rassegna stampa

Nei luoghi di Checco, più rassegnazione che rabbia tra i tifosi

A via Vetulonia sono certi: "La colpa è de Baldini, e de Pallotta, venuto per fare il business, come se fossimo quelli dei Boston Celtics: ha fatto il business di se stesso"

Redazione

Il “pizzicarolo” del banco 25 (lo chiamano così i colleghi di mercato, a Piazza Epiro dove ancora si trovano pure le visciole), Francesco, va un attimo nel retrobottega, prende la maglia di Totti. Francesco non gliela ha ancora firmata: "L’altro giorno è venuto a via Vetulonia per il ciak del film, ma c’era troppa gente: non ho potuto avvicinarlo". Sempre, dov’era (e dove sarà) Totti, c’è troppa gente.

Ieri la città era assolata e desolata: rassegnata forse. Non vedevi striscioni. Sì, i murales per Francesco c’erano, ma quelli ormai fanno parte del paesaggio urbano, la street art del cuore.

Ricordano, qui a via Vetulonia, mamma Fiorella che scendeva di casa e veniva a fare la spesa la mattina. Prendeva anche il caffè al bar della piazza, dove, ricorda Rita, il giorno dopo quello scudetto misero i tavolini fuori, tortellini per tutti e pure una porchetta fatta scendere da Ariccia. La colpa, qui non hanno dubbi, "è de Baldini, e de Pallotta, venuto per fare il business, come se fossimo quelli dei Boston Celtics: ha fatto il business di se stesso". Forse neppure quello.

Il presidente della squadra Trastevere, Betturri, lancia ancora il suo messaggio: torna da noi. Lì il Capitano tirò i primi calci. E sogna “la terza squadra della Capitale”, da far giocare magari allo Stadio Flaminio, dove nel frattempo è cresciuta la giungla.

Se s’incontra un tifoso di "quelli che Totti", ti spiega che "Francesco è eterno, come la Roma, mica come Pallotta e Baldini; lui poteva guadagnare il triplo e invece è rimasto da noi".