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Gemitaiz: “Sono succube della Roma. Che rabbia per la finale di Budapest”

Gemitaiz
L'artista italiano ha parlato del suo amore viscerale per i giallorossi e non solo: "Da piccolo volevo essere come Totti. Zaniolo, dobbiamo essergli grati per sempre"
Redazione

Gemitaiz, nome d’arte di Davide De Luca, uno dei rapper più iconici di tutta la scena hip-hop italiana ha parlato ai microfoni di Cronache Di Spogliatoio del suo amore verso la Roma. Il prossimo 14 giugno inizierà il tour estivo ‘The QVC Experience’, uno show in giro per l’Italia con cui ripercorrerà tutta la saga de ‘Quello che vi consiglio’ dalla prima edizione del 2009 alla decima, uscita lo scorso 15 dicembre. Con la maglia della Roma addosso, e dietro la scritta appunto "QVC10".

Queste le sue parole su Totti: "Quando ero piccolo, pensavo solo a quello: pallone e Roma. Ho sempre giocato fin da bambino, così come sono sempre stato un grande tifoso. Ricordo i giorni passati al campetto, dove dicevo: ‘Voglio diventare come Totti’. Adesso le cose sono cambiate, i ragazzini vogliono fare i rapper. Prima tornavi a casa, finivi di fare le tue cose il prima possibile e poi uscivi a giocare a calcio. Crescendo mi sono reso conto che nonostante io mi allenassi, fossi molto veloce, c’erano tanti altri ragazzi molto più portati di me".

Sul suo amore verso i giallorossi: "Io sono sempre stato un grande tifoso, ma verso il 2018-2019, mi ero estraniato perché mi incazzavo troppo. Stavo davvero male, mi dicevo: ‘Sì, ma io non posso stare così nervoso per una squadra di calcio’. Così ero arrivato ad un punto in cui non avevo davvero idea di chi giocasse o allenasse la Roma. Mi guardavo giusto qualche partita con gli amici, ma ormai non mi faceva più né caldo né freddo: si era creato un certo distacco, anche perché ero sempre in giro fra concerti, tour, date con la mia musica, quindi era più facile essere spensierati». Come sempre, però, i grandi amori ritornano: «Durante la pandemia, però, ci sono ricaduto con tutte le scarpe: non potevo fare niente, ero bloccato e quindi la domenica è tornata ad essere un appuntamento fisso. Eravamo io e la Roma, ancora una volta. Adesso sono completamente succube, come prima e come giusto che sia. Ho ricominciato a vederle tutte e a seguirla sempre già un annetto prima dell’arrivo di Mourinho. È tornata la passione, allo stesso livello di quand’ero solo un ragazzino".

Infine ha parlato delle finali con Mourinho: "La sera della finale di Conference League c’era il concerto di Mace a Milano e io ero uno degli ospiti. Io l’avevo detto: ‘Non salgo sul palco finché la partita non finisce’. Io e un altro mio amico l’abbiamo vista in un camerino a parte, dove c’era una tv. Lui in realtà doveva lavorare, ma per quell’ora e mezza non ha praticamente fatto nulla. Come me. Quella partita era troppo importante: l’abbiamo vissuta così, in un camerino nel backstage, mentre fuori c’era il concerto. Siamo tornati a vincere dopo tanto, veramente tanto. E con un gol di Zaniolo: dobbiamo essergli grati per sempre. Su quella coppa, c’è il suo nome». Un anno dopo la Roma può bissare il successo ottenuto in Conference con il Feyenoord, ma le cose in Europa League contro il Siviglia vanno diversamente: «Quella sera eravamo in studio da Flavio. C’era anche il mio migliore amico che è della Lazio, stava rosicando anche lui. Un po’ di solidarietà: un conto è straperderla, un conto è uscire sconfitti così. Ero davvero incazzato, tristissimo".