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Il “cocco dell’allenatore”, una tassa da pagare puntualmente

(di Alessio Nardo) Sarà per quel suo look un po’ così. Diciamo discutibile. Sarà per quel nomignolo “brasileiro” utilizzato forse con eccessiva presunzione.

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(di Alessio Nardo) Sarà per quel suo look un po' così. Diciamo discutibile. Sarà per quel nomignolo "brasileiro" utilizzato forse con eccessiva presunzione. Sarà per il fatto che l'Arsenal, club da tempo a secco di grandi risultati, non vedeva ormai l'ora di disfarsene. Sarà quel che sarà, sta di fatto che l'acquisto di Gervais Yao Kouassi, in arte Gervinho, nato ad Anyama (Costa d'Avorio) il 27 maggio del 1987, non sembra entusiasmare nessuno.

Coloro che per il ruolo di punta esterna sognavano uno tra Sanchez, Nani e Lavezzi ora si ritrovano ad aver a che fare con un bel punto interrogativo. Un calciatore estroso ma incompiuto, noto più per la particolarità del suo nome che per le reali doti mostrate in campo. Intendiamoci, non parliamo di un buono a nulla. Gervinho in Francia ha fatto molto bene, realizzando 28 gol in due campionati con il Lille e vincendo la Ligue 1 nel 2011 (sotto la guida di Rudi Garcia, il tecnico che lo ha fortemente voluto). E' a Londra che il ragazzo, trovatosi immerso in una realtà più complessa e prestigiosa, ha incontrato serie difficoltà. 28 presenze e 4 gol in Premier League nel 2011-2012, appena 18 (con 5 reti) nell'ultima stagione. Arséne Wenger ha scelto, senza grosse remore, di piazzarlo sul mercato e lasciarlo persino fuori dall'elenco dei convocati per gli impegni estivi dei gunners. Chi ha fiutato l'occasione, ancor prima della Roma, è stato Garcia. L'ex mentore del talento ivoriano.

Una consuetudine che ormai, qui a Roma, si ripete con rigorosa puntualità. Chi arriva e si siede in panchina chiede e quasi sempre ottiene alcuni uomini fidati. Il guaio è che spesso gli stessi si rivelano dei fiaschi clamorosi. Pensiamo a Luis Enrique. Nell'estate del 2011 pretese ad ogni costo l'arrivo dei due spagnoli Bojan e José Angel. Compagni di stanza, di merende e d'incidenti stradali. Due flop assoluti: appena 7 reti in 37 gare ufficiali per il giovane attaccante, svariate prestazioni insufficienti per lo sgangherato terzino sinistro finito nel mirino della satira cittadina. E Zeman? Il boemo è riuscito a proporci di peggio, chiedendo a Sabatini l'ingaggio di due autentiche catastrofi: Panagiotis Tachtsidis, regista lento con il fisico da incredibile Hulk e la cattiveria agonistica di un bradipo assonnato, e Mauro Goicoechea, tra i pochi portieri (?) al mondo capaci di tramutare azioni avversarie ormai esauritesi in autoreti. Però, sosteneva Zeman, "sa giocare con i piedi". Sarà. Danilo Avelar ed il Cagliari ancora ringraziano.

Ora è il momento di Rudi e del "suo" Gervinho. Con l'auspicio che la riuscita sia simile ad acquisti richiesti con forza da allenatori di ben altro spessore. Il Pizarro di Spalletti ed il Panucci di Capello, tanto per intenderci. Certezze, campioni, leader. Non certo esilaranti scommesse. Di quelle i tifosi della Roma ne hanno piene le tasche.