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Gasp, l’antipatico non integralista di cui aveva bisogno la Roma

Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 
Un lavoro fin qui da applausi che ha cancellato i brusii di chi vorrebbe simpatia o tradizione in panchina

C’è un vento del Nord che soffia soave sulle colline di Trigoria, sui tetti di una Roma che è sul tetto più alto d’Italia. E ci resterà almeno un paio di settimane. Ha quella brezza di sana antipatia sportiva tramutata in pochi mesi in appropriata e salutare arroganza. Gian Piero Gasperini fino a 5-6 mesi fa era considerato un nemico, forse il più detestabile se non fosse per il solo fatto (ma non lo era) che l’Atalanta ha occupato quel posto di Champions che qui manca da un po’. È troppo presto per dire se la Roma tornerà a giocare la competizione che più si addice a questa tifoseria, ma non è tardi per riconoscere i meriti di Gasp in una squadra che non ha la profondità del Napoli o il fiato lungo del Milan (senza coppe). Che non ha la struttura decennale dell’Inter o la varietà offensiva della Juve. Ma che è lì, in vetta e con un calendario che non è stato affatto facile: Bologna, derby e Firenze. In mezzo due sfide con Nizza e Lille (ieri ha imposto il pari al Psg) e qualche infortunio di troppo. Ma questo fa parte del gioco. Non faceva parte dei pronostici, invece, vedere la Roma in quella posizione in un anno che è stato giustamente definito di prima costruzione.

Gasperini ha chiesto maggiore peso offensivo, ne ha ricavato poco dal mercato. Poteva insistere su un metodo, ha cambiato ricetta dimostrando intelligenza e umiltà ma senza perdere il gusto di ribadire cosa farebbe davvero grande la Roma. Non si è mostrato integralista, una parola che oggi ha più accezioni negative che positive. Ha comunicato in modo chiaro, ha rigenerato giocatori che il club aveva praticamente venduto (Pellegrini l’esempio più lampante), ha buttato nel cestino la torta della nonna che impediva di vincere in trasferta,  ha rispettato l’onda lunga del lavoro di Ranieri ovviamente mettendoci tanto del suo. Un lavoro fin qui da applausi che ha cancellato i brusii di chi vorrebbe simpatia o tradizione in panchina. E invece la storia ci insegna che chi viene dal Nord a Roma spesso fa bene. Era successo con Liedholm (e qui parliamo di Nord Europa) e con Capello. Epoche diverse, rose decisamente diverse. Ma l’acquisto Gasp può valere più di un bomber o di un’ala. Ora diamogli e dategli ascolto.