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Addio a Pietro Benedetti: la Roma omaggia l’ex portiere morto questa notte

Addio a Pietro Benedetti: la Roma omaggia l’ex portiere morto questa notte - immagine 1

La società lo ha ricordato con una nota ufficiale

Redazione

E' scomparso questa notte Pietro Benedetti, portiere della Roma nel 1949/50. La società lo ha ricordato con una nota ufficiale sul proprio sito: "Scoprì di essere stato preso dalla Roma leggendolo sul giornale. Senza averlo comprato in edicola, però. Mentre passeggiava, il suo occhio cadde su un foglio stracciato che era rimasto per terra. C'era scritto che la Roma, dopo averlo visto giocare con l'Albatrastevere, lo aveva acquistato. Si presentò di corsa in sede, per il sollievo dei dirigenti che non sapevano più come rintracciarlo. Era il 1946 e Pietro aveva 20 anni. La Roma s’era accorta di lui già il 22 aprile 1945, in occasione di un’amichevole (l’Albatrastevere si chiamava ancora Albaerotecnica) terminata 0-0 in cui oltre a effettuare due grandi parate su Urilli e Fusco “ipnotizzò” Amadei, che calciò fuori un rigore. Per il suo esordio aspettò pazientemente per tre anni, trovandosi dietro ad altri portieri come Risorti, Francalancia e Albani. Lui che, in fondo, era diventato portiere per caso. Il suo momento arriva il 9 ottobre 1949, a gettarlo nella mischia è Fulvio Bernardini e la Roma batte il Bologna 3-1. Totalizzerà altre sei presenze, per uno "score" di tre vittorie, due pareggi e due sconfitte. Nel corso della sua ultima partita fu costretto a lasciare il campo dopo uno scontro di gioco con l'attaccante della Lucchese Mazza, che lo colpì alla testa. La Roma, che stava vincendo, finì col pareggiare la partita, chiusa con Andreoli in porta. Gli era successa la stessa cosa la domenica precedente, protagonista Soerensen, dell'Atalanta, ed era stato portato addirittura in ospedale. Non fu semplice riprendersi. Pur rimanendo in rosa anche nella stagione successiva, non giocò più partite ufficiali e nel 1952 si trasferì al Grosseto, dove si distinse anche come rigorista. Portiere coraggioso, dall'animo sensibile e profondamente romanista, pochi giorni dopo il suo esordio ricevette una lettera da un orfanotrofio di Vibo Valentia.  La sua miglior prestazione probabilmente fu in un Triestina-Roma finito 2-2, in cui si distinse "parando durante gli ultimi trenta minuti di gioco non meno di una ventina di palloni più o meno difficili", scrisse Il Calcio Illustrato".