“Nessuno è più importante della Roma”. Ripartiamo da qui perché è una verità inconfutabile. É un po’ come dire “la mamma è sempre la mamma” o “in Italia si mangia bene”. Banalità? No, semplici verità. E visto che siamo nel campo di ciò che è inconfutabile ci chiediamo in quale galassia o mondo parallelo Nicola Zalewski possa essere preferito tecnicamente a Paulo Dybala. Potremmo consultare maestri dell’occulto o complottisti, ma sarebbe tempo perso. É come se Martin Scorsese scegliesse Siani e non De Niro per il prossimo film oppure se Mogol avesse deciso di far cantare i suoi brani a Francesco Salvi e non a Lucio Battisti. A prescindere da schemi tattici o idee di gioco. Quindi l’esclusione di Dybala è dettata da motivi di mercato, e fin qui non vi sveliamo il terzo segreto di Fatima (più avanti cercheremo di capire come ci si può rinforzare cedendo un campione). Difficile parlare chiaro a volte, i ruoli richiedono altro e questo è comprensibile. Andiamo oltre quel concetto di “scelta tecnica” espresso da Daniele De Rossi rifinito nel tritacarne di insulti social. Per lui sarebbe stato più conveniente glissare, in fondo lo fanno in tanti. Ci ha messo la faccia, anche se sembrava già in partenza una causa persa. Perché che alla fine Dybala potesse diventare per l’ennesima volta il salvatore della patria non era nemmeno quotato. Non è successo per un centimetro e mezzo, quello che si è messo tra Dovbyk e la rete. Quello che si è messo tra le favole e la realtà, spesso beffarda. Così come non era quotato l’ennesimo flop di Zalewski, uno di quei giocatori richiamato di corsa dentro casa dopo aver passato mesi sull’uscio di un mercato in uscita che non decolla davvero. E qui arriviamo al secondo punto. Perché vendere Dybala? Se ne raccontano tante, parlarne ancora serve a poco così come servirebbe a poco riempire un’altra pagina di retorica basata sull’amore e i sentimenti. Abbiamo capito che non è aria.
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Dybala-Roma, la scelta tecnica migliore è correre ancora insieme
Dybala è ai margini della Roma dopo esserne stato il fulcro totale: a livello sportivo, di marketing, di immagine e di affetti. È il volto della Roma, l’unico spendibile a livello internazionale dopo l’addio di Mourinho e Lukaku. Da quella notte al Colosseo quadrato a quella di Budapest, dal gol a tempo scaduto al Feyenoord a quello col Milan in Europa. Ma anche per i numeri: senza gol e assist di Paulo la Roma sarebbe finita al 12° posto. Matematica, non opinioni. Poi ci sono stati anche giorni di “rosicamento”. Perché magari i denti potevano essere stretti un po’ di più, perché a Bergamo o Leverkusen il talento della Joya serviva eccome. Discorsi che una grande squadra deve fare come disse anche Totti. Il campione per eccellenza, al quale venne fatto lo stesso discorso: "La Roma viene prima di tutto". Si è visto poi. Ma la Roma oggi è davvero una grande squadra? La partita di eri a Cagliari dice di no, ma in fondo bastava vedere gli ultimi piazzamenti in campionato. In questo momento può permettersi di rinunciare al Campione? Dybala deve essere venduto, e questo è un fatto che lo stesso De Rossi ha dovuto accettare. Dybala non vuole essere venduto, e questa è l'unica verità che sentiamo di non poter nascondere. Si può fare ancora qualcosa, ma non verrà fatto. Quindi si passa al piano B. “Sono spaventato da un futuro senza Paulo se non dovesse arrivare un sostituto”. Perché dalla cessione di Dybala passa l’ultimo capitolo del mercato romanista. Perché non si è riusciti a fare cassa coi vari Abraham, Smalling, Karsdorp. Ma nemmeno con Pellegrini o Cristante. Ci sono però sostituti e sostituti. Se il Napoli ha perso Mertens e Koulibaly, va detto che era una rosa già forte che arrivava da un terzo posto. Quando la Juve vendette Zidane arrivarono Buffon, Nedved e Thuram. E torniamo su galassie e mondi paralleli: Boga non può essere messo nemmeno nello stesso quartiere di Paulo, figuriamoci sullo stesso piano. Zhegrova lo stesso. Se il sacrificio Dybala deve essere fatto che ne valga la pena. E non solo per il bilancio. Oppure l'unica scelta tecnica sensata porta a una sola soluzione: tenerlo ancora a Roma. In attesa di diventare davvero grandi.
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