Se in Brasile un po’ tutti coccolano Neymar, considerato la stella cometa di una nazionale che sta già progettando il Mondiale del 2014, quando la Seleçao organizzerà l’evento e giocherà nel salotto di casa sua, in Argentina l’espressione più bella dell’ultima generazione si chiama Erik Lamela, un talento con lo stile e i colpi di Javier Pastore.
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Erick Lamela: la scheda
Se in Brasile un po’ tutti coccolano Neymar, considerato la stella cometa di una nazionale che sta già progettando il Mondiale del 2014, quando la Seleçao organizzerà l’evento e giocherà nel salotto di casa sua, in Argentina...
Anche il trequartista del River Plate, come Neymar, attaccante del Santos, è nato nel 1992. Stessa età, stessa parabola. Lamela è uscito dal guscio nell’ultimo anno, si è guadagnato copertine e popolarità, dominando i pensieri di tanti dirigenti stranieri. Ma la sua storia, come raccontano i giornalisti di Buenos Aires, è quella di un predestinato. IL TENTATIVO - Il primo club a notarlo era stato il Barcellona nel 2004, durante il torneo giovanile “Arousa”, svolto in Galizia: i dirigenti blaugrana provarono a tesserarlo e a convincere i genitori di Erik, il papà Josè e la mamma Miriam, offrendo loro centomila euro e un impiego, ma il tentativo andò a vuoto. Lamela aveva dodici anni: il River Plate riuscì a blindarlo promettendo alla sua famiglia il venti per cento dei soldi che avrebbe incassato dalla futura cessione del ragazzo. Un accordo sancito dai legali. E ora, quel giorno, sembra sempre più vicino. Era stato il Milan, durante l’inverno, a farsi avanti per Lamela. Braida lo aveva segnalato a Galliani. Poi si erano mosse la Juventus e l’Inter. Ora in prima fila c’è la Roma di Thomas DiBenedetto, pronta a chiudere con il River Plate: il direttore sportivo Sabatini ha impostato la trattativa e si prepara a chiudere il cerchio. Ma a seguire gli sviluppi c’è anche il Napoli, intenzionato ad approfittare di un’eventuale battuta d’arresto nel discorso avviato dai giallorossi con il River Plate. APPLAUSI IN NAZIONALE - Lamela ha già esordito nella nazionale argentina: lo scorso 25 maggio ha dato spettacolo nell’amichevole vinta per 4-2 contro il Paraguay. Non ha segnato, ma all’inizio del secondo tempo ha colpito una traversa con una parabola piena d’effetto. Il ct Sergio Batista aveva in mente di rimetterlo in pista anche durante la Coppa America, che scatterà il primo luglio e sarà ospitata proprio dal Paese di Diego Maradona, ma alla fine ha preferito puntare su gente più esperta. Una piccola delusione per Lamela, che si sente maturo per entrare nel circuito del calcio europeo, anche se nella sua carta d’identità con il River Plate figurano trenta di partite di campionato e tre gol. Ha debuttato nel Torneo di Clausura il 14 giugno del 2009 contro il Tigre e ha segnato la prima rete il 5 dicembre del 2010 contro il Colon. In poco tempo si è preso le copertine, alimentando i rimpianti del Barcellona, che avrebbe voluto portarlo da bambino in Spagna come aveva già fatto in precedenza con quel fenomeno di Lionel Messi, scoperto da Carles Rexach - tecnico blaugrana - nel vivaio del Newell’s Old Boys. Lamela gioca alle spalle degli attaccanti, oppure sulla fascia sinistra in un 4-2-3-1. E' in grado di spostare gli equilibri di una partita con le sue accelerazioni improvvise, con i suoi cambi di direzione, con le sue finte. Salta l'uomo e inventa, ha velocità di gambe e di pensiero: somiglia a Javier Pastore, arrivato a Palermo nel 2009 dall'Huracan proprio grazie una brillante intuizione di Sabatini, che lo pagò quattro milioni e settecentomila euro. LA STORIA - Ha iniziato nella scuola-calcio del Pedro Lozano di Villa Devoto, uno dei quarantotto quartieri di Buenos Aires. Il Pedro Lozano è un centro di addestramento molto apprezzato a quelle latitudini. Lamela è stato individuato dal River Plate all’età di sette anni, ma prima di firmare con il club argentino (33 scudetti) si era divertito in altre piccole società dilettantistiche: il Crystale, il Santa Rita, l’Estrella Maldonado, la Juventud Devoto, il Boulogne, il Savio 80 e il Punto de Encuentro. La sua favola comincia il 4 marzo del 1992 a Carapachay, provincia di Buenos Aires. I genitori si chiamano Josè e Miriam. Ha due fratelli: il maggiore è Brian, 23 anni; il più piccolo, Axel, ne ha 15. Il papà, seguendo una tradizione di famiglia, ha fatto il panettiere e ancora oggi gestisce quel forno che in passato era stato creato da Manuel Lamela, il nonno del numero dieci che piace alla Roma. Leonardo