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Getty Images
Claudio Ranieri non è più in panchina, ma continua a essere fondamentale. Da quando ha assunto il ruolo di senior advisor nella Roma, il suo lavoro si gioca lontano dai riflettori: nei corridoi silenziosi di Trigoria, nelle riunioni interne, nei momenti in cui la pressione rischia di travolgere tutto. Non serve alzare la voce per farsi sentire: la sua è una leadership discreta, ma profonda. Una guida che si manifesta nei momenti giusti, con parole pesate, gesti semplici e una presenza costante. Nella settimana più delicata di questo inizio stagione - segnata dalla sconfitta di Torino e dall’attesa carica di tensione del derby - Ranieri è stato lì, ogni giorno, accanto alla squadra. Una figura quasi paterna, che non impone, ma accompagna. E i risultati si sono visti: due vittorie pesanti, nel derby e in Europa, frutto di una Roma più unita, più serena, più consapevole dei propri mezzi.
E se oggi la squadra prova a crescere attraverso il progetto di Gasperini, a preoccuparsi del resto ci pensa Sir Claudio. È lui che guarda avanti, che tiene lo sguardo lucido su ciò che accade fuori dal campo. Come ha detto nell’ultima intervista, è consapevole delle sfide che attendono il club, come il Fair Play Finanziario: "Dovremo stare in regola con i conti… poi al limite dovremo vendere qualcuno al valore che può avere una qualificazione in Champions League". Con la sua solita sincerità, ha messo sul tavolo i problemi reali del club giallorosso, con la stessa cura di chi difende qualcosa che ama profondamente. Ranieri non è solo un nome nel nuovo organigramma: è il cuore esperto di una Roma che vuole tornare grande senza smarrire se stessa. È lì dove serve, sempre. Con la testa, con la voce, con l’anima.
A fine maggio, dopo una girone di ritorno storico concluso con la vittoria sul Torino e qualificazione in Europa League, Claudio Ranieri ha lasciato il ruolo di allenatore della Roma, ma non il cuore di questa squadra. Con un legame profondo e indissolubile con la città e il club, ha scelto di restare, assumendo il ruolo di senior advisor. Aveva promesso che da quel momento in poi avrebbe pensato solo al bene della Roma, e lo ha dimostrato rifiutando persino la chiamata della Nazionale, dedicandosi anima e corpo a questa maglia. Il campionato è appena iniziato, ma a Roma l’umore è un pendolo fragile, pronto a oscillare dall’euforia alla delusione con un soffio. La sconfitta contro il Torino aveva acceso una luce di allarme e una batosta nel derby avrebbe potuto aprire ferite profonde. Ed è in quei giorni incerti che Ranieri è tornato a farsi sentire, non con parole altisonanti, ma con una presenza discreta e rassicurante.
Giorno dopo giorno a Trigoria, ha camminato silenzioso tra gli allenamenti, con la sola forza di chi sa essere vicino senza essere ingombrante. I giocatori lo sentivano lì, come un faro tranquillo in una notte agitata, e questa sicurezza ha lavorato dentro di loro. Il risultato si è visto sul campo: una vittoria cruciale nel derby, seguita da un altro successo importante in Europa. Questa è la Roma di Gasperini, fatta di intensità e gioco corale, ma il segreto in più è Ranieri, l’uomo che conosce il cuore romanista e sa quando è il momento di essere una guida. Per la società e per i tifosi, la sua presenza è un porto sicuro, un simbolo di appartenenza e speranza, la certezza che, in questa città, non si è mai soli.
Sono proprio gesti come il rifiuto alla chiamata della Nazionale, arrivato a giugno, a raccontare il vero significato della presenza di Claudio Ranieri nella Roma. Un gesto che potrebbe sembrare piccolo, ma che invece ha un peso simbolico enorme. Perché in quella scelta - silenziosa, mai ostentata - c’era tutto: l’amore incondizionato, il senso di appartenenza, la volontà di esserci non per convenienza, ma per convinzione. È da lì, da quel "no" elegante e fermo, che si capisce quanto Sir Claudio abbia deciso di essere parte di questo progetto non come comparsa, ma come punto fermo.
La Roma oggi è una squadra in costruzione, in pieno rinnovamento con il nuovo corso tecnico guidato da Gasperini. Un’idea di calcio ambiziosa, moderna, coraggiosa, che ha bisogno di tempo per diventare solida. Ma negli ultimi anni, da quando la famiglia Friedkin ha preso in mano il club, è mancata spesso una figura interna, visibile e carismatica, che si facesse sentire nei momenti più duri, che rappresentasse il club anche oltre il campo. A colmare quel vuoto ci hanno pensato, di volta in volta, gli allenatori: prima Mourinho, con la sua personalità debordante e il suo modo di fare scudo; poi De Rossi; e oggi Ranieri, che ha scelto di tornare e restare, con la forza calma e autorevole di chi conosce perfettamente l’ambiente.
Lui sa quanto sia importante, per questa Roma, mantenere la testa alta nei momenti di difficoltà. Non solo per restare aggrappati alle posizioni alte in classifica o per inseguire un nuovo trofeo, ma per custodire un’identità, un senso di appartenenza che negli anni si è spesso sfilacciato. Ranieri è lì per questo: per ricordare chi siamo, per tenere la barra dritta, per essere quel punto di riferimento silenzioso ma imprescindibile. Oggi, in questa Roma che prova a tornare grande, Ranieri è più di un consigliere: è la coscienza del club, il collante emotivo tra campo, società e tifosi. Una presenza che non fa rumore, ma fa la differenza.
Federico Grimaldi
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