Queste le parole di Bruno Conti, in merito ai tanti successi ottenuti dai ragazzi del settore giovanile giallorosso.
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Conti: “Chi arriverà saprà completare questo gruppo”
Queste le parole di Bruno Conti, in merito ai tanti successi ottenuti dai ragazzi del settore giovanile giallorosso.
Segue l'intervista rilasciata a romanews.eu.
Ci racconti le emozioni che si provano nel vedere un ragazzo che cresce nel settore giovanile della Roma e poi arriva a calcare i grandi palcoscenici…
“Non vi nascondo che quando ho smesso di giocare a calcio mi sarebbe piaciuto allenare, ho fatto anche il corso di Coverciano. Ma poi, sotto la gestione Sensi-Mezzaroma, sono stato chiamato per gestire il settore giovanile. Da quando ho iniziato ho cercato di fare il mio mestiere nel migliore dei modi, girando molti campi dei dilettanti e allacciando rapporti con le società. E’ stato un inizio non facile, però, a distanza di anni, questo lavoro mi ha dato grandissime soddisfazioni: vedere ragazzi che arrivano nel professionismo, e non alludo solo alla serie A, mi dà molta gioia. La cosa più importante è che con i ragazzi cresciuti nel nostro settore e con le loro famiglie spesso e volentieri si instaura un rapporto bello e duraturo. Anche se la soddisfazione più grande è certamente quella di formare ragazzi per poi portarli nella nostra prima squadra. Abbiamo sempre lavorato bene senza avere un budget esagerato, collaborando con le società a noi affiliate, selezionando ragazzi in queste società, senza mai comprare un giocatore e pagando solo il premio di preparazione. I risultati ottenuti negli anni ci dicono che abbiamo fatto cose egregie, sia a livello di formazione di calciatori che sotto il profilo dei titoli ottenuti”.
A proposito di titoli ottenuti, quest’anno la Roma Primavera tornerà a giocarsi le finali di categoria…
“Voglio ringraziare gli istruttori di scuola calcio e tutti quelli che lavorano all’interno del settore giovanile, se la Roma è una grande realtà e riesce ad ottenere risultati notevoli è anche e soprattutto grazie a loro. Se i nostri ragazzi riescono ad ottenere buone cose negli Allievi, nei Giovanissimi o in Primavera è merito degli istruttori che formano questi ragazzi quando sono più giovani, quando c’è da “plasmare” il futuro calciatore. Sono molto orgoglioso di poter andare a giocare le finali nazionali della Primavera; noi in Coppa Italia abbiamo affrontato l’Inter, che a livello di settore giovanile spende molti soldi, siamo riusciti ad eliminarli. Queste sono grandi soddisfazioni. Sono ottimista, secondo me la Roma Primavera potrà fare cose importanti nelle finali. Vedere calciatori che si allenano stabilmente con Montella ci rende orgogliosi”.
I risultati del settore giovanile si vedono anche a livello di Nazionale, ben sei giocatori in Under 18…
“Abbiamo ricevuto grandi attestati di stima da parte di tutti, mi ha chiamato addirittura Sacchi (coordinatore delle nazionali giovanili, ndr) per farmi i complimenti. Mi hanno fatto molto piacere anche i complimenti di Favini (responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, ndr). Noi abbiamo sempre puntato sui ragazzi molto giovani, inserendo calciatori sotto età in Primavera e questo è molto formativo. La programmazione è assolutamente fondamentale. Siamo molto orgogliosi per quanto fatto fino a questo momento”.
Quale consiglio darebbe ad un giovane calciatore? Lei ha fatto due anni in prestito al Genoa, consiglierebbe un’esperienza fuori da Roma?
“Consiglio di partire, di provare nuove strade. I ragazzi, quando arrivano in Primavera non sono ancora dei giocatori completi, i Primavera non devono pensare di essere arrivati, devono capire che in quel momento arrivano le vere difficoltà, Noi cerchiamo sempre di trovare la collocazione, la squadra migliore per ogni ragazzo. Una società che possa far crescere il nostro giovane, farlo giocare e dargli la possibilità di fare i primi passi nel mondo dei professionisti. Molti ragazzi che hanno deciso di fare di testa loro oppure hanno rifiutato offerte di prestito in giro per l’Italia, spesso, sono rimasti scottati; noi cerchiamo di proporre sempre il meglio per i nostri calciatori. Anche io ho accettato un’esperienza fuori da Roma proprio perché sapevo che il Genoa avrebbe potuto darmi la possibilità di giocare con continuità e di acquisire l’esperienza necessaria per poi fare una lunga carriera nella Roma. Cerco sempre di trasmettere le mie esperienze e di dare consigli ai ragazzi per cercare di dargli una mano”.
In questi giorni si parla molto di fair play finanziario; in un regime economico di questo tipo, quanto può incidere il settore giovanile?
“Noi siamo pronti, se dovesse entrare in vigore il fair play finanziario, noi ci faremo trovare preparati. Abbiamo sempre lavorato per preparare al meglio i nostri giovani, se il settore giovanile dovesse diventare una fonte d’aiuto per la società noi saremmo certamente contenti. E ora anche la Federazione sembra voglia cambiare qualcosa a livello dei campionati giovanili per far lanciare prima i giovani ed evitare, ad esempio, l’abuso di fuoriquota come accade in Primavera. Noi ci siamo sempre mossi in questa direzione, magari saranno altre società che dovranno adeguarsi. La cosa più bella non è vincere un titolo giovanile, ma veder crescere e debuttare nel professionismo un numero elevato di calciatori”.
