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Un anno fa la presentazione di Garcia: tutte le frasi che hanno scritto la storia – VIDEO

19/06/2013 - 19/06/2014: un anno dalla presentazione a Roma del tecnico che ha risollevato la squadra ed impresso il suo nome nella storia. Un anno di frasi, aneddoti e vittorie targate Rudi Garcia

Guendalina Galdi

Un anno fa si è presentato a Roma. Ai tifosi, alla stampa. Sette giorni prima l'annuncio dell'ingaggio era stato dato oltreoceano, a New York; era la prima volta per lui nella Grande Mela. Il giorno della firma, sul contratto che sanciva lui come nuovo tecnico della Roma, James Pallotta gli disse: "Tu sarai l'Alex Ferguson della Roma". Ma questo si è saputo solo diversi mesi più tardi. Il 26 maggio era ancora troppo vicino e la piaga ancora troppo dolorosa per poter avere la forza di fidarsi di un francese con un nome poco noto al di qua delle Alpi.

Nel valzer degli allenatori di inizio giugno si parlava di Massimiliano Allegri, Walter Mazzarri, Laurent Blanc, anche del Tata Martino come futuro tecnico giallorosso. Poi tra questi è spuntato fuori il nome di Rudi Garcia. Non certo come il primo nella lista in quanto a gradimento da parte della tifoseria. Allegri e Mazzarri, il primo è rimasto alle dipendenze del patron rossonero Berlusconi dopo aver discusso più volte all'interno dei saloni di Arcore del suo futuro; il secondo dopo la rottura con De Laurentiis ha scelto un'altra proprietà straniera: l'Inter di Thohir. Due italiani che conoscono bene il calcio nostrano ma due opzioni forse troppo pigre per uno scopritore di talenti come Walter Sabatini, da poco lasciato solo nelle decisioni di mercato viste le dimissioni di Franco Baldini. Blanc e Gerardo Martino invece hanno preferito altre mete. PSG e Barcellona avevano un appeal di gran lunga maggiore rispetto ad una Roma da ricostruire dopo le macerie di fine maggio ed in balìa delle contestazioni dei tifosi. Ma alla fine la scelta è ricaduta sull'allenatore del Lille, francese ma col cognome spagnoleggiante: Garcia.

"Ma chi quello de Zorro?", si mormorava in modo svogliato a Roma. Era ai più sconosciuto, girava sul web un video in cui nello spogliatoio canta e suona il 'Porompompero', e le vittorie al Lille non convincevano. La Ligue 1 non è la Serie A; e le pressioni di Roma non sono paragonabili a quelle della cittadina del nord della Francia. Ma la sua storia con la Roma era già iniziata; la cena con Sabatini, nel giorno dell'ufficialità dell'accordo tra Garcia e la società era già storia, e l'incontro con Pallotta anche.

A New York è stato presentato, ed al tavolo con lui c'era il presidente, il direttore sportivo, Italo Zanzi, ed anche, ma fuori dall'obiettivo della telecamera, Mauro Baldissoni ed il traduttore. Uno schieramento compatto come a voler far capire che la scelta era stata frutto di un lavoro condiviso, una scelta presa in piena consapevolezza da parte di tutti, di fronte ad una platea di stampa poco nutrita; per questo motivo pochi giorni dopo è stato concesso il bis nella sala conferenze di Trigoria. "Non ho paura di niente" questo il biglietto da visita ed appena sceso dall'aereo un consapevole "Forza Magica". Ma alle parole dovevano seguire i fatti, anche se tra quella conferenza ed il ritorno ufficiale sul campo doveva trascorrere una torrida estate di scontento. Le contestazioni infatti hanno seguito la squadra a Brunico. Nonostante Garcia continuasse a ripetere che lui con le vicende della stagione precedente non aveva niente a che fare, le proteste continuavano e gli allenamenti in Sud Tirolo proseguivano con un sottofondo di cori contro alcuni giocatori e con striscioni che rivendicavano l'amore solo verso la maglia. Certamente non poteva cambiare il recente passato ma non tollerava che quella cicatrice diventasse un freno all'interno del suo progetto di rinascita. Dai tifosi ha sempre voluto il sostegno, lo stesso che è andato a chiedere di persona alla gente che, assiepata dietro le transenne, pretendeva di vedere quella stessa maglia onorata sul campo con fatica e sudore. E chi in quel momento non era in grado di sostenere la squadra forse era un tifoso della Lazio, ha pensato. Non solo, l'ha proprio detto, in francese, in occasione di una conferenza stampa sempre durante il ritiro di Brunico.

