello come advisor commerciale della FIGC, firmato a novembre, apparso come il passo finale della strategia politica di Bogarelli e i suoi. Il resto è tutto da valutare (anche l’accordo da ottanta milioni in quattro anni tra Inter e Infront, quello che ha spinto i nerazzurri a passare dall’opposizione in Lega alla maggioranza in FIGC, scade nel 2018), ma intanto togliere pezzi e riequilibrare il potere è quello che cercano Juve e Roma.
Proprio Andrea Agnelli lo ha detto senza giri di parole, in una lunga intervista al settimanale tedesco Die Zeit: «Abbiamo bisogno di persone che vogliano realizzare progetti a lungo termine. In James Pallotta, il presidente della Roma, abbiamo trovato un alleato. La sua squadra è nostra rivale nella lotta allo scudetto, ma Palotta e noi abbiamo una filosofia molto simile su come gestire un importante club europeo». Primo: le alleanze e un progetto a lungo termine. Secondo: l’avversario. Eccolo: «C’è una situazione poco trasparente, come ad esempio nel caso dei diritti tv. Di essi e del marketing della Serie A, si occupa Infront, azienda attiva nello sport marketing. Allo stesso tempo Infront si occupa anche dei diritti e del marketing di alcuni club di Serie A e della Nazionale. Questo porta inevitabilmente ad un conflitto di interesse».
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