(di Mirko Porcari) - "Ecco il futuro della Francia". Titolava così, giusto qualche anno fa, il quotidiano transalpino "L'Equipe".
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C'erano una volta i tre gioielli…
(di Mirko Porcari) – “Ecco il futuro della Francia”. Titolava così, giusto qualche anno fa, il quotidiano transalpino “L’Equipe”.
Molto orgoglio per una profezia dai semplici risvolti: bastava guardare come si capivano al volo in un'Under 21 da mille e una notte, per intuire che Menez, Nasri e Benzema avrebbero rappresentato il nuovo corso per una Francia a corto di talenti. Classe 1987 per i tre gioielli dai piedi buoni, tante speranze riposte nella creatività e nel senso del gol di una generazione per palati fini. Karim, una vita passata al Lione cercando di diventare grande: nella corazzata di Houllier "sgomita" fino a diventarne protagonista, una scalata nel cuore dei tifosi ed in cima alla lista dei desideri di mezza Europa. Gol a grappoli ed un destino da grande squadra, 35 milioni di Euro per accasarsi al Real Madrid, apice del sogno e della vanità di qualsiasi calciatore. L'inizio non è di quelli esaltanti, qualche gol (su tutti la tripletta all'Ajax in Champions League) e la difficoltà nel capire di non essere più il centro di tutto, la vita in Spagna che scorre nella crescente consapevolezza di essere diventato uno fra tanti. A consolarlo c'è la nazionale, un'isola felice in cui acquisisce di diritto l'eredità di Thierry Henry: tornare nei blancos è sempre più difficile, prima Pellegrini e poi Mourinho, stretto in una gabbia d'oro, tra voci di mercato e mugugni sempre più pesanti. L'anno in corso, fatto di circostanze amiche (vedi la cessione di Raul ed i problemi fisici di Kakà e Higuain) porta nuova linfa alla carriera nelle merengues: il tecnico portoghese lo elogia a più riprese ed il campo conferma la costante crescita dell'ormai ex "enfant prodige", maturato caratterialmente e finalmente decisivo per le sorti della squadra spagnola. Una storia a lieto fine, insomma, niente a che vedere con la sorte degli altri due "gemelli", Nasri e Menez, classe allo stato puro sotto la voce "eterni incompiuti". Da Marsiglia a Londra, da Monaco a Roma, un salto in avanti incredibile per due giovanissimi alla ricerca di un'identità: Samir che guarda al futuro con gli occhi di Wenger, Jeremy che trova Spalletti ed un ciclo agli sgoccioli. Giornali ed esperti parlano di mirabolanti giocate e margini di crescita astronomici, la realtà li vede alle prese con la difficoltà nel diventare grandi. All'Arsenal, abituati come sono a lavorare con i giovani, aspettano ad oltranza che Nasri si integri con la nuova filosofia: dopo il gol alla prima con i biancorossi segue un periodo di assestamento in cui il fantasista alterna buone cose a passaggi a vuoto irritanti. Tre anni tra alti e bassi, quando non è infortunato Wenger gli preferisce il ceco Rosicky, la strada verso il rinnovo contrattuale che si fa sempre più accidentata: più o meno come Menez, sbarcato nella capitale con il pedigree del campione ma mai pienamente esploso. Osservi Nasri e vedi Menez, le ombre sono più delle luci: pochi ricordi aggrappati a colpi di genio ed una convivenza sempre più forzata. L'epilogo, forse, nella partita contro il Palermo: chiamato a riscattare una stagione a corrente alternata, Menez fallisce l'ennesima prova di appello, alimentando le voci che lo vorrebbero lontano da Trigoria alla fine di quest'anno. Musi lunghi e insofferenza, questo rimane dell'esperienza in giallorosso: quello che poteva essere e non è stato inizia a stancare anche i tifosi.
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