news as roma

Franco Baldini e la Roma, un’avventura tra passato e futuro

(di Mirko Porcari) Un’avventura, di quelle vere, tale da lasciare strascichi polemici e clamorosi ritorni: c’è tutto nella storia d’amore tra Franco Baldini e la Roma, un’infatuazione divenuta presto passione, un lavoro trasformato in...

Redazione

(di Mirko Porcari) Un’avventura, di quelle vere, tale da lasciare strascichi polemici e clamorosi ritorni: c’è tutto nella storia d’amore tra Franco Baldini e la Roma, un’infatuazione divenuta presto passione, un lavoro trasformato in ragione di vita prima di essere cancellato dal corso degli eventi.

Anno 1999, la squadra giallorossa inizia a pensare in grande: sono finiti gli anni della “Rometta”, di un calcio spettacolo che porta tanti applausi ma pochi risultati, la svolta sportiva avviene dall’alto. Una simbiosi, cervello unico in tre teste per un progetto da mille e una notte: Franco Sensi è stufo, dopo troppi esperimenti (la transizione di Carlo Mazzone, l’abbaglio per Carlos Bianchi e l’utopia zemaniana) è arrivata l’ora di andare sul sicuro. La scelta, fisiologia, ricade su Fabio Capello, secondo elemento dell’immaginario trio delle meraviglie.

Il terzo, non meno importante, è proprio Franco Baldini, entrato nel mondo Roma in punta di piedi e cresciuto nel cuore come nell’anima: c’è tempo per fare, per pensare, per agire, inutile soffermarsi subito sugli aspetti esterni, quello che conta è costruire una squadra che possa competere con le grandi potenze del Nord. Prima sportivamente, poi a livello politico. E’ il grande sogno, a cavallo tra la perseveranza di Don Chisciotte e la dialettica dei migliori statisti: sul campo, la squadra vola, dopo aver morso il freno per lo scudetto biancoceleste, l’estate del 2000 vede un mercato all’insegna dei colori giallorossi. Nomi altisonanti come quelli di Gabriel Batistuta e Emerson affiancati dalla scoperta Samuel e da comprimari di sicuro rendimento: funziona la collaborazione tra Fabrizio Lucchesi (allora direttore generale) e Baldini, direttore sportivo rampante e competente.

Sensi è il mecenate, Capello il braccio “armato”, Baldini l’ombra pensante: è l’apice di tutto, di un lavoro collettivo fatto di spese folli e vittorie storiche, un viaggio verso il terzo scudetto che consacra la visione del trio. La Roma, adesso, ha trovato la sua dimensione: il tricolore afferma che anche nella Capitale si possono ottenere dei risultati, una condizione che porta ad un inasprimento del conflitto ideologico tra le diverse realtà calcistiche. Franco Sensi, però, non è più solo: nel corso degli anni aveva provato a far aprire gli occhi a molti suoi colleghi, trovando spesso porte chiuse (vedi i vari Cragnotti e Tanzi) e censurabili voltafaccia (Moratti docet). Adesso c’è Franco Baldini e lo scontro avviene in campo aperto: i giornali vanno a nozze, ogni riunione di Lega, qualsiasi incontro più o meno ufficiale diventa il teatro di liti verbali o accuse sibilanti. Nel mirino ci sono i soliti, quel gotha del calcio incarnato da Luciano Moggi e la triade juventina, spalleggiati dagli interessi di Adriano Galliani: Calciopoli è ancora lontana, i tribunali e le penalizzazioni sono solo un’immagine viva nella testa di chi è pronto a dare battaglia.

Il rovescio della medaglia, nella povere del caos ai vertici, è una squadra che stenta a ripetersi: tra bis sfiorati e opinabili ammutinamenti (prima della Supercoppa Italiana contro la Fiorentina i calciatori giallorossi, capitanati da Damiano Tommasi, batterono cassa per i premi scudetto con la minaccia di non scendere in campo) la parabola inizia la sua fase calante. Gli anni immediatamente successivi allo scudetto sono segnati dalla malattia del presidente e da una situazione di assoluto empasse in seno alla società: cominciano ad intravedersi crepe sul piano economico, gli sforzi per allestire una compagine di prima fascia chiedono il conto inesorabilmente, impedendo il ripetersi di campagne acquisti da applausi. L’ultimo colpo, in puro stile thrilling, è Christian Chivu: arrivato a Roma dopo un blitz ad Amsterdam del direttore sportivo (18 milioni di Euro e nessuna sensazione di “ripiego” dopo lo sfumato assalto al brasiliano Lucio), è l’ultimo bagliore prima del periodo di austerity imposto dalle casse semi-vuote.

