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Di Francesco scuote la Roma: “Ci vuole coraggio, ma senza compromessi. Alcuni non reggono le pressioni”

Il tecnico giallorosso al seminario 'Il calcio e chi lo racconta': "Qui è più stressante rispetto a Sassuolo. Ora è il momento di lavorare sulla testa dei giocatori"

Redazione

[opta ]Il calcio secondo Eusebio Di Francesco. L'allenatore della Roma è stato ospite del seminario organizzato da Ussi e Figc 'Il calcio e chi lo racconta', che si è tenuto presso il centro di Preparazione olimpica “Giulio Onesti” dell’Acqua Acetosa. Il tecnico giallorosso ha parlato a tutto tondo, dalle sue idee alla sua carriera. "L’ambiente di Roma è differente da Sassuolo, ma le aspettative ci sono anche lì - riporta Gianluca Lengua su ilmessaggero.it -. Qui ho una società a cui dare conto, ma anche a Reggio Emilia c’era Squinzi a cui dover rendere conto. Il mio lavoro a Roma è più stressante, ma le responsabilità sono le stesse".

Nel periodo del mercato invernale le pressioni possono essere molto forti: "Può capitare - continua Di Francesco - in quel momento che un calciatore non sia indicato per scendere in campo e va supportato ancora di più. Qualche esempio si può fare anche di calciatori attuali, ma ci sono troppi giornalisti e non posso farlo (ride ndc). I giocatori in questa situazione vanno supportati perché magari li vedi in difficoltà". Sono giorni molto particolari per la Roma, che deve rialzare la testa dopo alcuni risultati decisamente negativi. "In questo momento ci vuole coraggio non paura, a Roma certe cose bisogna affrontarle - sottolinea il tecnico giallorosso -. Un’idea valida nel calcio non esiste. Io non posso allenare la Roma come faceva Spalletti o Garcia, io alleno come ragiona Di Francesco. Apprezzo gli allenatori che hanno un’idea e un’identità. Devi entrare nella testa dei calciatori. Io non faccio compromessi, esiste la capacità di farsi conoscere e saper trasmettere le proprie idee, ma se i giocatori non recepiscono peggio per loro. Restano fuori. Non si può scendere a compromessi perché perdi la tua forza all’interno del gruppo. Sacchi che è stato un fenomeno ha sempre parlato di orchestra dove nessuno deve andare per conto suo".

Una delle caratteristiche principali dell'allenatore abruzzese è sicuramente la coerenza con il modulo di gioco: "Il mio 4-3-3 prima era il massimo che si poteva avere dal calcio ora invece è criticato. Fa parte del gioco. Se io mi metto 4-2-3-1 non cambia la mia filosofia, i numeri lasciano il tempo che trovano. La mia squadra difende 4-5-1 e quando attacca magari si mette 4-1-5 o 4-6. Nel mio lavoro c’è anche la gestione, devo capire i momenti e il contesto della squadra. In certi momenti devi lavorare solo sulla testa dei calciatori - spiega Di Francesco -. Questo è un periodo dove tu lavori tatticamente ma il cambiamento deve essere nella testa. Alleniamo grandi giocatori, ma con una grande fragilità psicologica".

Eusebio Di Francesco ha avuto anche il merito di trasformarsi, dal campo alla panchina, e di restare al passo coi tempi: "Di mediani ce ne sono pochi, qui nella Roma c’era Pizarro, aveva i tempi di giocata e sapeva uscire dalla pressione. Per giocare con il 4-3-3 devi avere un giocatore che ti dà anche equilibrio. Nel calcio moderno per essere grandi ad alti livelli ci vuole fisicità. Io avevo Totti che partiva da sinistra ed è diventato il giocatore più forte che ha avuto la Roma. Se a Totti gli dici corri sulla fascia lo uccidi perché ti dà meno possibilità di fare un assist e di creare. Il trequartista? Io ce l’ho, perché i miei esterni devono venire a giocare dentro e diventano trequartista di destra e trequartista di sinistra".

"Ho giocatori con una buona struttura che marcano sia a zona che ad uomo - conclude l'allenatore giallorosso -. Io con la Roma l’ho fatta la marcatura a zona, ma non ho avuto tempo per provarla. Poi l’ho rifatta ma non so se la rifarò. Non voglio dare troppi vantaggi a Spalletti. Nainggolan l’anno scorso tirava e metteva la palla sotto l’incrocio, quest’anno non ce la fa. Se mi arriva un calciatore che non ha il calcio da fuori e gli dico di provarci gli faccio del male. Ad esempio se a Gonalons gli dico di calciare da fuori lo ammazzo, Nainggolan invece il calcio da fuori ce l’ha e noi lo alleniamo".