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Roma, da Budapest a Porto non è cambiato nulla. Ora i Friedkin non ripetano l’errore

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Perché dopo Budapest il silenzio dei Friedkin e della società fu doloroso più dell’errore arbitrale stesso. In fondo quando si subisce un torto ci si aspetta almeno la carezza di mamma e papà. E invece niente. Mourinho rimase solo.
Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 

Ci è sembrato di vedere Mourinho. Senza la voce dolce di Titti però. Lo sfogo di Claudio Ranieri dopo la partita col Porto è stato un toccasana per una piazza che si stava ammorbidendo troppo su corde che non appartengono al tifo romanista. Sor Claudio (meglio di Sir in certi casi) invece ci ha riportato lì dove ci aveva lasciato lo Special One a Budapest. Con quella voglia di avere qualcuno che rappresentasse lo sdegno e la rabbia per l’ennesimo trattamento arbitrale da schiaffi. Che difendesse il diritto a vincere o perdere in base a meriti o demeriti sul campo. Perché quando si contano semifinali e finali europee della Roma bisognerebbe anche ricordare quanto è stato tolto: dai rigori negati col Liverpool nel 2018 allo scempio di Taylor a Budapest per finire alla psicosi da cartellino di Stieler col Porto. In mezzo tanti piccoli, grandi sgarbi (uno proprio ad Oporto nel 2019). Privazioni di godimenti meritati. Anche per una Roma che non è più grande come un tempo. Anche a quelle furono scippati scudetti e coppe. Ora però non si ripeta il più odioso degli errori: quello di lasciare solo Ranieri. Perché dopo Budapest il silenzio dei Friedkin e della società fu doloroso più dell’errore arbitrale stesso. In fondo quando si subisce un torto ci si aspetta almeno la carezza di mamma e papà. E invece niente. Mourinho rimase solo. 

L’obiettivo è sempre lo stesso: l’Uefa e Rosetti. E chi se ne frega degli accordi per il Fair Play finanziario (che peraltro castra quasi sempre e solo la Roma) o dei rapporti con i vertici. Ranieri ha mandato un messaggio chiaro: “Perché designare arbitri così?”. Come Stieler, come Taylor, come Garcia Aranda, come van der Ende, come Spirin, come Skomina, come Fredriksson. Ma anche come lo stesso Rosetti (i precedenti sono così tanti che meritano un articolo a parte, lo leggerete in queste ore). Un tempo se lo domandavano anche i presidenti. Pretendevano una risposta. Magari non arrivava, ma in silenzio non ci stavano di certo. Ora che le staffe le ha perse anche un Lord come Ranieri qualcuno nel Texas si facesse qualche domanda. Non era matto Mourinho e non lo erano nemmeno i tifosi. La Roma va rispettata, al netto del fatto che sia grande oppure no.