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Giannini: “Sensi mi rivoleva in società, ma con Baldini non è stato possibile”

L'ex capitano della Roma a ruota libera in un'intervista concessa a Giuseppe Falcao: "Per Friedkin la cosa più importante sarà essere presente"

Redazione

“Ai miei tempi, quando ero bambino, non andavano ancora di moda i poster da attaccare in camera. Il mio idolo da piccolo era Gigi Riva. Poi quando giocavo in Primavera alla Roma naturalmente Falcao. Lo seguivo, lo studiavo...” Parte da qui l'intervista a Giuseppe Giannini realizzata da Giuseppe Falcao. Il figlio della leggenda giallorossa ha condiviso sulla sua pagina Facebook la chiacchierata con l'ex capitano della Roma.

Che rapporto avevi con mio papà?

Tuo papà aveva un debole per me come calciatore. Io avevo il posto fisso accanto al suo. Sull’aereo, a tavola. Magari capitava che lui fosse già seduto a tavola a mangiare, mi vedeva arrivare da lontano e mi faceva segno di mettermi vicino a lui.

È difficile essere Capitano della squadra che ami, nella città dove sei nato?

Se ti soffermi a pensare a chi l’ha indossata pesa tanto. Prima di me c’era stato Agostino, quindi mi portavo dentro una responsabilità importante. Con gli anni credo sia diventato ancora peggio. Perché c’è stato Totti, De Rossi. Chi la indossa credo debba avere uno spessore caratteriale per poterla reggere.

Hai avuto la fortuna di avere i due Presidenti più importanti della Storia della Roma. Chi era Dino Viola per te?

Avevo un po’ capito qual era il suo punto debole: se non andavi tu a cercarlo, se non andavi tu incontro a salutarlo quando lui veniva al campo, era lui che poi veniva da te e diventava gentile, accomodante. Avevo capito che facendo così avrei attirato le sue attenzioni. Avevo un po’ sgamato questa cosa e ci giocavo un po’.

E con Franco Sensi?

Il rapporto con Sensi non è mai stato idilliaco. Quando lui è arrivato ha trovato Giuseppe Giannini capitano. Pensava che io fossi quello che decideva tutto a Trigoria, ma non era così. Quando stavo per andare via dalla Roma, una volta mi sono tolto la curiosità di chiedergli cosa gli avessi fatto.

E lui cosa ti rispose?

Mi disse: “Peppe, sai quando un imprenditore compra una società cerca di cambiare quelle che sono le vecchie abitudini, dare una ventata di nuovo”. Però dopo tanto tempo mi richiamò perché mi rivoleva alla Roma in un nuovo ruolo, ma con Baldini non fu possibile.

Roma-Lecce: cosa successe quel giorno?

Eravamo troppo sicuri di vincere, tanta presunzione. Però già la domenica prima a Pisa facemmo tanta fatica, eravamo in affanno. Avevamo fatto una grande rincorsa. Pagammo la stanchezza e la troppa sicurezza di vincere.

Te lo senti anche un po' tuo lo Scudetto dell’83?

No, mio no. Però mi allenavo sempre con loro, ero convocato. Giocai in Coppa Italia. Con un pizzico di fortuna in più avrei potuto vincere sia lo scudetto che il Mondiale.

La gente è ancora legatissima a quegli anni. Alla Roma tua, di Rudi Voller. Secondo te perché?

Perché credo che pur non essendo super a livello di calciatori, c’era attaccamento e la gente lo percepiva. Rappresentavamo la Roma, la romanità e lo spirito romanista. Davamo sempre tutto in campo ed alcune volte riuscivamo anche ad andare oltre le nostre possibilità.

Da allenatore ad allenatore: Ti piace Paulo Fonseca?

Nei giudizi sui miei colleghi sono sempre restio, soprattutto se è l’allenatore della squadra della tua città per cui fai il tifo. Io aspetterei a dare un giudizio sul Mister. E’ stato un anno particolare: Coronavirus, infortuni. Aspettiamo quest’anno per un giudizio definitivo.

La Roma sul mercato sta cercando un regista. La storia di questo club è fatta di grandi centrocampisti: Falcão, tu, Emerson, DDR, Pizarro, Pjanic. C’è qualcuno che consigli o che ti piace?

Mi piace Torreira, Paredes, anche Jorginho che ho allenato a Verona ad inizio carriera. Non è facile però trovare in quel ruolo calciatori all’altezza della piazza. Oltre ad essere bravo, devi avere uno spessore caratteriale. Gestire lo stress di radio, televisioni..

Domani ti chiama al telefono il nuovo Presidente dell’As Roma, Dan Friedkin. Qual è il primo consiglio che gli daresti?

Il primo, il più importante: la presenza costante a Trigoria. E’ fondamentale. Poi l’appartenenza, non sottovalutare i colori, lo stemma, il rapporto con i tifosi. Anche i rapporti con i calciatori, gli ex. Tutti possono essere di aiuto.

Spesso si parla di ridare la maglia numero 10. La toglieresti definitivamente o la daresti a qualcuno?

Non sono tra quelli che pensano di non darla più. Può essere un sogno, un obiettivo per chi sta in Primavera. Non è facile trovarne uno che sia all’altezza di quella maglia. E’ una maglia che pesa, serve personalità, chi meglio di me può dirtelo…