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Affari in campo: retro-sponsor sulle maglie per combattere la crisi

Lo scorso 28 settembre la FIGC di Giancarlo Abete ha approvato, nel silenzio assoluto dei media, una novità per il calcio italiano.

Redazione

Lo scorso 28 settembre la FIGC di Giancarlo Abete ha approvato, nel silenzio assoluto dei media, una novità per il calcio italiano. A partire da questa stagione (anche se nel testo del comunicato non è specificato), infatti, i club italiani di B, Lega Pro e serie minori potranno inserire uno sponsor commerciale anche sul “retro” della maglia sotto il numero di gioco.

Un’idea che parte dalla Lega calcio serie “B” di Andrea Abodi (presidente) e Paolo Bedin (DG), che la Figc ha esteso, per reciprocità, a tutte le altre leghe, ad esclusione della serie A, dove, invece, si rimane nell’ordine dei 350cmq di esposizione massima (considerando anche l’eventuale secondo sponsor), ma solo sul fronte maglia. È una rivoluzione concettuale, prima ancora che a livello commerciale, per il nostro Paese, dove le maglie da gioco troppo sponsorizzate non sono mai piaciute.

La Lega serie B vuole arrivare, almeno per la propria serie, a far realizzare, a partire dalla prossima stagione, una serie di divise che abbiano tutte lo stesso “lettering” e che, quindi, pur presentando uno sponsor in più possano essere comunque gradevoli oltre che impattanti sotto il profilo televisivo. Una freccia ulteriore nell’arco delle 22 società di B, ma a cascata anche di Lega Pro, per cercare di individuare nuovi ricavi commerciali per la gestione aziendale delle società di calcio.

Immaginate tra l’altro l’impatto tv di oltre 40-50 mila maglie di club di B nel corso dell’intera prossima stagione su Sky, Mediaset Premium, Rai, Sportitalia e sulla nuovissima Serie B Tv.

In Francia, Argentina, Brasile sono diversi i casi di club che già presentano da anni il “retro-sponsor” sulle maglie, anzi in molti casi sono andati ancora più avanti con l’opzione dello “sponsor di manica” (è il caso di Indesit in Francia con il PSG di Carlo Ancelotti. C’è da chiedersi come mai, piuttosto, siamo arrivati così tardi a partorire questa “innovazione” e perchè i media italiani (ormai asfittici e pigri come il nostro calcio) non se ne siano assolutamente accorti. In Spagna, infine, da alcuni anni c’è l’interessante esperienza del brand Kyocera, marchio mondiale di stampanti, che appare esclusivamente sulla parte bassa della maglia (sempre sul lato “retro”), che ha utilizzato questa sponsorship non come una fattura da spedire a fine mese al Valencia, ma come una leva di comunicazione.

Da qui l’idea innovativa, in termini di visibilità, di far realizzare una foto-notizia con la squadra valenciana schierata al contrario (facendo apparire solo il retro-maglia). Una foto che, due anni fa, ha fatto il giro del mondo, oltre che in Spagna, a dimostrazione che, al di là dell’accordo di sponsorizzazione, bisogna applicarci creatività, intuizione e il volano dei media per farne parlare in giro. Altrimenti, ripeto, è una sponsorizzazione che serve solo per abbattere un pò di costi aziendali, ma, in tempi di crisi, mi sembra un lusso che poche aziende italiane si possono ancora permettere. La strada è stata aperta, adesso bisognerà capire se la serie A deciderà, nella prossima stagione, se chiedere l’estensione alla propria serie calcistica.

C’è da credere, vista l’aria che si respira nel settore, che dopo aver storto un pò il naso, che i direttori marketing dei club della prima divisione, chiederanno di poterne usufruire per generare nuovi ricavi commerciale. E come dare loro torto, considerando che per continuare a pagare determinati stipendi ai calciatori sarà necessario aumentare proprio la leva del marketing.

A cura di Marcel Vulpis economista e direttore agenzia Sporteconomy.it