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Friedkin, abbiamo un problema. È l’ora delle spiegazioni

LaPresse

Il basso profilo, lo stile, la privacy sono sacre. Soprattutto dopo anni di eccessivi slogan. Ma ci sono momenti in cui bisogna far sentire il peso della propria voce, il rassicurante rumore delle corde vocali di un padrone sempre presente

Francesco Balzani

Dan, abbiamo un problema. Dan è Friedkin, ma questo lo sapete tutti. In pochi però conoscono la sua voce, il suo timbro, il suo pensiero. Perché, come diceva Jim Morrison, è vero che “è meglio stare all'ombra e vedere la luce che stare alla luce e vedere l’ombra”. Ma in queste ore nella capitale è buio pesto. E non solo per questo maledetto coprifuoco. Lazio e Spezia sono onte grosse, gli errori di chi lavora oggi nella Roma (e non parliamo di Fonseca, o almeno non solo di lui) sono ancora più grandi. Bisognava chiedere scusa dopo il derby più brutto della storia recente. E nessuno lo ha fatto, almeno in società. Bisogna oggi chiedere scusa o comunque almeno spiegare quello che è accaduto ieri sera. Dentro, fuori e intorno al campo. E non bastano le parole poco convinte di Fonseca. Non bastano più. Bisogna far calare il velo della riservatezza che ha avvolto la nuova Roma di Houston, quella che ha pagato i debiti e che forse proprio per questo avrebbe più diritto e dovere di altri di parlare. Il basso profilo, lo stile, la privacy sono sacre. Soprattutto dopo anni di eccessivi slogan. Ma ci sono momenti in cui bisogna far sentire il peso della propria voce, il rassicurante rumore delle corde vocali di un padrone sempre presente. Ma che non si è ancora presentato a chi ora ha bisogno di lui. I tifosi della Roma. E poi poter dire: “Parla poco, ma quando parla...”. Il calcio è una cosa seria, soprattutto da queste parti. A volte troppo forse, ma questo è. E dopo quello che è accaduto in questi mesi tra il caso Diawara e il pasticcio dei sei cambi è tempo di parlare (magari poco) e di agire. Possibilmente in fretta.