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Castan: “De Rossi è il mio esempio. Non giocammo la finale del 26 maggio”

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L'ex difensore giallorosso aggiunge sulla gara con la Lazio: "Non avevamo una squadra fortissima, ma loro erano peggio di noi"

Redazione

Leandro Castan torna a parlare a "Cronache di Spogliatoio" e racconta la sua carriera. Dall'arrivo alla Roma fino alle difficoltà dopo l'operazione al cervello. Queste sono le dichiarazioni dell'ex difensore giallorosso.

L'arrivo a Roma."Cosa ho provato appena ho saputo della Roma? Mi sono sentito una pressione sopra le spalle… ma ero pronto a tutto. Però dai, il primo pensiero in realtà è stato: ‘O mio Dio, giocherò con Totti’".

La finale del 26 maggio 2013."Giallorossa o biancoceleste che sia. Ancora oggi non ho capito perché abbiamo perso quella finale di Coppa Italia. Non avevamo una squadra fortissima, ma loro erano peggio di noi. Io arrivavo da due anni con 2 titoli. Per me era chiaro che avrei vinto anche quella finale. Non è che giocammo male, non giocammo proprio. Ricordo che nello spogliatoio nessuno parlava. Io ho buttato la medaglia del 2° posto. Una stupidaggine. Se tornassi indietro, non lo rifarei… Ma ero davvero troppo inca***to".

A Roma arriva Rudi Garcia."Rudi ha davvero cambiato la Roma. Pensavo che almeno uno scudetto lo vincesse…".

Benatia?"È stato il compagno di difesa più forte. In allenamento Garcia urlava alla squadra: ‘Perché avete paura di giocare la palla? Giocatela, giocatela. Tanto dietro abbiamo Castán e Benatia’. Non aver vinto nulla quell’anno è uno dei più grandi rammarichi della mia carriera. A fine stagione credevo che lì avrei fatto il salto che per arrivare davvero al top…".

De Rossi?"Mi disse 'Voglio solo farti i complimenti. Hai fatto una stagione pazzesca. Sei uno dei più forti di sempre con cui abbia mai giocato'.Sai sentirselo dire da Daniele De Rossi fa un certo effetto. Se mi dicessi un esempio da seguire ti direi: ‘De Rossi’. Quando parlava, i miei occhi brillavano. De Rossi era il braccio destro di Totti. A lui neanche serviva parlare, bastava lo sguardo. Erano la coppia perfetta… Anche perché se in una squadra hai solo un leader è un bel casino. Sono partito per le vacanze con l’ambizione di tornare ancora più forte".

E invece no. Da quella stagione, nella carriera di Castan ci sarà un prima e un dopo. 13 settembre 2014. Al Castellani di Empoli, la Roma gioca la seconda partita della sua stagione. Nella trasferta in Toscana, il brasiliano è uno dei due centrali, come sempre. Esce all’intervallo, per la sorpresa di tutti i tifosi: "Un cambio precauzionale, visto l’impegno di Champions", diranno. Ma non era così. "Fino all’ingresso in campo per me era stato tutto normale. Anzi, prima della partita – proprio per la sfida in Champions del mercoledì – Garcia mi fa: ‘Leandro vuoi giocare? Perché poi mi servi per il CSKA’. ‘Vai tranquillo mister’. Poi mi ricordo che nei primi 5 minuti di partita, mi vengono i crampi alla gamba. Maicon mi guarda e capisce subito che avevo qualcosa di diverso. Sul finale del primo tempo la Roma segna grazie all’autogol di Sepe, ma l’aria è pesante. "Al rientro negli spogliatoi Maicon fa a Garcia: ‘Mister, togli Castan. Gli fa male la gamba’. E io: ‘Oh, ma che dici? Sto bene, gioco’. Allora Rudi mi fa: ‘Leandro che hai?’. ‘Niente’. E Maicon: ‘Toglilo, fidati’. Da lì, non rientro in campo per un anno".

Ma non è finita lì. "Il peggio fu il giorno dopo. Mi sveglio e non mi reggo in piedi. La testa mi girava fortissimo, pensavo di morire in quegli istanti. Non riuscivo a fare niente". I medici della Roma non riescono a comprendere l’entità del problema di Castan: vertigini? labirintite? Non si trova una soluzione. "Per 15 giorni sono rimasto così, senza capire cosa mi stesse accadendo. Avevo giramenti di testa e poi vomitavo, vomitavo, vomitavo. In due settimane ho perso 15 chili. Mi dicevo: ‘Sto morendo’. Non pensavo al rientro in campo, ma solo al restare vivo. Lì ad Empoli, è finita la mia carriera. Si sono spenti tutti miei sogni: giocare un Mondiale, vincere uno scudetto, fine. Magari sarei rimasto a Roma fino ad oggi. Invece no, è cambiato tutto da un giorno all’altro". A quella fase di incertezza, dopo circa 3 settimane, viene dato un nome: cavernoma cerebrale, un tumore benigno al cervello. "Questo non l’ho mai raccontato. Una volta mi sono detto: ‘Basta, non ne parlo più’. Poi un mio amico mi ha fatto ragionare: ‘Leandro devi parlarne, sempre. Questa è la tua storia, ma soprattutto puoi aiutare chi è in difficoltà, dare un insegnamento’". Il 3 dicembre 2014 gli viene detto di operarsi. Lo stesso giorno, la moglie gli annuncia di essere incinta di una bambina. Quasi uno scherzo del destino.

Poi Castan racconta dell’esordio ufficiale nella nuova Roma di Spalletti contro l’Hellas Verona. La prestazione è un disastro: "Giocai malissimo, ma veramente. Forse la partita peggiore della mia carriera. Pareggiamo 1-1 e procuro un rigore. Il giorno dopo, Spalletti mi richiama nel suo ufficio. Entro, era lì al pc. Neanche mi siedo e mi fa: ‘Senti, la partita di ieri è stata un disastro’. Gira lo schermo e c’erano 3-4 squadre di Serie B: ‘Il tuo livello è questo, non puoi giocare alla Roma’. Mi è crollato tutto. Gli rispondo: ‘Allora me ne torno in Brasile’. E lui: ‘Fa’ come vuoi, qua sicuro non giochi più’".