La “bellezza” e la caratteristica peculiare del settore giovanile giallorosso è la romanità, l’orgoglio romano…
“Devo ringraziare gli osservatori, i miei collaboratori setacciano ogni settimana i campi di periferia di Roma e del Lazio, loro selezionano i calciatori migliori e poi li propongono per la Roma. La conoscenza e il contatto con il territorio sono fondamentali. Prendere un giocatore da una società minore di Roma e poi portarlo nel mondo dei grandi è qualcosa di straordinario”.
Quest’anno il prodotto del settore giovanile elevato agli onori delle cronache è Caprari che ha esordito prima in Champions e poi in Campionato. Come si riesce, in una città sempre portata agli eccessi come Roma, a tenere i toni bassi e a mantenere la calma intorno al ragazzo?
“Premesso che a me, personalmente, non piace mai parlare del singolo ragazzo, perché come dicevo prima basta poco per arrivare e altrettanto poco per smettere, deve essere per lui e per tutta la sua famiglia una grande soddisfazione quanto gli sta succedendo. Deve assolutamente godersi questi momenti ma metterli immediatamente tutti da parte e pensare che il suo gruppo è ancora la Primavera. Ora deve partire assieme a tutti gli altri ragazzi per disputare le finali che sono molto importanti, per rispetto di tutti i suoi compagni, di quelli che hanno ricevuto meno convocazioni rispetto a lui, perché tutti loro gli hanno permesso di fare quello che ha fatto finora, perché è sempre il collettivo che ti permette di arrivare. Poi chiaramente ci sono le scelte dell’allenatore della prima squadra che in un determinato momento decide di chiamare quelli che ritiene più pronti, ma va tutto dimenticato per continuare a fare quello che ha fatto giorno dopo giorno, cioè allenarsi e lavorare ancora di più perché non ha ancora ottenuto niente e qui è troppo facile che magari qualche genitore, qualche giornale o qualche procuratore mettano idee sbagliate in testa a un ragazzo. Noi come società e io come responsabile cerco sempre di parlare ai ragazzi e far loro capire queste cose.”
Parlando di singoli, nella sua esperienza di settore giovanile giallorosso, c’è stato un ragazzo sul quale avrebbe puntato a occhi chiusi e magari ha fatto meno di quanto avrebbero suggerito le sue potenzialità?
“Ne potrei dire parecchi. C’era un ragazzino dell’80, Farrugia (ora al Civitacastellana, ndr), che mi piaceva da morire, il portiere Paoloni, Marco Caterini. Mi ricordo anche di Davide Moscardelli del quale ero io l’allenatore: faceva parte del gruppo di De Vezze e Blasi. In quel periodo era gracilino fisicamente e magari si è trovato davanti ragazzi che partivano avvantaggiati perché più piazzati ma con il tempo è arrivato comunque a ottimi livelli. Ce ne sono tanti; la differenza tra farcela e non farcela dipende da tante cose: dalla testa, da situazioni contingenti, anche un pizzico di fortuna ma la fortuna è aiutata dalla testa. Se ce l’hai arrivi. Certo se sei matto e ti piace la bella vita nel calcio non arrivi mai; ce ne sono tantissimi di questi casi, potenziali campioni rimasti inespressi.”
Un’ultima domanda sul futuro e sull’ormai sicuro arrivo di Walter Sabatini come DS della Roma. Sabatini è una persona abituata a puntare sui giovani: cosa può dare al settore giovanile e alla Roma in generale?
“Per programmare il futuro ci sarà tempo e modo. Ora mi sento solo di dire che il lavoro fatto rimane: con i tanti problemi che abbiamo avuto la Roma ha sfiorato due volte lo Scudetto, ha vinto due Coppe Italia, una Supercoppa Italiana, è andata due volte ai quarti di finale di Champions League, abbiamo giocato più di una finale. Sembra che sia tutto da buttare ma non è così: c’è da valutare chi vuole rimanere e chi vuole andare via ma c’è tanto ottimo materiale e chi arriverà saprà completare questo gruppo; questa squadra va solo migliorata per dare continuità a quanto fatto. Noi continueremo a lavorare, a fare settore giovanile e a programmare, con chi arriverà, il futuro.”
E noi continueremo a vederla mentre scruta a Trigoria le partite delle squadre giovanili anche mentre gioca la prima squadra.
“Io quando vedo queste partite mi metto sempre in disparte, voglio stare da solo. Voglio vedere la tribuna, i ragazzi e i loro comportamenti. Fa parte del mio lavoro, l’ho sempre fatto per tanti anni, lo faccio tutt’ora e continuerò a farlo. Già ho in programma domenica di andare a Bari con gli Allievi. L’importante è lavorare con rispetto dei genitori e della società, venendo incontro ai mille problemi che possono esserci nella vita di tutti i giorni per un ragazzo. Questo è il lavoro del settore giovanile e se oggi abbiamo i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, se oggi una persona come Arrigo Sacchi ci fa i complimenti, noi possiamo solo essere felici.”
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