Il campionato, l’ultimo con Fabio Capello alla guida, riparte. Negli occhi ci sono ancora gli errori arbitrali della stagione precedente, a nulla serve l’ammenda postuma di Bergamo e Pairetto, i designatori che ammetteranno “danni effettivi per i giallorossi”: il mondo romanista si sente accerchiato, è grande la sensazione di impotenza di fronte al ripetersi sistematico di atteggiamenti quantomeno sospetti. E’ lo scotto da pagare per chi ha provato ad alzare la testa ed è grande l’orgoglio di chi, credendoci prima e guardando poi al futuro, ha sostenuto la causa politica romanista con la stessa passione di quella calcistica. Le battaglie di Sensi e Baldini sono quelle di un popolo, milioni di tifosi vessati da anni di ingiustizie malcelate e stanchi dei soliti giochi di potere.

Ricordi. E parole. Rimane questo e poco altro, immagini da cartolina di due uomini diversi nello spirito ma vicini nell’istinto: è una cronistoria a colori che dipinge il percorso dall’inizio alla fine, dalle sfuriate del presidente in diretta tv agli abbracci di circostanza per la chiusura delle ostilità.

Ed è qui che Baldini e la Roma si separano: l’inversione di rotta è quasi inevitabile, il compromesso è dietro l’angolo con le basi gettate da Franco Sensi in un’ottobrata romana (all’Hilton, durante un incontro tra i massimi esponenti del calcio italiano, Moggi sotterra l’ascia di guerra giurando che “non ho mai voluto il male della Roma”) e consolidata dalle scelte di Rosella Sensi. La figura di Baldini, nel computo della neonata filosofia, risulta fuori luogo: la pace è fatta, la Roma si schiera. Mentre si consuma il dramma familiare, la società passa di padre in figlia per un futuro che si preannuncia lontano dal fronte: dopo l’ecatombe di allenatori dovuta alla confusione per la fuga di Fabio Capello, Baldini dice basta.

Nel freddo di marzo del 2005, il comunicato della società diventa lo specchio di come i rapporti, nel tempo, si siano deteriorati fino a diventare una convivenza insostenibile: “L’A.S. Roma S.p.A. comunica di aver ricevuto in data odierna le dimissioni presentate dal Sig. Franco Baldini, dalla carica di Consulente di mercato della Società. L’A.S. Roma desidera ringraziare il Sig. Baldini del lavoro sin d’ora svolto per la Società e del contributo dato. Nel prendere atto di tali dimissioni, l’A.S. Roma precisa che le stesse, presentate a tre mesi dalla scadenza del relativo contratto, non incidono nell’implementazione del proprio progetto aziendale, che continuerà nell’ottica della valorizzazione del proprio parco calciatori, e con l’obiettivo di mantenere un elevato livello tecnico della squadra per essere competitivi in Italia ed in Europa. La Società, pertanto, prosegue nel proprio percorso avvalendosi delle professionalità del proprio management al fine di raggiungere gli obiettivi sportivi ed aziendali preposti.”

In poche righe c’è la retrocessione dell’incarico, quel “consulente di mercato” che rappresenta il colpo di spugna a sei anni di matrimonio. Il resto è storia, un legame che si stringe con Capello e una vita che si intreccia a doppio filo: dove va il tecnico di Pieris, ecco Baldini, che sia Madrid o l’Inghilterra ha poca importanza, quello che conta è il tentativo di costruire qualcosa di importante.

Il presente è il 18 ottobre, giorno in cui il destino dell’ormai ex consulente della Federazione inglese abbraccerà di nuovo i colori giallorossi: ci sono tante cose da sistemare e tanto tempo da recuperare, un futuro che parla americano e che, per forza di cose, dovrà iniziare da un incontro chiarificatore con Francesco Totti.