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Dybala non pensa alla clausola: “Il mio futuro è alla Roma, voglio portarla al top”

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L'argentino si è raccontato in una lunghissima intervista, con un sogno per questa stagione: "Vincere l'Europa League? Roma diventerebbe come Buenos Aires. La passione dei tifosi giallorossi mi sta aiutando a dare il meglio"

Redazione

Paulo Dybala si è raccontato in una lunghissima intervista al quotidiano spagnolo 'Marca', parlando del suo legame con la Roma, la scintilla scoccata con Mourinho ma soprattutto del suo futuro. Tra i temi principali c'è quello della sua clausola rescissoria, che per l'estero è di appena 12 milioni di euro mentre per l'Italia sale a 20. Dybala però non ci pensa e manda un bel messaggio alla Roma: "Se ne parlerà più avanti, ma il mio futuro è qui". L'intervista integrale dell'argentino:

Lei è campione del mondo. Come è cambiata la sua vita? "Molte cose sono cambiate. Non è che ti alzi e dici: 'Sono un campione'. Ma per un calciatore aver vissuto tutto questo è qualcosa di unico e bellissimo".

A Roma sta vivendo una seconda giovinezza. Perché? "Sì è così. Tutti mi hanno accolto in modo incredibile. La passione che c'è in questa città è molto forte, giochiamo sempre con uno stadio pieno, ed è molto grande. Mi hanno fatto sentire a casa fin dal primo giorno e questo mi ha aiutato a poter dare il massimo e cercare di mantenere la Roma al top".

(Quasi) ogni volta che segna o fa assist, la Roma non perde. Cosa dicono questi dati? "Contribuire alla squadra è sempre bello. Siamo in una buona situazione, lottiamo per entrare in Champions League, e non è facile perché ci sono tanti grandi club. In Europa League non sarà facile, ma siamo molto emozionati. Spero di poter contribuire affinché la squadra continui a vincere".

Pensa che ci sia una 'dipendenza da Dybala' nella Roma? "No, no. Per avere numeri migliori ho bisogno che la squadra sia in buona forma. Non è solo questione di un giocatore. Siamo un gruppo unito che lotta per lo stesso sogno".

Mourinho è molto esigente, ma di lei ha detto: 'Con Paulo la musica è diversa'. Vi amate così tanto? "Abbiamo una buona comunicazione per confrontarci, pensare, parlare con l'altro, per sapere cosa ne pensiamo. Che un allenatore così, che ha avuto tanti giocatori importanti e ha vinto tanto, dica questo di me mi fa piacere. Mou ci aiuta molto perché facilita le nostre partite".

Qual è stato il suo primo approccio con lui? "Prima di arrivare avevo già parlato al telefono con José. Mi è piaciuto il suo modo di comunicare e il suo modo di essere, per come affronta ogni allenamento e ogni partita. Quella chiamata mi ha convinto a venire alla Roma. Ho avuto l'opportunità di giocare con i migliori al mondo e ora ho la possibilità di stare con uno dei migliori allenatori. Ne sono stato attratto, è un vincente".

Ha quasi 500 partite e più di 150 gol. Mou in cosa l'ha resa migliore? "Il suo modo di essere, il suo carattere, spesso ti aiuta a farti delle domande o ad affrontare ogni allenamento come una partita. Vede tutto come una finale, ogni partita. Al di là del rivale o della competizione, lo vive in un modo unico e mi identifico con questo. Anche io la vedo così. In questo, siamo molto simili e ci aiutiamo a vicenda".

Chi è il favorito contro la Real Sociedad? "Siamo in una situazione molto simile: lottiamo per le prime posizioni in campionato e siamo nella stessa posizione in Europa League. Entrambi abbiamo giocatori importanti che possono fare la differenza. Uno può passare e speriamo di essere noi".

Cosa attira la sua attenzione nella Real? "Ho visto le ultime partite e hanno un modo di giocare molto bello. Mi piacciono le squadre che provano a giocare, che provano a fare le cose bene. Non credo che qualcuno avrebbe messo la Real Sociedad in questa posizione all'inizio del torneo. Hanno giocatori esperti, come David Silva, che rendono le cose molto facili in campo. È un giocatore che ammiro molto e sicuramente dovremo prenderci cura di lui. Imanol, l'allenatore, crea un gioco offensivo avendo la palla, con una pressione alta per recuperare. È un calcio che mi piace guardare".

