(di Marco Reda) – Cosa può accomunare Bari, Roma e Tolosa? Di certo, non il fatto che tutte e tre le parole siano composte da un numero pari di lettere. O che terminino per vocale. A collegare le tre città, due italiane ed una francese, è l’origine di altrettanti calciatori importanti per la storia recente della Roma che al momento figurano tutti nella stessa squadra, diversa da quella giallorossa: il Milan.
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Il Milan e quelli che “Arrivederci Roma!”
(di Marco Reda) – Cosa può accomunare Bari, Roma e Tolosa? Di certo, non il fatto che tutte e tre le parole siano composte da un numero pari di lettere. O che terminino per vocale. A collegare le tre città, due italiane ed una francese, è...
Antonio Cassano da Bari, Alberto Aquilani da Roma e Philippe Méxes da Toulouse. Chi per un motivo, chi per l’altro, tutti hanno salutato la Capitale dopo una permanenza in quello che allora era il club dei Sensi. Allo stesso modo, ognuno di loro ha lasciato un segno indelebile nei cuori dei tifosi romanisti, in positivo o in negativo. Quella di oggi, eccetto per il difensore francese rimasto a Milano perché indisponibile, non potrà essere una serata come le altre: sarà l’occasione per calcare di nuovo l’erba di quello che è stato lo stadio in cui hanno giocato per anni, in cui hanno raccolto (e regalato) gioie e delusioni, segnato reti memorabili ed ascoltato l’urlo della “Curva Sud”. Sarà un vero tuffo nel passato per loro che ora vestono la maglia del Milan, ospite della Roma all’ “Olimpico” nell’anticipo della decima giornata di Serie A. Ed il passato, si sa, può essere a volte rinnegato, ma mai dimenticato.
CROCE E DELIZIA – L’avventura giallorossa di Antonio Cassano comincia nel 2001 quando la Roma lo acquista dal Bari, bruciando sul tempo la Juventus, per la cifra di cinquanta miliardi di lire e la comproprietà di Gaetano D’Agostino. Da quell’anno fino al gennaio 2006, in cui fu ceduto al Real Madrid, il talento pugliese ha collezionato 161 presenze tra campionato e coppe europee mettendo a segno 52 reti, con apice di realizzazione nell’annata 2003-2004 in cui infilò i portieri di turno per diciotto volte, vincendo con la Roma soltanto una Supercoppa Italiana nel 2001 (in cui lui non giocò) Il “simil erede” di Francesco Totti, come veniva etichettato dagli sportivi, ha rappresentato motivi di vanto internazionale per la società giallorossa per la sua tecnica e per la straordinaria intesa con il Capitano della squadra, nonché per pesantezza ed importanza dei suoi goal (dai pregevoli pallonetti con Lecce, Inter e Torino, alla doppietta nel famoso 4-0 alla Juventus, quello del “Quattro e a casa” per intenderci, passando per i goal europei con Real Madrid ed Arsenal, quelli nei derby con la Lazio e la rete salvezza contro l’Atalanta, a Bergamo, nella terribile stagione 2004-2005). Ma Antonio Cassano è anche quello delle “corna” all’arbitro Rosetti durante una finale di Coppa Italia tra Milan e Roma, dei continui battibecchi con il tecnico Fabio Capello, delle bandierine rotte, delle multe per comportamenti “inadeguati” ad uno sportivo. E che giunge alla rottura con il club capitolino, dopo cinque anni intensissimi, quando la piazza lo vede sempre più svogliato, spento, un peso per la squadra. In più, l’idilliaco rapporto con Totti, istituzione simbolica di città e gruppo, arriva a sgretolarsi sempre più, fino ad esser quasi isolato da tutti i compagni. Lui, in reazione, rifiuta una proposta di rinnovo contrattuale con la squadra che, dopo il Bari, lo ha valorizzato in campo mondiale ed accetta il trasferimento in Spagna, nelle “Merengues” di Zidane, Beckham e Raùl. Andò poco bene anche lì, dove fu soprannominato “El Gordo” per via del suo peso non proprio conforme ad un atleta. E dopo la bella parentesi Samp, in cui riconquista la Nazionale Azzurra, arriva il Milan, ennesima chance della sua carriera. E la sfida dalle mille motivazioni con De Rossi&Co.
