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Il Foglio

Gasperini e il bello

Redazione
Il tecnico vuole una squadra senza individualismi, fatta eccezione per alcuni come Paulo Dybala

Troppo spesso bellezza e verità non sono facce della stessa medaglia. Siamo nell’era dell’individualismo assoluto, e la bellezza tradisce la verità, e viceversa, perché belli non siamo, perché veri non siamo. Come scrive Alessandro Bonan su Il Foglio, quando parliamo di squadra, la bellezza individuale non dovrebbe esistere, abdicando in favore di un’immagine complessiva dove il singolo si esprime nei dettagli, e i dettagli, tutti come puntini, compongono il quadro, il quadro della squadra. La bellezza comincia a riflettersi su quelle squadre meno narcisiste di altre, dove l’allenatore ha fatto un lavoro quasi platonico, dove non si insegue il bello in forma puramente esibizionistica, ma creativa. È quello che è successo alla Roma, dove Gasperini ha velocemente tradotto ai giocatori la sua vocazione al bello. Lasciandosi perdere quelle questioni puramente patriarcali legate a chiacchiere su calciatori più o meno graditi all’allenatore, per Gasperini ormai vera e propria strategia di pressione su tutto l’ambiente, quello che notiamo nella Roma è un’assoluta mancanza di individualismo, se non nel tocco finale, quasi la firma dell’artista. E questo tocco è dato da un calciatore fine a se stesso per definizione, Paulo Dybala. La sua esclusività non porta a nulla, se inserita nel caos, anzi lo complica. Ma quando uno fuoriclasse così, viene applicato ad una squadra priva del velo dell’ambiguità, piena di quelle certezze che, tradotte in breve, portano alla verità, permette di equilibrare e di mostrare tutti i lati del proprio talento. Tutte queste parole, messe in fila, formano una collana che pronta a spezzarsi al primo intaglio provocato da un avversario che nel frattempo è cresciuto.