Quando Gianluca Petrachi dice senza paura che il vento a Trigoria è cambiato, c'è da credergli. O almeno da dargli fiducia. La Roma ha chiacchierato a tu per tu con il fallimento, ma è stata capace di salire sull'ultima corsa di Caronte per tornare indietro. Da gennaio a giugno è successo di tutto. Dal 7-1 in Coppa Italia contro la Fiorentina, agli addi necessari a Di Francesco e Monchi, passando per quelli sofferti a De Rossi, Totti e Manolas, senza dimenticare l'inchiesta scandalo di Repubblica e l'arresto di De Vito che ha di nuovo frenato il progetto stadio. Tutto quello che serviva per imboccare una strada senza ritorno. Oggi però, Trigoria è tornata a essere una piccola isola (quasi) felice. Le macerie sono ancora lì per terra sotto gli occhi di tutti, ma la restaurazione è già cominciata.
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I rifiuti, gli addii e il caso Manolas: ecco come la Roma scorda il passato e punta in alto
I giallorossi sono stati a un passo dal blackout totale. I no di Conte, Gasperini, Higuain, Icardi, gli addii di Totti e De Rossi, spingevano verso una direzione senza ritorno. Con la svolta Dzeko e la forza di Petrachi è arrivata la rinascita
CASO MANOLAS - E' stata la cessione simbolo del mercato. Per tutto quello che ha rappresentato tecnicamente Manolas in questi anni e per come si è concretizzata. Un addio annunciato da tempo, anche per volontà del greco che aveva deciso di cambiare aria. Una decisione messa in dubbio solo dalla possibilità (mai davvero reale) dell'arrivo Conte alla guida della Roma. Manolas, che nella capitale è sempre stato bene, aveva chiamato Raiola chiedendo di mettere la cessione in stand-by. Questione di ambizioni. Poi le cose sono andate diversamente e il passaggio al Napoli è stato quasi un processo naturale. Inizialmente De Laurentiis non aveva intenzione di pagare i 36 milioni della clausola e sperava di accordarsi con la Roma solo per 30. I giallorossi hanno tenuto il punto facendo entrare nell’affare anche Diawara (espressamente chiesto da Fonseca), studiando, inoltre, una formula che permettesse a Manolas di incassare i 2,7 milioni che gli spettavano da contratto.
I RIFIUTI - Quello di Conte non era stato l'unico "no". A collaborare a una situazione (sportivamente) drammatica, ci si era messo anche il rifiuto diGasperini, prima scelta della dirigenza, che ha poi ripiegato su Fonseca. Gasp ha preferito restare all'Atalanta dopo aver fiutato l'aria difficile che avrebbe respirato a Trigoria, nonostante in un primo momento avesse accettato il trasferimento. A completare il quadro anche Higuain e Icardi, che secondo Petrachi sono sempre stati l'alternativa a Dzeko, ma che comunque di andare in giallorosso non ne hanno voluto sapere. Tra i rifiuti ci entra di diritto anche Francesco Totti, a cui era stato offerto il ruolo di direttore tecnico, ma che ha declinato per per divergenze di vedute con la dirigenza.
VOGLIA DI ROMA - Proprio da Dzeko si riparte per raccontare la svolta. La decisione di Edin di cambiare il suo destino, scegliendo la Roma per la seconda volta in carriera, è stato il segno che qualcosa stava davvero cambiando. Questa è stata l'iniezione decisiva per Fonseca, che ha sempre puntato su di lui, anche quando l'Inter sembrava solo una questione di tempo. Le parole nella prima conferenza di Petrachi sul senso di appartenenza e la voglia di Roma rischiavano di volare via col vento. A quelle però sono seguiti i fatti. Pau Lopez e Mkhitaryan hanno lasciato soldi sul piatto scommettendo sui giallorossi. Anche Kalinic e Smalling hanno scelto la squadra di Fonseca per rilanciarsi e in molti hanno addirittura ripreso a parlare di vittorie, senza paura di smentita. Under e Zaniolo hanno rinnovato con la consapevolezza che Roma sarà la piazza giusta per continuare a crescere. E Kolarov, un altro che sembrava destinato a partire, ora potrebbe addirittura chiudere la carriera nella capitale. E' un inizio, importante, di un cambio di rotta che stavolta dovrà essere quello decisivo. In attesa di un trofeo, l'ultimo passo per poter dire che sì, finalmente la Roma è davvero tornata.
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