Antonio Rüdiger, o Ruediger, è nato a Berlino da papà tedesco e mamma della Sierra Leone, una terra bellissima. Da piccolo probabilmente aveva due bellissimi calzini ai piedi, quelli da neonati. Minuscoli, teneri. Ma torniamo a Berlino: la capitale europea, la città che ha distrutto il muro più opprimente della storia e che è riuscita a rialzarsi dopo due guerre perse. La metropoli che non solo quel muro l’ha abbattuto, ma che è diventata esempio di multiculturalità e rispetto. Poi Antonio Rüdiger, o Ruediger, quando nemmeno aveva 18 anni si è spostato prima a Dortmund poi a Stoccarda, capitale dello stato federato del Baden-Württemberg. Una delle culle della civiltà occidentale.
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Antonio, quel pedalino da Berlino che solo Lulic ignorava
Gesto a sfondo razzista da parte del giocatore della Lazio su Ruediger. Ma forse neanche Lulic sa chi è realmente il difensore giallorosso
A quell’età si usano calzini colorati, alla moda. Ma anche di spugna, soprattutto se sei uno sportivo. Infine il destino l’ha portato a Roma, l’eterna bellissima e impareggiabile Roma. Che nei secoli ha dimostrato di essere goliardica ma accogliente, solare e istrionica dove il calzino si chiama spesso pedalino. Antonio, come tutti i 22 enni, ha cominciato a seguire un altro tipo di moda. Elegante, ma sportivo. Calzino bianco? Naaa, non è nel suo stile. Un filo di scozia nero o blu, sotto quel fisico da invidia. Il futuro (speriamo di no) potrebbe portarlo a Londra visto il pressing del Chelsea. Altra città dove il colore della pelle non conta una ceppa e dove a Camden Town si vendono calzini di tutti i tipi e taglie.
Antonio Rüdiger, o Ruediger, ha 23 anni e a soli 21 è stato convocato dalla Nazionale campione del Mondo. Che non è la Bosnia, ma la Germania. A 21 anni Senad Lulic giocava la sua seconda stagione al Bellinzona, squadra medio piccola del campionato svizzero. I calzini di sicuro li aveva anche lui, comprati alla bancarella? Forse. Qualche mese prima militava nel Coira, serie B elvetica. Per esordire in nazionale ci ha messo 24 anni, per arrivare in serie A quasi 26. Alla Lazio, che non era certo la Lazio di Cragnotti e Nesta. Nessuno gli ricorda il passato in Bosnia, a Mostar. Cittadina incantevole di 113 mila abitanti, capitale ideale di una Erzegovina massacrata dalla guerra. Almeno nessuno tra compagni e avversari, perché poi il mondo è pieno di idioti razzisti e l’ignoranza ha creato più malati della peste. E quindi a qualche tifoso sarà scappata quella parola “zingaro” che nulla o poco c’entra coi paesi dell’ex Jugoslavia.
Nulla, decisamente nulla c’entra invece la battutaccia di Senad Lulic da Mostar nei confronti di Antonio Rüdiger da Berlino. Non solo perché è razzista, non solo perché è becera e figlia di un populismo deprecabile. Ma perché quel “Chi è Rüdiger? Fino a qualche anno fa vendeva calzini e cinte a Stoccarda e ora fa il fenomeno”; è una cavolata anche dal punto di vista storico. E’ il vano tentativo di entrare in un derby che è stato suo una volta, 3 anni e mezzo fa. E non potendo entrare dalla porta principale, si cerca quella di servizio che di solito cercano ladri o amanti sorpresi sul più bello. L’anno scorso con l’entrataccia su Salah, poi col dito medio mostrato ai tifosi romanisti in una foto. Ieri nella maniera peggiore tirando i ballo i “vu’ cumpra”. Come si faceva negli anni ’90, e quindi anche in maniera anacronistica. Nemmeno Salvini ha mai osato tanto in questo inizio millennio.La goliardica Roma gli sta rispondendo a suon di pedalini in faccia: su social, radio, per strada. E’ la maniera migliore che il popolo oggi può permettersi, ma le istituzioni no. Niente scherzi, niente “vabbè ma è una battuta”. No, stavolta l’Italietta si dimostri Europea. Si dimostri all’altezza di Berlino. All’altezza di Antonio Rüdiger, o Ruediger, nato a Berlino da papà tedesco e mamma della Sierra Leone. Cittadino del mondo, difensore ammirabile.
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