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AsRoma: i tifosi ancora sognano l'american dream…ma il futuro all'orizzonte è incerto

Mancano più di due settimane dall’inizio del campionato e la “nuova” A.s. Roma non convince in campo e fuori del rettangolo di gioco. La “Rivoluzione Americana” che tutti si aspettavano dopo la firma di Boston, di...

Redazione

Mancano più di due settimane dall'inizio del campionato e la "nuova" A.s. Roma non convince in campo e fuori del rettangolo di gioco. La "Rivoluzione Americana" che tutti si aspettavano dopo la firma di Boston, di fatto, non si è ancora vista e i "salti" nella comunicazione a livello aziendale (a partire dall'assenza di informazioni sul progetto industriale di Di Benedetto & soci), in questi ultimi mesi, non ci permettono di poter dare un giudizio sereno sulla prima fase della gestione a stelle e strisce.

Con il cambio di proprietà una parte della tifoseria sperava di poter sognare subito in grande. Questo al momento non è successo. Ci sono sicuramente dei nuovi tesserati, ma la vendita di Mirko Vucinic non solo indebolisce il club di Trigoria, ma, soprattutto, rafforza una delle rivali dirette per l'ingresso in Champions (speriamo che non sia proprio il montenegrino l'arma in più della "Vecchia Signora" nella stagione 2011/12). Un errore madornale, che non ci aspettavamo da persone del calibro di Walter Sabatini e Franco Baldini (per quanto ancora impegnato con la FA fino al prossimo autunno). Le prime due sconfitte (molto più grave quella per 3-0 con un PSG, che ha perso anche con un mediocre Lorient nella prima di campionato) sono un segnale di allarme e non crediamo che il tandem Lamela-Bojan possa fare subito la differenza. Sono sicuramente dei talenti, ma non sempre le giovani promesse esplodono al debutto in un nuovo campionato. Sabatini ha probabilmente la testa di un giocatore di azzardo, perchè sta rischiando molto, ma la tifoseria non sta rispondendo a questo "calcio-champagne" di cui si parla da diverse settimane a Trigoria. La conferma principale arriva dai dati degli abbonamenti: siamo a 3 mila unità dal risultato della scorsa stagione (considerata una delle più deludenti nella storia dell'A.s. Roma). Per superare le 19 mila tessere servono almeno due colpi ad effetto, ma il gap del sistema Italia non consente di portare a casa grandi campioni (a Roma come a Milano).

Sul fronte aziendale continuiamo a vedere un po' troppe risorse italiane. Anzi sono le stesse della gestione Sensi, ma con la nuova casacca. Dove è la novità? Noi non la vediamo. L'unica certezza, per non dire garanzia, è la presenza di Unicredit. Avranno solo il 40%, ma ci tranquillizza per il presente/futuro dell'A.s. Roma sapere che c'è la prima banca italiana tra gli azionisti del club. Almeno sulla loro solidità non ci sono dubbi, anzi. Adesso la vera novità, in termini di informazione, sarà capire, prima possibile, se UC traghetterà gli americani per un anno o se velocizzerà i tempi di cessione del restante 40%. Sarà ancora più interessante capire quale sarà il soggetto che entrerà, prima o poi, al posto della banca tricolore, e, soprattutto, se sarà compatibile con le idee di Thomas R. Di Benedetto. Per quanto riguarda il piano industriale non lo chiediamo più, tanto gli americani non lo vogliono presentare (altrimenti l'avrebbero già comunicato nella maxi conferenza di Trigoria di alcune settimane fa). E' talmente chiaro che è inutile anche ritornarci sopra. Nel frattempo aspettiamo di capire quali saranno le novità marketing a firma USA, perchè se è vero che Roma non è stata costruita in un solo giorno, è altrettanto vero che se mai si inizia mai si arriva a raggiungere determinati traguardi. Il gap di questa società con i top club internazionali è "immenso". Per cercare di colmarlo ci vorrebbero turni notturni di lavoro per i prossimi 10 anni. Speriamo che Di Benedetto lo capisca prima possibile, perchè altrimenti il "risveglio" (sotto il profilo dei conti), tra un anno, potrebbe non essere positivo. Il recente intervento della famiglia Della Valle (attuale proprietaria dell'Acf Fiorentina), che ha investito 150 milioni di euro in 10 anni centrando solo in un caso l'obiettivo dell'utile societario (nel 2009, casualmente in occasione dell'ingresso in Champions), dovrebbe far riflettere gli americani e i loro consulenti italiani. Non sarà una passeggiata e il prossimo autunno sarà uno dei più duri per l'economia italiana. In sintesi il 2011/12 è la stagione peggiore per entrare nel calcio made in Italy. In bocca al lupo a Mr. Di Benedetto, a priori!

 

 

(sporteconomy.it)