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Disastro Roma, peggio della gestione Enrique

(di Giovanni Gallo) “Di sicuro peggio non si può fare”. Quanti di voi l’hanno detto, dopo la fine dello

Redazione

(di Giovanni Gallo) “Di sicuro peggio non si può fare”. Quanti di voi l’hanno detto, dopo la fine dello scorso anno, in prospettiva futura? Tanti, tutti, di sicuro non è stato così e l’apice dell’insoddisfazione è stata toccata ieri nella partita più sentita, quella che non passa inosservata. La situazione è grave, sulla strada di quella intrapresa lo scorso anno e cioè la peggiore degli ultimi 15 anni.

NUMERI - Rivoluzione è la parola d’ordine, due anni di acquisti e cessioni. Il secondo anno di gestione americana doveva essere un continuo della precedente, almeno nel progetto, invece trentasette milioni d’euro di investimenti sul mercato e dodici nuovi giocatori sotto la cura Zeman. Si  riparte nuovamente da zero creando un paragone distinto tra le due annate (il continuum è annullato, non si è dato seguito alle indicazioni dell’anno precedente: De Rossi non è più regista, Lamela e Pjanic vivono di un protagonismo diverso). I numeri sono chiari: 17 punti in 12 partite con 5 vittorie, 2 pareggi e 5 sconfitte. I gol subiti sono 23, al pari con Chievo e Pescara a due punti dalla zona retrocessione, mentre i gol fatti sono 28; numero non rilevante fino a quando non si fa un gol in più dell’avversario in ogni singola partita (concetto tanto decantato da Zeman, ma subito ben quattro volte sempre con il risultato di 3-2 per gli avversari, ultimo il derby di ieri).

Il rendimento della gestione Enrique è superiore - calcoliamo ancora la vittoria a tavolino contro il Cagliari -, 3punti in più con 17 reti fatte e 12 subite. La differenza dei punti è minima, ma non è comprensibile per una squadra partita sotto le luci della ribalta e finita sotto la peggiore dell’ultimo quindicennio. La Lazio e la Juventus sono state affrontate mestamente come lo scorso anno, se non peggio: contro i bianconeri tre gol subiti in 19 minuti a differenza dei 29 dell’aprile scorso, stesso passivo per 4-0 e beffa maggiore dopo settimane di botta e risposta mediatici.

CAUSE - "Abbiamo sopravvalutato qualche giocatore".Le stesse parole della stagione scorsa. Prima Baldini dopo la pesante sconfitta di Lecce ad aprile (in riferimento al lato caratteriale e non tecnico, questa è la sottolineatura del Dg), poi Sabatini, dopo la recente sconfitta di Torino. Pericolose analogie che non dovevano ripetersi dopo un precedente così bruciante.

Gli errori individuali sono sotto gli occhi di tutti. Da Piris a Dodò contro il Parma, ma anche perdere il pallone a centrocampo facendo scattare i letali contropiedi avversari. Giocatori con limiti tecnici messi maggiormente in rilievo da uno schema tattico, che non dà copertura e lascia spesso i difensori alti e soli. Innegabile che il potenziale generale sia alto. Il centrocampo sembra il punto debole della Roma, non crea equilibrio. La squadra è spezzata in due tronconi distinti e senza idee.

Attriti interni. L’aspetto psicologico, all’interno di una squadra, è fondamentale. De Rossi e Pjanic non vivono bene il loro momento, giocatori da possesso palla in un modulo votato esclusivamente all’attacco. Il disagio di De Rossi sembra diverso dalla semplice collocazione tattica, Zeman non ha mai chiuso al centrocampista, ritenendolo importante per causa giallorossa. L’ha schierato nella posizione più gradita al giocatore, durante una partita fondamentale e l’occasione non è stata sfruttata.

La confusione è grande e la paura di ripercorrere la stagione passata cresce di partita in partita. Il calendario potrà aiutare i giallorossi: tre partite con Torino, Pescara e Siena potranno risollevare il morale e la classifica. Così non fosse, si arriverebbe alla gara dell’8 dicembre contro la Fiorentina, sfida da dentro o fuori…