Luca Franceschi, ex preparatore atletico della Roma e responsabile del recupero infortuni, oggi consulente privato per atleti di Serie A e professionisti alle prese con stop prolungati, ha rilasciato un'intervista a La Repubblica focalizzandosi sulle fragilità del calciatore moderno, soprattutto con riferimento ai recenti infortuni di Dybala e Bailey. Di seguito uno stralcio delle sue parole:

news as roma
Franceschi (ex preparatore atletico Roma): “Oggi mancano giocatori antifragili”
Com’è possibile farsi male calciando un pallone? "È la domanda che mi fanno anche al bar: com’è possibile? Il concetto di “farsi male” è legato alla fragilità. E l’errore che commettiamo, noi preparatori in primis, è pensare che l’opposto di fragile sia forte. Non è così. Il contrario di fragile è antifragile. Essere forti significa reggere, essere antifragili significa migliorare sotto stress. È quello che ci manca oggi: abbiamo giocatori fortissimi, ma pochi davvero antifragili".
Tecnologia, prevenzione, monitoraggio: ma dove si sbaglia? "Il controllo medico è al top. I calciatori hanno équipe mediche, nutrizionisti, preparatori personali, analisi posturali, monitoraggio del sonno. Ma il punto non è più la prevenzione: è capire come far diventare un giocatore antifragile. Il calcio è cambiato. Non si gioca di più, si gioca più forte. I gesti sono a velocità altissima, lo stress cognitivo è enorme: devi pensare e reagire a trenta all’ora. Il cervello non è predisposto a questo, e il corpo si rompe".
Non forza, ma adattamento: il nuovo paradigma. "Bisogna lavorare in situazioni ad alta velocità, stimolare il gesto tecnico nel contesto reale, non solo in palestra. Fermo restando tutto ciò che già si fa — alimentazione, recupero, psicologia — serve un allenamento che abitui il corpo a gestire lo stress dell’intensità. Io sto lavorando in questa direzione con alcuni atleti: non ho la formula magica, ma vedo risultati. Il problema è collettivo, non individuale: serve che preparatori, dottori e allenatori si siedano allo stesso tavolo".
Corpi fragili: genetica o allenamento? "Ci sono atleti che per natura sono antifragili: possono giocare 45 partite l’anno e non si fanno male, a meno di traumi. Altri no. È una questione di struttura, di telaio, non di muscolo. C’è chi è una 500 che non si rompe mai e chi è una Ferrari che va a 300 ma è più delicata. Non possiamo pensare che tutti siano uguali".
50 partite a stagione: non per tutti "Esatto. Ma questo nel calcio non lo accettiamo. Le rose sono di 30 giocatori, ma quando un allenatore trova la squadra vincente, la tiene. Il giocatore forte gioca sempre. Alcuni corpi però non reggono quei carichi, e continuare a forzarli è un errore. Servono percorsi individuali, preparazioni personalizzate, anche fuori dal club: yoga, respirazione, controllo dell’ansia, monitoraggio del recupero. Tutte cose che già si fanno, ma vanno portate più in profondità".
© RIPRODUZIONE RISERVATA

