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Dino Viola, il figlio: “Il suo unico rammarico è stato lo stadio di proprietà”

Dino Viola, il figlio: “Il suo unico rammarico è stato lo stadio di proprietà” - immagine 1

Ettore Viola, figlio dell'indimenticato presidente giallorosso, ha parlato del papà ma anche delle curiosità sull'arrivo di Falcao e ovviamente il sogno stadio

Redazione

Trentuno anni fa se ne andava l'indimenticato Dino Viola. L'ex presidente della Roma, senza dubbio il più amato della storia giallorossa insieme a Franco Sensi, è stato ricordato dai tifosi e dal club sui social. Oggi è tornato a parlare Ettore, il figlio del patron del secondo scudetto, ai microfoni di 'New Sound Level 90.0':

Dino Viola il presidente più amato dalla tifoseria giallorossa, si percepisce ancora l’amore? Assolutamente sì, la morte di mio padre è stata traumatica, improvvisa, la tristezza è diventata poi orgoglio, la “Rometta” che regalava giocatori mio padre è riuscita a farla trionfare senza pressioni politiche varie, in 11 anni nessuno ha eguagliato Dino Viola. Tutte le squadre di calcio hanno delle punte per poi scendere, con la Roma si stava riprendendo, la storia è girata poi in maniera diversa.

Da Figlio a figlio, il 10 agosto 1980 quando il “Divino” sbarcò a Roma…il colpo più importante dell’era Viola fu Falcao? Mio padre era in trattativa con Zico e con Falcao, la stampa sportiva sponsorizzava molto di più l’acquisto di Zico, era un goleador, il presidente del Flamengo disse che però non poteva vendere Zico data la campagna elettorale, qualora avesse venduto il brasiliano, avrebbe perso le elezioni. Virammo quindi su Falcao, le spese erano simili ma fu considerato stupidamente un ripiego dalla tifoseria, essendo meno noto alla stampa. Mio padre, quando comprò Falcao, lo andai a prendere io, in compagnia di un amico e in portoghese chiese di poter prendere casa in una via centrale di Roma, precisamente un attico con vista San Pietro, dotato di piscina. Gli risposi ironicamente che qui a Roma non era come in Brasile e che qui non tutti usavano le piscine o quantomeno ne possedevano una. Mio padre, in una partita amichevole disse a Falcao: fai qualche magia in campo. Inizialmente era molto essenziale, esageratamente europeo. Falcao rispose presente facendo quattro numeri da applausi a scena aperta, è stata la persona adatta.

Lei crede che le prepotenze abbiano contribuito a far ammalare suo padre, Dino Viola? Un presidente che si diverte a fare il presidente faccio fatica a trovarlo, lo stress accumulato da mio padre era continuo, giornaliero, sicuramente lo stress e la vita del tempo ha contribuito. Il suo unico intento era far vincere Roma e la Roma.

Tuo padre aveva intenzione di far costruire lo stadio, è stato l’unico rammarico? Assolutamente sì, assieme alla coppa dei Campioni. Inizialmente il progetto c’era, per la squadra è fondamentale avere una casa, senza grattacieli. Mio padre voleva solo uno stadio, una casa, la casa della Roma, dove potesse vivere 365 giorni l’anno. L’intento non era quello di fare un quartiere come Pallotta.

Credi che i Friedkin faranno lo stadio? Si potrebbe chiamare Dino Viola? Ti piacerebbe? Certo, ma credo che sia impossibile chiamare lo stadio con il nome di mio padre.