Ha qualche giocatore spagnolo o della Liga come riferimento in questi anni? "Guardo sempre la Liga perché penso che le squadre provino a giocare molto. Mi piacciono molto Gavi e Pedri, e ho sempre ammirato Iniesta. Mi piace molto quello stile di gioco. Poi ammiro Benzema per la qualità che ha, per come si muove in campo, e ultimamente Vinicius, che sta facendo le cose in maniera incredibile".

Lei è un gioiello per la Roma, ma ha una clausola molto bassa. Cosa succederà la prossima estate? "Sicuramente se ne parlerà dopo. Il mio futuro è qui, nel portare la Roma al top e penso che possiamo farcela. Cosa succederà in futuro non lo so, perché la cosa più importante adesso sono le partite".

Quanto è grande la Roma? Forse non è così conosciuta in Spagna. "Forse chi non è venuto a vedere una partita qui non la apprezza. Ma glielo consiglierei. Ci sono pochi posti dove si vive il calcio come si vive qui. In Sudamerica sicuramente ce ne sono tanti, ma in Europa no. È un vero spettacolo, i tifosi sono qualcosa di unico e se fosse per questo la Roma meriterebbe di salire su gradini più alti. Ecco perché dobbiamo fare le cose per bene e portare la Roma allo stesso livello della gente".

Riesce a immaginare di vincere l'Europa League con la Roma? "Sarebbe qualcosa di incredibile, immaginare la città, che esploderebbe... Quasi come ha fatto Buenos Aires. Se lo meriterebbero e speriamo di potergli dare questa gioia".

Torniamo ai Mondiali. Come sono stati quei secondi quando è andato a tirare il rigore dei rigori nella finale contro la Francia? "La prima cosa che mi è venuta in mente è non sbagliare, perché Coman aveva fallito il rigore prima del mio. Se lo avessi segnato, avrei dato molta fiducia alla squadra e l'energia sarebbe stata molto positiva. Già avevo preso la decisione di calciare al centro, dal momento in cui sapevo che avrei dovuto tirare. Ero molto concentrato e ho cercato di mantenere la calma. E la palla è entrata".

L'ha rivisto molte volte? "Sì, ho visto tante volte i rigori e tutta la partita. Ogni volta che lo vedo mi viene la pelle d'oca. È un'emozione averlo vissuto, essere stato in quel momento per quello che significa per il nostro Paese, per la nostra gente, che ci ha sostenuto in modo incredibile. È stato molto emozionante".

Prima aveva fatto una mossa 'maradoniana' per evitare una giocata di Mbappé che avrebbe significato la sconfitta. Ricorda? "Molti dei miei amici mi chiedono cosa facessi in quella zona, ma non lo so nemmeno io. Era istinto. Ero entrato da poco, ero pieno di energia. E ho visto che Mbappé era rivolto dentro l'area, e che era molto difficile per qualcuno mettere la gamba perché c'era il rischio di fare fallo da rigore. Mbappé era come un 'pazzo', Enzo Fernandez per fortuna ha toccato un po' la palla... E quando ero lì, non ho esitato un secondo a buttarla al 'diavolo', perché, ovviamente, se avesse continuato Mbappé c'erano buone possibilità che avrebbe calciato in porta. Anche se c'era "El Dibu" Martinez. Se non ci fosse stato lui, i francesi ci avrebbero segnato due o tre gol".

Cosa ne pensa della regola 'anti-Dibu' per evitare quei gesti da parte dei portieri? "È strano perché penso che, alla fine, questo sia un gioco e fa parte del calcio cercare di innervosire l'avversario, di infastidirlo in qualche modo. Non lo considero offensivo. Le parole possono essere offensive, quelle dovrebbero essere ben sanzionate. Ma quello che ha fatto 'El Dibu' Martinez l'ho vista una cosa come normale. Ma non importa: sicuramente troverà dei nuovi modi per infastidire gli avversari".

La sua Coppa del Mondo è stata curiosa. Non ha giocato fino alle semifinali (solo pochi minuti) e alla finale. È rimasto dispiaciuto? "Avevo bisogno di un po' di tempo per adattarmi dopo l'infortunio pre-Mondiale e nelle prime partite non ero ancora nelle migliori condizioni. Poi, ho cominciato a sentirmi bene e ho dovuto aspettare solo pochi minuti. Volevo sostenere, essere positivo, accompagnare con le migliori energie e non sembrare mai arrabbiato o frustrato per non aver giocato. Li ho solo fatti sentire come se potessero contare su di me. E così è stato: in uno dei momenti più importanti della Coppa, Scaloni si è fidato di me e io ho saputo ripagare quella fiducia segnando un rigore nella finale".

