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EDITORIALI

Dybala, l’ultimo bacio di una Joya incompleta 

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Perché oggi il tifoso della Roma si sente tradito, a prescindere da chi sia la responsabilità. Perché colpevoli sono un po’ tutti per come è finita questa storia. Per quel mancato “No” che poteva cambiare il corso degli eventi
Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 

«Amor ch'a nullo amato amar perdona». In questi casi si può ricorrere al Sommo. Perché si parla di sentimenti alti, di sogni e di storia. Quella che Paulo Dybala ha comunque firmato, anche se non c’è stato un lieto fine. Non c’è stato a Budapest, non c’è oggi in questa sera di fine agosto che lascia più malinconia di un’ultima pioggia d’estate prima del tramonto al termine di una vacanza in cui ci si è divertiti parecchio. Ma si parla anche di dannazione, perché oggi così come Paolo e Francesca ci si sente un po’ all’inferno. Le gocce si mischiano così alle lacrime, quelle della maledetta notte contro il Siviglia quando la Joya poteva mettersi al fianco di Re illustri come Totti o Falcao. Nelle favole però ci sono anche i mostri. E Taylor ha tramutato la fiaba in un film horror. Le lacrime di Paulo erano le nostre, la voglia di rivalsa pure. Non ci sarà però, così come non c’è stata per Mourinho. Perché la storia di Dybala con la Roma è già finita con quell’ultimo bacio appena sfiorato: la palla per la testa di Dovbyk a Cagliari che poteva almeno regalare quel maledetto lieto fine. La corsa al colpevole porta a tramutare la tristezza in rabbia, e i tifosi possono permetterselo. Anzi, devono farlo. Perché all’Olimpico domenica ci saranno tante maglie con la maglia numero 21. Perché tanti papà hanno dovuto spiegare ai figli perché Dybala se ne è andato in Arabia Saudita, in un posto così lontano dal Colosseo. Le motivazioni non sono facili: gli infortuni, il taglio degli stipendi, le caratteristiche tattiche. La verità è che Dybala è stato il giocatore più decisivo della Roma nelle ultime due stagioni. In campo e fuori.

E allora come spiegarlo? Non è facile per noi con qualche capello bianco, figuriamoci per chi da quella notte all’Eur ha sempre salutato gli amichetti con la Dybala Mask.  L’amore però è così. Cambia all’improvviso facendo tremare la terra sotto i piedi e indebolire il fiato in gola. Chi ha passato l’addio di Totti o De Rossi magari sarà meno scosso perchè come canta Eminem «Il cuore te lo spaccano una volta sola, dopodiché sono solo graffi». E in fondo Paulo veniva dalla Juve, non da Testaccio. Ma chi è venuto dopo avrà qualche difficoltà in più a mettere da parte quegli occhi color ghiaccio come i lupi artici. Quei tocchi magici che davano un senso al prezzo del biglietto di uno stadio sempre sold out, soprattutto per lui. “Chiodo schiaccia chiodo” o “Chiusa una porta si apre un portone” sono le frasi più ricorrenti quando si viene traditi. Perché oggi il tifoso della Roma si sente in questo modo, a prescindere da chi sia la responsabilità. Perché colpevoli sono un po’ tutti per come è finita questa storia, per un mancato “No” che poteva cambiare il corso degli eventi diventati ineluttabili i primi di agosto. Ineluttabile, come Thanos degli Avengers. Che però nel celebre film veniva sconfitto con un colpo di scena. Nessuno si è immolato stavolta.  E allora serve subito dare una scossa. Far arrivare un nuovo eroe in meno di dieci giorni è impresa che non riesce nemmeno alla Marvel. Spazio alla razionalità: servono cinque acquisti. Ma di livello per rinforzare una rosa che oggi è sicuramente meno forte. Forse così anche spiegare la fine di un amore potrebbe risultare meno difficile. Forse. Intanto "Ciao Paulo", è stato breve ma intenso. Come quelle storie d'estate che lasciano tanta malinconia.