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Il pianto del Cigno. Roma-Lazio 2-0 visto da Kansas City

C’è il sole, fa caldo, è estate. Dovemo vince.

Redazione

C’è il sole, fa caldo, è estate. Dovemo vince.

Dovemo vince perché se ricomincia dala fine, perché dovemo giocà er derby come prima partita vera ao ssadio, subito, mo, perché così ha deciso un arido ma crudele algoritmo forgia calendari, e se da na parte s’attaccamo a ogni fior di zucca incontrato per la via pur de ritardà l’arivo in Sud, dall’altra semo consapevoli che pe esorcizzà quella cosa brutta accaduta de maggio, er modo miore è rigiocalla subito sta partita.

Allo stadio ce se ariva così, co poche certezze e ancora meno alternative. Oggi c’è un risultato solo. Se qualcuno te chiede “Perché?” evidentemente nell’ultimi 4 mesi non è stato a Roma. Noi ce semo stati. All’inizio è stata na tragedia. Poi è stato brutto. Poi è stato un ricordo bruttarello, sgradevole assai. Pensavamo che nce se potesse convive co sta cosa, che il 27 maggio sarebbe durato tutta la vita. E invece no. Piano piano, e soprattutto nelle ultime 3 settimane, se semo pure ricordati come se sorride, amo tirato fori la voce. Oggi, restando nel campo delle estrazioni e dell’abusato machismo da spogliatoio, sarebbe er caso de tirà fori le palle. Da sto punto de vista, da quello che s’è visto fino a mo, c’arivamo co la squadra giusta, co gli splendidi trentenni incazzati, coi giovani sotto schiaffo de quelli de cui sopra, co quelli na via de mezzo che a turno piano o danno gli schiaffi. Ce se ariva uniti. Ce se ariva primi. Ce se ariva carichi. Ce se ariva co nallenatore.

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