CUORE DI ROMA - Se per trovare una spalla ideale a Totti il buon Franco Sensi ha dovuto quasi svuotare le casse societarie, il mediano del futuro la Roma lo aveva in casa. Facendo tutta la trafila delle giovanili fino al raggiungimento di un posto da titolare in Prima Squadra, Alberto Aquilani è riuscito nell’intento di unirsi nell’ Olimpo dei “romani de Roma” al “Bimbo de Oro” e all’amico di una vita Daniele De Rossi. Il nativo di Montesacro ha totalizzato dal 2002 al 2009 (con parentesi di un anno alla Triestina) 149 presenze e 15 reti, contribuendo alla vittoria di due Coppe Italia ed una Supercoppa Italiana, prima di trasferirsi nell’agosto 2009 al Liverpool, tra mille polemiche, per la cifra di venti milioni di Euro. Contributo importante anche quello di colui che tuttora è uno dei punti di forza della Nazionale Italiana: in coppia con De Rossi, Aquilani ha formato una delle coppie di centrali di centrocampo più forti e promettenti d’Europa, oltre che rappresentato per il club giallorosso la grande soddisfazione di aver investito con successo in due prodotti del proprio vivaio, da sempre florido e “distributore” di promesse. Se caratterialmente Alberto è sempre stato un ragazzo tranquillo e corretto, a preoccupare i tifosi è stata spesso la sua condizione fisica: sfortuna ha voluto che più volte, nel corso delle sue ultime stagioni da romanista, il mediano si fermasse per svariati mesi a causa di infortuni causati da un lato dall’insufficienza dei campi di allenamento di Trigoria, dall’altro da una sua certa fragilità atletica. Motivo che ha spinto poi per una sua cessione in Inghilterra, campionato non proprio adatto alla sua spiccata tecnica; dopo un anno, infatti, rientra in Italia, sponda Juventus. Prima di stabilirsi al Milan, nel quale “rischia” di diventare l’erede di Andrea Pirlo (Montolivo permettendo…). Quello che a Roma non è mai potuto divenire.
“RUGANTINO” – 267 presenze, 15 goal, due Coppe Italia ed una Supercoppa Italiana. In cifre, Philippe Méxes, uno dei migliori difensori che la Roma abbia avuto nella propria storia. Arrivato nella Capitale nell’estate 2004 dall’Auxerre (in quello che fu solo l’inizio di una vicenda che costò alla Roma otto milioni di indennizzo al club transalpino ed il blocco del mercato per due sessioni consecutive) il centrale francese ha occupato il suo posto in difesa al fianco dei vari Chivu, Juan e compagnia bella fino a Giugno 2011. Sette anni di amore puro tra il popolo giallorosso e “Rugantino”, come è stato soprannominato dai tifosi per il grande legame che il calciatore ha stretto con la città di Roma. Anni in cui non ha mai avuto problemi con la società, con i compagni o con l’ambiente, nei quali ha anche conquistato la Nazionale francese, ambizione di ogni giovane anima cresciuta con le prodezze di Platini, Cantona, Papin, Henry… Motivo dell’addio? L’incapacità (o la non volontà) della vecchia gestione di trattenerlo nella Capitale lasciandolo arrivare ingenuamente in scadenza di contratto, inducendolo ad accettare ad inizio anno l’offerta del Milan. Impietosa la piazza romanista, che lo accusa ancora di “tradimento” non giustificando una sua più che legittima scelta professionale. Phil Méxes sarà l’unico a non tornare all’ “Olimpico” da avversario. Ma gli fischieranno non poco le orecchie…
AMELIA – La Roma è stata importante anche per Marco Amelia, attuale secondo portiere rossonero, chiuso dal collega Abbiati. Sulla carta, considerando gli altri ex di turno, lui è l’unico che può vantare la conquista dello scudetto con la maglia giallorossa (seppur da terzo portiere e con nessuna presenza all’attivo, nella stagione 2000-2001) prima di indossare le casacche di Livorno, Lecce, Parma, Palermo, Genoa e, infine, Milan. Durante l’ultima sessione di mercato si è parlato di un suo possibile ritorno a casa, idea che lo affascinava non poco. Si è poi optato per il più blasonato Maarten Stekelenburg da Amsterdam.
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