Da allora: ogni conferenza, una massima. O quasi. Qualche parola, un detto, un proverbio che fino ad allora aveva raramente attraversato l'arco alpino, era sempre da attendere con carta e penna per appuntarlo. Prima e dopo una partita.

A fine agosto è iniziato il campionato. Speranze poche, voglia di campo tanta. Per necessità di rivalsa, per anestetizzare quel dolore, perchè il futuro è sempre stato più importante delle scivolate del passato per chi, come la Roma, non camperà mai di rendite.

Nell'esordio vincente contro il Livorno, il primo gol portava la firma di Daniele De Rossi; un 'segno' secondo Garcia, un preludio ad una buona stagione visto che ad inaugurarla era stato un gol di uno dei romani e romanisti della rosa: "il gol di un'intera squadra, anzi, di un'intera città". Alla quarta giornata, dopo aver conquistato bottino pieno nelle prime tre precedenti, è arrivato il derby. Garcia l'ha caricato con una frase tanto d'impatto quanto semplice: "Un derby non si gioca, un derby si vince". Se per Zeman un derby era una partita come le altre, per Luis Enrique una vittoria nella stracittadina portava sempre e solo 3 punti nulla più, per Andreazzoli si è rivelato l'appuntamento più importante da tecnico della Roma ma ha fallito l'impresa, Rudi Garcia ha compreso il valore e la posta in palio in una gara di questo calibro. Poi ci hanno pensato Balzaretti e Ljajic a consegnargli la vittoria. "Adesso mi sento veramente uno di voi" ha voluto dire in sala conferenza appena finita la partita. "Abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio" ha precisato ai microfoni di Sky. Nella città eterna era stato ristabilito l'ordine delle cose, il campionato aveva assunto un'altra piega. Tutto era possibile, come il record delle 10 vittorie consecutive da inizio campionato che ha consacrato la Roma di Rudi Garcia come gigante nella storia giallorossa.Non solo gioie: la vittoria casalinga contro il Napoli è stata etichettata come "una vittoria di Pirro" visti gli infortuni di Totti e Gervinho; dopo il pareggio nel derby di ritorno, ha spiegato l'umore dei suoi uomini affermando che nella gara successiva (contro la Samp) i tifosi avrebbere visto in campo "undici lupi incazzati"; in occasione delle quattro giornate di squalifica, inflitte per intercessione della moviola, a Destro per la manata data ad Astori ha chiosato dicendo che se "prima c'era una legge Bosman, ora c'è una legge Destro"; sul finire di campionato, quando si era accesa una polemica a colpi di botta e risposta tra lui ed Antonio Conte, Garcia ha saggiamente preferito non alimentare la teatralità infantile del pugliese chiosando così: "Ora basta, suono la campanella. La ricreazione è finita".

Ha riportato i tifosi allo stadio, la Roma in Champions ed armonia nello spogliatoio. Il clima con i suoi giocatori è sereno ed i rapporti fondati sul rispetto reciproco, sulla collaborazione, sul remare tutti nella stessa direzione, un po' come nel rafting, esperienza che ha fatto vivere ai suoi uomini durante il ritiro di Brunico dello scorso anno. Ha esaltato Gervinho e fatto ricredere i tifosi sui 'pupilli' degli allenatori, dopo le poco felici esperienze con Josè Angel e Tachstidis sotto la guida di Luis Enrique e Zeman. "La sola persona che mi ha fatto evolvere sul piano del gioco" ha confessato l'ivoriano riferendosi al tecnico che conosceva già dagli anni al Lille. Garcia dà fiducia, è stakanovista e non prandelliano, non applica alcun tipo di codice etico perchè "io non mi sparo una pallottola sui piedi". Non punisce, premia il merito. E' un allenatore che vuole vicino i tifosi, ha fatto cambiare la panchina all'Olimpico perchè quella della Roma doveva essere più vicina alla Curva Sud, è uno da abbraccio a Florenzi a bordocampo prima che entri per esultare con lui all'improbabile gol di Gervinho contro il Catania dopo due pali, da festeggiamenti con gli inseparabili collaboratori, da sigaretta e telefonata alla madre per scaricare la tensione pre gara  "Non c'è tanta differenza dal fare il padre e fare l'allenatore. I calciatori della Roma sono come i miei figli.Come si fa ad allenare una squadra senza amare i propri calciatori? Per me non è possibile"

 

La prossima stagione si riparte da qui, per puntare allo Scudetto e continuare a "stordire i nostri avversari nel turbine dei nostri sogni". E chi l'avrebbe mai detto che quello di cui aveva bisogno Roma era una rivoluzione francese.

Hanno collaborato: Emanuele Venditti, Piernunzio Pennisi, Luca Parmigiani, Marco Cantagalli e Giovanni Gallo