Astrada è stato uno dei tecnici più importanti nella sua crescita: ha seguito Lamela dal 2004 al 2005. Astrada è un ex mediano-regista con oltre 300 presenze nel River Plate: adesso ha 40 anni e guida il Cerro Porteño (Paraguay), che ha appena sfiorato l’ingresso alla finale della Coppa Libertadores, eliminato dal Santos di Neymar. IL RETROSCENA - Lamela è diventato l’oro del club di Buenos Aires anche grazie all’intuito di Oscar Videla Arias, che in passato aveva presieduto la “Comision de futbeol Infantil del River”: era lui il responsabile del vivaio dei “Millonarios”, quando il Barcellona si fece avanti. Videla Arias frenò le manovra della società spagnola: blindò nel 2004 il cartellino di Lamela, dopo una lunga opera di mediazione con i genitori di Erik. Inutile il pressing del club catalano, che in quel periodo era guidato dal presidente Joan Laporta, avvocato, rimasto poi al comando fino al 2010 e artefice dell’arrivo di Pep Guardiola sulla panchina blaugrana. LE CARATTERISTICHE - E’ elegante e travolgente: quando parte in profondità ricorda Pastore. Lamela è alto un metro e 83 per un peso- forma di 70 chili. Ha una straordinaria padronanza tecnica. E’ geniale, intelligente, rapido, ma ha imparato a mettersi al servizio della squadra, assimilando esigenze e priorità tattiche. Nel River Plate è libero di inventare, giostra alle spalle degli attaccanti, oppure trova il suo binario sulla fascia sinistra, però si sforza di ragionare in funzione del collettivo. Regala i colpi magistrali, ma senza eccessi: può muoversi da trequartista puro in un centrocampo a rombo, così come riesce a partire da esterno in un 4-4-2 oppure in un 4-2-3-1. Non soffre le marcature strette, sfugge a chi lo controlla e si accentra per arrivare al tiro o per servire le punte. IL NUOVO IDOLO - Con i suoi dribbling ha stregato i tifosi del “Monumental”, il regno del River Plate. Corsa, genialità e resistenza. Protegge bene il pallone. Ha un sinistro speciale, ma anche con il piede destro ha mostrato un’invidiabile proprietà di controllo. E' veloce, furbo, istintivo, con i suoi cambi di direzione diventa imprevedibile. Ha grinta e temperamento. Deve lavorare per limitare i cali di tensione che appartengono da sempre alla razza dei numeri dieci. LANCIATO DA GOROSITO - E’ stato sempre accompagnato da giudizi favorevoli. Lamela è un po’ la mascotte di un River Plate che l’ha cresciuto, protetto e valorizzato. A farlo debuttare nel Torneo di Clausura è stato l’allenatore Nestor Gorosito. Era il 13 giugno del 2009: River Plate-Tigre (3-1). Lamela aveva diciassette anni e tre mesi: entrò in campo a dieci minuti dalla fine al posto del centrocampista Robert Flores, passaporto uruguaiano. Sempre con Gorosito in panchina, nel Torneo di Apertura, Lamela ha collezionato il secondo gettone di presenza nel River Plate: 0-1 con l'Arsenal di Sarandì. Tredici minuti in sostituzione di Daniel Villalva. Fra i suoi estimatori, da sempre, c’è anche Daniel Passarella, che dopo aver fatto il giocatore e l’allenatore del River Plate, adesso è il presidente dei “Millonarios”. I SUOI TRE GOL - Lamela è la faccia nuova del River Plate e dell’Argentina. Salutato Gorosito, il trequartista ha proseguito il suo processo di crescita nel River Plate con l’arrivo in panchina del tecnico Angel Cappa. E qui c’è un’altra analogia con Pastore, visto che proprio Cappa aveva puntato sul rosanero ai tempi dell’Huracan. Tredici gare nel Torneo di Apertura per Lamela. La prima presenza da titolare risale al 27 settembre del 2010 contro il Quilmes (1-1). Due i gol nell’Apertura: pallonetto morbido di destro contro il Colon (2-1), con il portiere Diego Pozo in uscita, fra gli applausi di Cappa; cross dal fondo di Roberto Pereyra e deviazione di esterno sinistro nell’area piccola contro il Lanus (4-1), in un River Plate che nel fr
attempo aveva assunto come tecnico Juan Josè Lopez. Elogi e divertimento anche nel Clausura, ormai giunto alle ultime battute: quattordici gare e un gol per Lamela, a segno con un elegante tocco di sinistro durante la sfida con l’Huracan. Ora la Roma vuole portarlo in Italia, chiudendo un’operazione che nel 2004 era stata soltanto sfiorata dal Barcellona. Lamela aveva incantato nel torneo “Arousa”, trascinando i baby del River Plate al trionfo nella finale contro il Valencia, terminata 5-1 per gli argentini. Lamela fu il grande protagonista di quella manifestazione e tornò a Buenos Aires con il premio di miglior giocatore.
Stefano Chioffi (corrieredellosport.it) 06/06/11
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