La radiolina al bar o al palo improvvisato di una porta di un cortile dei rioni. La tua voce che raccontava la Roma di Viola, e poi quella di Totti. Il fiato sospeso quando stavamo per segnare, e non sapevamo se la palla sarebbe entrata o no. Non c’erano le tv, le immagini, i replay. C’era il tuo timbro a determinare se le cose stavano andando bene o male. C’eri tu quando abbiamo battuto il Milan dei fenomeni con Caniggia, quando Cerezo segnò alla Samp in finale di coppa Italia, quando Francesco è entrato a Brescia, quando i derby duravano una vita e finivano in pareggio. C’eri tu a rassicurarci quando eravamo tristi, ad esaltarci quando eravamo felici. A dirci “Roma uno, Lazio niente”. Chi non ha vissuto quegli anni forse capirà poco di questo messaggio. Ma Alberto Mandolesi è stato un pezzo di Roma, di quel modo di vivere la Roma. La colonna sonora degli abbracci, il sottofondo dei pomeriggi (si giocava sempre alle 15 o alle 16) della nostra gioventù. E per chi non c’era sei stato il racconto di un padre, un nonno, un amico.Sei stato un giornalista equilibrato, una guida per tanti che collaboravano con te. Sei stato un amico e un compagno di battaglie per molti della mia generazione e di quella successiva. Oggi ti piangono in tanti, tu sorrideresti perché i problemi li affrontavi così. “Raccontaci un altro gol Albè”, fallo ovunque tu sia. Noi lo sentiremo.
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Ciao Alberto, voce e occhi di una Roma che non morirà mai
Ha raccontato la squadra di Viola e quella di Totti, la voce del gol di Cerezo contro la Sampdoria e dell’ingresso del capitano contro il Brescia
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