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Juric, l’elogio della mediocrità non ce lo meritiamo

Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 
Basta subire anche l’umiliazione della mediocrità. Basta farsi trattare da coglionazzi, appunto. La Roma non è il Verona, né il Genoa o il Crotone

Ivan, no. Così è terribile. Fino ad ora Juric era stato criticato, ma pur sempre rispettato. In fondo è arrivato in una Trigoria più grande di lui da solo, senza dirigenti di un certo livello e con una squadra ancora attaccata alla manica della giacca di De Rossi come fa un bambino lasciato a scuola il primo giorno di elementari. È sembrato fin da subito in difficoltà, Ivan. E in quei momenti i tifosi della Roma si mettono dalla parte del più “debole”. Giustamente. Fischiando i senatori che si pensano depositari di verità e invece non giocherebbero titolari in nessun club di livello, criticando una società assente, sconclusionata e fragile, prendendosela anche con il mondo intero. Ieri però si è oltrepassato il limite. Non per il 3-2 subito a Verona, ultima (per ora) figuraccia di un 2024 orribile. Nemmeno per i cambi sconclusionati nella ripresa o la scelta di far giocare ancora Angelino come braccetto lasciando a Zalewski la possibilità di rovinare l’ennesima domenica e ad Hummels la possibilità di esplorare un’altra panchina di questa mediocre serie A. Ma, nel post partita, al decimo aggettivo superlativo, tra un “partita pazzesca” e “atteggiamento bellissimo” ci siamo ritrovati come Paolo Villaggio in Fantozzi al 38° coglionazzo nella storica partita di biliardo contro il conte Catelanni. Basta subire anche l’umiliazione della mediocrità. Basta farsi trattare da coglionazzi, appunto. La Roma non è il Verona, né il Genoa o il Crotone.

Perdere e giocare meglio del solito, ma comunque perdere. Per 3-2 contro una squadra condannata alla B è una vergogna, farlo dopo un 5-1 subito a Firenze un’umiliazione, arrivarci dopo una sconfitta con l’Elfsborg una frustrazione intollerabile. Non c’è aggettivo positivo che possa accompagnare risultati del genere, sono stati digeriti a fatica dopo un 1-0 su rigore alla Dinamo Kiev. Perché una vittoria, in fondo, è sempre una vittoria. Ma ieri no. Meglio il silenzio, quello che Juric decide di non esercitare come suo diritto di allenatore in difficoltà. E invece Ivan parla ogni 3 giorni, lasciando intendere a una tifoseria che ha avuto in panchina gente come Capello, Mourinho, Liedholm, Spalletti, Ranieri o Eriksson che tutto va bene. Che siamo in Paradiso, che abbiamo visto partite incredibili, che la strada è quella giusta, che i giocatori stanno amando il suo calcio. Una realtà parallela, un metaverso in cui la Roma diventa il Verona e il Verona diventa la Roma. Quindi si deve essere felici, perché in fondo senza la boiata di Zalewski o l’errore arbitrale forse avremmo vinto. Forse, perché i presupposti non sembravano comunque quelli. No, questo no Ivan. Non possiamo permetterlo nemmeno a un uomo in difficoltà. Perché ora in difficoltà è la Roma stessa, e quella viene prima di tutti, e di tutto.