"E’ la notte dei desideri, quelli più o meno realizzabili. Un appuntamento, quello con le semifinali europee, da vivere in quell’Old Trafford da incubo. Un traguardo che a Roma si vive raramente. Esattamente quattro volte finora dopo l’Hibernian, il Dundee, il Broendby e il Liverpool. Fonseca ha due chiavi per la stessa porta, per aprire il coraggio e la paura. I tifosi gliel’hanno già chiesto a gran voce, scortando il pullman fuori da Trigoria prima della partenza per l’Inghilterra. Come tre anni fa poco prima della sfida al Liverpool in Champions che era arrivata dopo l’impresa col Barcellona. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. A partire dalla presidenza, passando per l’allenatore e, per finire, anche la squadra. Quello del 2018 sì che era un gruppo coraggioso e senza paura, capace di rimontare un mostro sacro come il Barcellona ed eliminarlo, ottenendo di diritto il pass per le semifinali. Una Roma che finì il campionato da terza in classifica, mentre ora aleggia l’ombra della Conference League. Da quella notte magica sono rimasti una manciata di giocatori: Dzeko, Pellegrini, El Shaarawy, Fazio, Bruno Peres, Juan Jesus e Karsdorp, non considerando invece quelli che sono attualmente in prestito ma ancora di proprietà della Roma.
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Dal Liverpool al Manchester, una semifinale europea 3 anni dopo: chi è rimasto
I giallorossi stasera si giocano una fetta importante della stagione e non bisognerà fare passi falsi: chiamata a rapporto tutta la squadra, che dovrà dimostrare di avere la grinta giusta per affrontare queste partite
Semifinale col Liverpool, la Roma 2017/18
"A primo impatto, la differenza con la rosa del 2017/18 è una: il carattere. La Roma di Fonseca sembra essere innocua ed è per questo che contro il Manchester United viene indiziata come una vittima sacrificale. Sarà il campo poi a trarre tutte le conclusioni, ma di certo i tifosi non si sentono così al sicuro come tre anni fa. Basti pensare che in quella stagione ci furono diverse vittorie nei big match: Atalanta, Milan, Lazio e Napoli. In rosa, invece, Alisson era una garanzia. Da quando il brasiliano è passato al Liverpool, la porta della Roma non è più stata così protetta: Pau Lopez è infatti sempre stato al centro delle critiche. In difesa c’era Manolas, che era diventato un leader: Smalling non è riuscito a prendere il suo posto per via dei tanti infortuni che l’hanno tenuto fermo, mentre Mancini, che di carattere ne ha tanto, è seduto in tribuna per squalifica. Ibanez invece, più volte ha peccato di inesperienza in particolar modo nei big match. Sulla fascia Spinazzola non ha fatto mai rimpiangere Kolarov, tanto da essere uno degli irrinunciabili in rosa. A centrocampo la differenza poi diventa abissale: per quanto Veretout possa dare tutto se stesso in campo, non sembra essere un giocatore carismatico come all’epoca lo erano Nainggolan, Strootman o De Rossi. Paragone che non può nemmeno essere fatto con Villar e Diawara. L’unico calciatore di carattere su cui la Roma può contare in queste partite è Dzeko: adesso come allora è il pilastro dell’attacco, anche se 3 anni fa aveva chiuso la stagione con 24 gol all’attivo mentre ora solo 11. Rispetto a quella stagione la squadra acquista un Pellegrini fresco di fascia da Capitano, proprio a discapito dello stesso bosniaco, mentre allora era al primo anno nella Capitale. Una cosa che invece sembra essere invariata è la panchina: nonostante la cavalcata europea, Di Francesco non è riuscito a convincere. L’anno successivo, a metà stagione, è stato esonerato. La sorte di Fonseca è ancora incerta, ma tutto fa presagire che non ci sarà ancora lui alla guida della squadra il prossimo anno. La Roma però ora può contare su un giocatore che, proprio con la maglia dello United, conquistò l'Europa League nel 2017: Mkhitaryan. È lui l’asso nella manica: un calciatore d’esperienza che, insieme a Smalling, sa già come si fa. E allora c’è ancora un barlume di speranza, nella notte dei desideri.
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