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Dove volete portare la Roma?

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Dai Friedkin a Mou: quanti errori. Il quarto posto è compromesso e il futuro è una grande incognita: c'è una squadra da rifondare

Redazione

La classifica dopo 16 giornate trasmette angoscia e preoccupazione: la Roma è out. Fuori dall'Europa. Anche dalla Conference League, competizione alla quale partecipa in questa stagione e da ricordare per il flop vergognoso in Norvegia contro il Bodo Glimt (6-1). In campionato, dunque, non conta. Già 7 le sconfitte, più quella vergognosa in coppa. E senza sapere come andrà a finire a maggio, sul traguardo. Come riportano Alessandro Angeloni e Ugo Trani su Il Messaggero, il timore è che non ci sia l'exit strategy per un'eventuale riabilitazione. Il rischio più grande è che la situazione possa addirittura peggiorare.

La sensazione è che per riprendere quota non basteranno i prossimi mesi. Di tempo, sprecato già negli anni scorsi, ce ne vorrà di più. A gennaio non si rifà mai la squadra. E due-tre acquisti non sono sufficienti per rilanciarsi. A sopravvivere forse sì, a evitare qualche altra figuraccia. Perché a Trigoria andrebbe ribaltato il roster. Con interventi finalmente mirati e non più con errori grossolani. Il peccato originale si chiama Reynolds: è stato il primo acquisto di Tiago Pinto, sbarcato lo scorso gennaio. È costato 8 milioni. Un investimento a vanvera che la Roma, con un indebitamento netto di 442,1 milioni, non si può permettere. È stato chiamato a corte un giovane senza esperienza e ancora più inquietante è come è stato individuato: ci ha pensato Charles Gould, fondatore e CEO della Retexo Intelligence, compagnia specializzata nella creazione di stretegie e analisi per conto di società sportive.

Da Lisbona è invece planato il braccio destro di Rui Costa che si occupava del mercato del Benfica. Pinto si è presentato e ha subito protetto Fonseca, scaricando invece Dzeko. Fine percorso per la Roma: 7° posto e addio Paulo. Mourinho, invece, è stato voluto direttamente da Dan Friedkin. Al mercato, solo in teoria, ha pensato il gm. Mal consigliato, Pinto ha speso 90 milioni (stanziati in tre anni). Solo Rui Patricio, inizialmente, è stato indicato da Mourinho, portiere appena sufficiente. Poi il flop, da Vina a Shomurodov, riserva del Genoa. In più regali ai competitor: Pedro alla Lazio, già 6 gol stagionali, e Dzeko all'Inter, subito in doppia cifra con 11 reti (pure Florenzi al Milan...). Il colpo è stato Abraham, voluto da Mourinho dopo l'addio di Edin. Tammy si sta ambientando. Non è, dunque, pronto come Dzeko o come sarebbe stato Vlahovic, anche più giovane. Niente Xhaka, chiesto da José. E nessun centrocampista, con Anguissa, lasciato al Napoli per 500 mila euro. "Mi do 7,5. Sarebbe stato 8 se avessi preso anche il mediano", l'autocelebrazione di Pinto (ieri ha fatto il punto al telefono con Dan) a fine mercato.

In questo scenario ecco Mourinho. E tanti si chiedono come mai abbia accettato la Roma in queste condizioni. Mou (in Inghilterra assicurano che lo cerca l'Everton) si è ritrovato con una squadra incompleta e ha fatto quel che poteva. Poi è andato in confusione mettendoci del suo. Fare peggio di Fonseca era un'impresa. C'è riuscito, per ora: -8 punti in 16 match, 9 contando quello perso a tavolino contro il Verona. José ha fatto una scelta di campo, ha puntato su dodici giocatori, scartando gli altri. Uno come Villar, titolare lo scorso anno, quest'anno in campionato è fermo a zero minuti. Stesso discorso per Mayoral. Le alternative mancano e lui non ha fatto nulla, o poco, per inventarsele. Ha solo coinvolto qualche giovane della primavera. Segnale chiaro per la proprietà. La partita contro l'Inter è stata emblematica: la squadra, certificata l'assenza di leader e campioni, ha difeso lo 0-3. Mourinho, a questo, non serve.