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Dybala: “La finale persa a Budapest mi ha distrutto, ero a pezzi”

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L'argentino si è raccontato a cuore aperto nel podcast della futura moglie Oriana Sabatini
Redazione

A cuore aperto. Paulo Dybala si apre in una chiacchierata con la futura moglie e, in questo caso, intervistatrice Oriana Sabatini nel suo podcast 'A donde vamos quando sonamos'. Una lunghissima one-to-one nella quale l'attaccante della Roma ha raccontato emozioni, delusioni sportive ma soprattutto private. Come la bruciante sconfitta di Budapest: "Dopo il Mondiale con l'Argentina, avevo un'altra finale molto importante da giocare con la Roma. L'abbiamo persa e questa cosa mi ha distrutto emotivamente. Ero completamente a pezzi. Non ce la facevo. Quella sconfitta mi ha colpito molto duramente. Per noi, in quel momento, sarebbe stato qualcosa di storico come vincere la Coppa del Mondo. Per la gente di Roma sarebbe stato qualcosa di unico, capite? E io ero lì da un anno. E tutti mi chiedevano: ma perché hai sentito così tanto questa sconfitta? Io non lo so. Il tempo passato insieme alla squadra, vivere la città, conoscere la gente, lo spogliatoio. Mi ha 'ucciso' aver perso quella finale. Questo è ciò che ho provato e che ho sperimentato dopo la gara col Siviglia".

C'è stato un momento in cui da bambino hai deciso che volevi fare il calciatore nella vita? "No, non c'è un momento in cui ho preso la decisione. Sono nato con il calcio, nella mia casa abbiamo sempre vissuto il calcio, lo abbiamo respirato, lo guardavamo. Ho due fratelli più grandi che sono cresciuti come me, e così mio padre e mio nonno. Tutta la famiglia. Quando ero ragazzino ero un po’ stanco del calcio, avevo 7-8 anni, volevo iniziare a giocare basket. Mi sono iscritto a una scuola di pallacanestro. Ho iniziato ad allenarmi, non sapevo niente, a casa mia non se ne parlava. Penso che fosse per la disperazione di fare qualcos'altro. Nella mia prima partita ufficiale, mi è arrivato il pallone basso e ho controllato con il piede, non mi sono chinato per afferrarlo con la mano. Allora l'allenatore mi ha detto o giochi con le mani o giochi di nuovo a calcio. Ho detto che dovevo tornare al calcio".

Perché ti eri stancato del calcio così da piccolo? "Non so se ero stanco. Penso che volessi fare qualcos'altro e mi piaceva molto il tennis ma era uno sport un po' più costoso. Il basket è come il calcio, ci sono insegnanti, i palloni te li dà il club, ti alleni con i compagni, è praticamente uguale. Ho capito che il calcio era cosa mia, ci giocavano tutti i miei amici".

Che sogno avevi? "Non ce l'avevo. Una volta sono andato a scuola d'estate, nella piscina di uno dei club dalla mia città, siamo rimasti a dormire in tenda. Avevamo acceso il fuoco, ognuno prendeva un legnetto da ardere, l'ho buttato sul fuoco e ho espresso un desiderio, avevo chiesto di essere il miglior giocatore dal mondo. Avevo 10 anni".

Generi molta felicità nelle persone grazie al tuo lavoro. "Molti altri bambini sognano di essere al mio posto. A volte mi sento in colpa per non godermelo di più. Mi è capitato in alcuni momenti della mia carriera di grande felicità, sentivo che non me lo stavo godendo. Magari dopo una partita importantissima, magari dopo che avevo fatto un gol fondamentale, la squadra festeggia, c'è felicità nello spogliatoio, io ero seduto e non sentivo niente,

A 30 anni sei giovane, ti restano ancora anni in carriera. "Ho molti altri obiettivi anche a livello calcistico. Ho altri trofei che voglio vincere, voglio segnare un certo numero di gol, voglio fare centinaia di presenze, voglio giocare un centinaio di anni. Ma ci sono molte volte in cui c'è stato un vuoto. Dopo aver vinto il Mondiale ho avuto un'altra finale molto importante con la Roma e l'abbiamo persa. Mi ha 'ucciso' ero distrutto, non ne potevo più, volevo andare a casa, non uscire più. Mi ha colpito molto duramente. Per noi in quel momento sarebbe stato qualcosa di storico, così com'era vincere la Coppa del Mondo, per il popolo di Roma sarebbe stato qualcosa di unico. Tutti mi chiedono 'come mai ti sei sentito così?' Non lo so, tutt l'anno, il vivere la città, incontrare la gente, il gruppo, mi ha ucciso aver perso quella finale. Potrebbe avermi lasciato un vuoto più grande di tutto il resto. Questo è perché ho una grande passione, mi diverto. Mi piace molto andare ad allenarmi con i miei compagni, pranzare insieme, viaggiare con la mia squadra. È normale che a volte dico 'no non ho voglia di andare ad allenarmi, ho voglia di continuare a dormire' ma io non voglio. Mi piace molto giocare e me lo sto godendo. Mi sono divertito molto prima e durante i Mondiali. Quello che voglio è divertirmi, forse a un certo punto il mio corpo mi dirà che non mi diverto più. Ora mi diverto e mi alzo ogni mattina felice di poter andare ad allenarmi. La gente pensa che è facile divertirti quando hai così tanto da fare.

Sei una delle persone più disciplinate che conosco al mondo, fai tutto quello che devi. Poi c'è qualcosa che non è come mangi, come ti alleni, ma è semplicemente il tuo corpo che dice 'no oggi non funziono, oggi dico che ti fa male la gamba'. Come fai a non arrabbiarti con te stesso e come ne esci? "Durante la mia carriera spesso sono dovuto andare dietro al mio corpo, mi sarebbe piaciuto che certe cose non mi succedessero. Faccio tutto il possibile affinché non accadano certe cose, a volte ci riesco. È normale essere arrabbiato per una situazione o avere qualche frustrazione, ma non ti resta che continuare a lavorare, o riprendere a lavorare da dove avevi interrotto o ricominciare da capo allo stesso modo. Non si può fare molto. Se fossi pigro e non facessi niente per stare meglio sarebbe un discorso, ma fa bene avere una routine sportiva, per questo a volte ti dà un po' di rabbia. A volte penso che tutto quello faccio è tutto quello che mi dà il mio corpo, se non lo facessi sarebbe peggio".