La vita va avanti. Ha già come obiettivi la Copa América 2024 e la Coppa del Mondo? "Sì, certo. Sono stato fortunato a vincere la Finalissima contro l'Italia e la Coppa del Mondo, e ho ancora la Copa America. Cerco di dare il massimo nel mio club per essere disponibile in nazionale. Manca più di un anno, ma ovviamente sono i miei obiettivi a lungo termine".

Pensa che Messi raggiungerà il 2024 con l'Albiceleste? "Sì, penso di sì. Sono fiducioso. Vogliamo che ci sia, ovviamente, è il nostro capitano, significa molto per noi e per la gente. Speriamo".

Ha notato che Messi è cresciuto anche come capitano? "Nello spogliatoio, Leo è sempre lo stesso: positivo, in dialogo con il gruppo, sincero. A volte, quando vinci o perdi, le telecamere possono vederlo in modo diverso. Il giornalismo può arrivare a parlare in un modo o nell'altro, ma lui ha sempre cercato di spingere tutti in avanti. In questi anni ci siamo potuti divertire molto perché ha vinto titoli, ha festeggiato e ci piace vederlo felice, vincere con la Nazionale, che era quello che desiderava di più".

La continuità di Scaloni come ct la rende felice? "Ovvio. Stavamo aspettando di vedere se sarebbe successo o meno, ma eravamo fiduciosi che sarebbe rimasto. Lo staff tecnico è incredibile, sono tutti ex giocatori e capiscono cosa ci sta succedendo, sanno mettersi al nostro posto. Il dialogo diventa più facile, poter dire cosa ci sta succedendo, parlare con loro, ed è più comodo lavorare e prepararsi alle partite".

Senza contare Leo Messi, chi è il più grande in Argentina nella sua stessa epoca? "L'ho sempre detto: ammiro molto Roman (Riquelma, ndc) perché è stato uno che mi ha segnato nella mia infanzia, lo guardavo molto insieme a mio padre. Quando ho giocato ho cercato di essere come lui, anche se sono mancino. La verità è che lui è quello che ho ammirato di più, quello che ho imitato di più. È incredibile per come toccava la palla. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e chiacchierare con lui, è stato qualcosa di unico perché ho potuto incontrare l'idolo della mia infanzia".

Com'è Paulo Dybala nella vita privata? "Sono molto tranquillo, mi piace stare a casa con la mia famiglia, condividere momenti con loro. Ora, giocando ogni tre giorni, viaggi molto, passi molto tempo col club per prepararti alle partite, ma io mi considero una persona naturale, calma".

Non è molto mediatico fuori dal campo. "Non sono uno che fa molte interviste o parla molto fuori dal campo. A parte una conferenza che ho dovuto fare con l'allenatore, non ricordo quando è stata l'ultima che ho fatto un'intervista (ride, ndc)".

Ma, comunque, ha circa 55 milioni di follower su Instagram. "Alla gente piace ciò che è naturale, ciò che non è così artificiale. Inoltre le persone che lavorano con me hanno fatto le cose bene, e poi ho potuto giocare con Messi, con Cristiano, lavorare con Mourinho... E altri che, nei social media, sono molto famosi. Le interazioni con questi personaggi aiutano. Sono molto grato alle persone che mi supportano. I messaggi sono sempre molto carini".

E molte followers donne. "Mi piace la moda, senza perdere di vista il mio lavoro. Cattura la mia attenzione. Ogni volta che posso andare agli eventi e ho dei giorni liberi, mi piace farlo e col tempo si è risvegliato in me qualcosa che non conoscevo. I marchi, i loro designer, mi piacciono molto. Sicuramente, quando avrò più tempo, esplorerò questo mondo in maniera più approfondita".

Vive ancora nella bolla del calcio... "Sì, siamo circondati dalle stesse persone. A volte mi sento più a mio agio nella moda perché quelle persone non mi conoscono o non sanno chi sono veramente, quindi non mi trattano come Dybala ma come Paulo. È bello uscire da quel cerchio che ci circonda per tornare a vivere quello che ero prima, quando non così tante persone mi conoscevano".