(Il Romanista - G.Dell'Artri) - "Io sono ancora qua... Al Diavolo non si vende". E nemmeno all’Inter, o al Real Madrid, o al Barcellona, a nessuno. "Col cuore che batte più forte..."Francesco Totti e Alessandro Del Piero sono ancora qua. Eh già.
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Francesco e Alex: la sfida infinita
(Il Romanista – G.Dell’Artri) – “Io sono ancora qua… Al Diavolo non si vende”. E nemmeno all’Inter, o al Real Madrid, o al Barcellona, a nessuno. “Col cuore che batte più forte…” Francesco...
Parafrasandolo, l’ultimo successo di Vasco Rossi lo si può dedicare a loro due che tra tre giorni – il tempo per risorgere un’altra volta – si rigiocano ancora l’eternità di Roma-Juventus, la loro partita perché senza non ce n’è. Siamo ai classici. Stiamo ai Vasco, appunto, ai Led Zeppelin, ai Pink Floyd, ai Promessi sposi che si sono sposati e non hanno avuto eredi. Uno con la Roma – l’unica cosa che ci frega – l’altro in bianconero. Totti e Del Piero sono perlomeno anche una riflessione sul calcio italiano: dal 28 marzo 1993, da quando – felice anniversario di questi giorni – Totti ha cominciato a giocare per sempre con la Roma, a domenica e oltre, in Italia – nel Mondo e in Europa – non è nato nessuno di più forte. Sono passati centomila minuti di partite di serie A, da una parte dall’altra, 568 gol totali in due, 1364 presenze, sempre in due, e soltanto in campionato, qualche migliaia di passaggi, 383 gol, 2281 tiri di Totti, 6135 giocate utili di Totti (sicuramente un po’ meno per Del Piero), 939 colpi di tacco di Francesco (fonte www.francescototti.com), 131 assist, 1249 rifiniture e un attimo di infinità ogni volta. Non c’era manco il telefonino, sono passati e ripassati una decina di governi, troppe guerre, hanno buttato via le lire e soprattutto i gettoni del telefono, sono cambiati gli Stati è cambiato il mondo ma Roma-Juventus ha la stessa simmetria di sempre, il medesino asse attorno al quale gira il calcio italiano da quasi vent’anni a questa parte, due numeri 10, rivali sempre e – per tutto questo – nemici mai.
Totti e Del Piero non possono odiarsi malgrado siano i volti – definitivi – di squadre divise da un fiero sacrosanto odio sportivo, non solo per l’educazione, la stima che campioni simili non possono non nutrire vicendevolmente, non solo per la classe e l’affezione alla sfida, ma semplicemente perché – con Maldini che è sparito sotto al tunnel di San Siro proprio dopo una partita con la Roma – loro due sono gli unici sopravvissuti di un calcio che già all’epoca cominciava a non esserci più. Due residui di un tempo mitico. Gli inquilini di un vecchio condominio a porte aperte. Stiamo ai supplementari di quel tempo. Ai rigori a oltranza. Domenica sera – se non succede niente – Totti e Del Piero si scambieranno un’altra volta i gagliardetti dandosi la mano. E sarà ogni volta come quella volta che contava, come quando sta per iniziare la partita. Il calcio. Roma-Juventus, Totti-Del Piero: «C’è un gesto che ormai da anni, da quando indosso la fascia di capitano, ripeto ogni volta prima di cominciare una partita. Fa parte del protocollo, di quei riti che accompagnano gli ultimi istanti in attesa del calcio d’inizio. Il saluto all’arbitro, lo scambio dei gagliardetti, la stretta di mano al capitano della squadra avversaria. Gesti che diventano automatici, ripetitivi, per alcuni anche scaramantici, con la testa rivolta a quello che poco dopo accadrà in campo. Se mi fermo però a pensare al valore di quei momenti, mi accorgo che non sono affatto banali. Soprattutto alla vigilia di partite come questa, quando dall’altra parte, con la fascia di capitano, c’è un giocatore come Francesco Totti». Sono – belle – parole che Del Piero proprio l’anno scorso dedicò a Francesco Totti alla vigilia della sfida di Torino. La speranza è che finisca come quella volta – 2-1 per la Roma, e pure all’ultimo minuto – anche perché la Roma non batte la Juventus – quindi Del Piero – in casa da troppo tempo. Sono parole che valevano l’anno scorso ma che varranno tra pochi giorni. Questi giorni torneranno a parlarsi Totti e Del Piero, continueranno a scambiarsi il gagliardetto, la staffetta, il testimone, senza finire la corsa, senza mai invadere la corsia dell’altro. Dietro allo stesso identico diverso vessillo: la loro maglia, la loro squadra: «Se sommiamo gli anni di carriera con la stessa maglia, sempre e soltanto la stessa maglia – disse sempre quella volta Del Piero - arriviamo a 35 anni. Una vita. Io credo che non esista il concetto di bandiera, di simbolo di una società, di una squadra, di una tifoseria, se poi non lo riempi ogni giorno di contenuti, sul campo e fuori dal campo. Per questo per me è un orgoglio avere affrontato e affrontare giocatori così. Con Francesco siamo stati compagni di squadra in Nazionale, sottolineo compagni e non rivali. Siamo molto diversi, ma abbiamo molte cose in comune. Abbiamo vinto un Mondiale insieme e quei ricordi ci legheranno per sempre. Ma soprattutto con i nostri club siamo stati, e saremo, avversari. Ecco, io penso che un campione diventi grande anche attraverso i grandi avversari che affronta. Per questo sarò felice di stringere la mano a Francesco». «Alessa’, è vero – rispose Totti -. Siamo rimasti noi le ultime bandiere del calcio italiano». Proprio così. Semplicemente. Eh già.
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